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EDITORIALE

Omofobia, il lavoro non fatto e i danni che seguiranno

Su Avvenire 26 deputati cattolici di Scelta Civica e Pd si prendono il merito di aver migliorato la proposta di legge sull'omofobia e, dopo qualche ritocco, annunciano di votarla. Ma la ricostruzione dei fatti è falsa.

Editoriali 13_08_2013
Parlamento

Bisogna davvero avere un senso dell’umorismo molto spiccato per concepire una lettera come quella scritta da 26 deputati del Partito Democratico e di Scelta Civica e pubblicata da Avvenire il 9 agosto con il titolo “Omofobia, il lavoro fatto e quel che resta da fare” (la lettera ancora campeggia nella Home page del quotidiano). E soprattutto bisogna contare molto sull’ignoranza di chi legge che, non avendo seguito i lavori parlamentari, è portato a prendere per buono ciò che così autorevolmente viene presentato.

In sintesi i 26 deputati cattolici  - tra cui nomi ben noti come Rosy Bindi, Renato Balduzzi, Beppe Fioroni, Mario Marazziti, Edoardo Patriarca, Luigi Bobba, Ernesto Preziosi, Rocco Buttiglione, Paola Binetti, Gianluigi Gigli, Mario Sberna – si presentano come soldati che vanno a rendere omaggio al sovrano dopo una lunga, vittoriosa, battaglia aspettandosi in cambio onori e prebende.

Così si dicono soddisfatti – e tutti ovviamente dovrebbero esserlo – per questa efficace presenza dei cattolici di diversi schieramenti nelle istituzioni che, lavorando insieme, sono riusciti a modificare in meglio la proposta di legge sull’omofobia. Il primo testo era inaccettabile, dicono, invece ora grazie al loro lavoro è molto diverso e, con qualche altro piccolo ritocco che salvaguardi la libertà di espressione, e su cui sono impegnati, la legge si può sicuramente firmare.

Gran finale con l’esaltazione della “presenza cattolica in tutti i partiti che oggi fanno parte della maggioranza” che è “in grado di contribuire fattivamente a ricercare soluzioni legislative equilibrate e rispettose di tutte le diverse sensibilità presenti nel Paese”.

Proprio quest’ultima affermazione fa nascere qualche domanda: visto che si parla della presenza cattolica in tutti i partiti della maggioranza, come mai non c’è nessuno del Pdl fra i firmatari? Che non ci siano cattolici in quel partito?

In realtà le cose stanno ben diversamente da come la raccontano i 26 che, se fosse dipeso dal loro “lavoro costante e fattivo”, la legge sarebbe già passata alla Camera in luglio e nella versione iniziale. Sì, perché nessuno di loro ha mosso un dito né provato a sollevare il dibattito mentre alla Commissione Giustizia della Camera si stava compiendo un blitz che mirava a mettere tutti davanti al fatto compiuto eliminando ogni dibattito. Anzi, no. Solo Paola Binetti in Commissione Giustizia ha presentato degli emendamenti e cercato di fare opposizione, ma – bisogna purtroppo dirlo – è poi stata assente nella seduta decisiva in cui bisognava discutere sugli emendamenti stessi ed ha accettato poi di tagliare la discussione sugli emendamenti così che ha tolto la possibilità di bloccare la proposta. In Commissione, invece, non pervenuto il suo compagno di partito Gigli. 

E allora come mai il testo arrivato in aula è diverso da quello iniziale? I lettori che hanno seguito La Nuova BQ in questi mesi lo sanno bene, perché abbiamo seguito i lavori passo dopo passo dandone accurato resoconto: il nuovo testo è stato presentato come scappatoia per evitare di discutere gli oltre 400 emendamenti presentati da alcuni  deputati, che curiosamente non figurano nella lista dei 26, e che è giusto ricordare: Alessandro Pagano ed Eugenia Roccella, del Pdl, e Nicola Molteni della Lega Nord (la Lega è anche l’unico partito che si è espresso chiaramente contro questa proposta di legge). Poi bisogna ricordare che a sollevare il dibattito fuori della Commissione sono stati Carlo Giovanardi, Maurizio Sacconi, Lucio Malan, anche loro del Pdl.

Solo a cose fatte, alcuni di Scelta Civica, si sono dati da fare per trovare l’ultimo compromesso con il Pd, secondo quanto avevamo già anticipato su La Nuova BQ: clausola di salvaguardia per la libertà di opinione ma pagando in cambio l’aggiunta dell’aggravante per reati penali commessi a motivo dell’omofobia. 

Il giudizio su questo papocchio lo abbiamo già espresso con chiarezza: una legge sull’omofobia, clausole o non clausole, è inaccettabile perché introduce un concetto ideologico teso a sovvertire la natura. Come è emerso chiaramente dal dibattito in aula, il 5 agosto, la ratio di questa legge sta nel voler riconoscere l’omosessualità – e qualsiasi altro orientamento sessuale – come un fatto di natura. Il che è assolutamente improponibile. Senza considerare che la clausola di salvaguardia sulla libertà di espressione lascia il tempo che trova in una norma che punisce oggettivamente il reato di opinione. 

Peraltro è lo stesso Magistero che ha affermato con la massima chiarezza che la tendenza sessuale non può essere in alcun modo comparata alla razza (come avverrebbe per questa proposta se diventasse legge), quando si applica il principio della non discriminazione, per motivi che più volte abbiamo scritto.

Ciò malgrado questi 26 deputati pretendono di parlare a nome di tutti i cattolici, isolando peraltro gli unici che veramente si sono battuti per evitare questa legge. E ovviamente lo fanno scrivendo al giornale dei vescovi, nel miglior stile clericale, pensando così di ricevere una benedizione anche in vista di possibili, prossime, elezioni. Invece di unire le loro forze a quelle di altri che hanno fatto di tutto per fermare questa legge, preferiscono puntare al compromesso al ribasso, privilegiando certe alleanze politiche alla verità e al bene comune. Oltretutto prendendosi indecorosamente dei meriti che non hanno e stravolgendo la realtà. Bisogna poi ricordare che almeno uno dei 26, l’on. Gigli - essendo presente alla conferenza stampa che abbiamo organizzato a Roma lo scorso 24 luglio per spiegare il no alla legge sull’omofobia – aveva solennemente affermato che anche nel caso di un passaggio degli emendamenti sulla libertà di espressione, non avrebbe votato a favore della legge. Ora invece dalla lettera ad Avvenire scopriamo che in fondo trova che il sì sia giustificato.

Se questa è la presenza cattolica in politica, poveri noi.