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EUTANASIA/CANADA

Omicidio di Stato? No, chiamatelo "suicidio assistito"

I giudici della Corte Suprema del Canada hanno aperto all’eutanasia, anzi: al suicidio assistito. Cade così il divieto previsto dal codice penale giudicato irrispettoso delle libertà individuali, compresa quella di togliere il disturbo quando si vuole. In Canada solo il Quebèc aveva finora legalizzato la pratica eutanasica

Esteri 11_02_2015
Via libera in Canada all'eutanasia

Nella casetta piccola in Canadà da ora in poi l’eutanasia si farà. Non è un remake della famosa canzone per bambini di Gino Latilla, bensì la sintesi di una sentenza della Corte Suprema del Canada.  I giudici, votando all’unanimità, hanno aperto all’eutanasia, abrogando così il divieto previsto dal codice penale canadese, perché tale divieto violerebbe le libertà individuali, compresa quella di togliere il disturbo quando si vuole. In Canada solo il Quebèc aveva finora legalizzato la pratica eutanasica.

Ovviamente, come ogni altra legge che civilmente introduce in società una barbarie, l’eutanasia di Stato dovrà rispettare alcuni paletti. Innanzitutto, per favore, non parliamo di eutanasia perché si tratta solo di suicidio assistito. Shakespeare aveva torto quando diceva che una rosa rimane tale anche se le cambi il nome. E dunque sarà il paziente a darsi la morte e non il medico, il quale fornirà al primo unicamente gli strumenti per andare nella fossa. Così nessuno potrà sbraitare che si tratta di omicidio. In secondo luogo, il futuro de cuius dovrà essere maggiorenne: decidere di morire è cosa da grandi. Il richiedente dovrà essere affetto da una patologia grave, non curabile, però non tanto grave da determinarne la dipartita in tempi brevi. Quindi, anche chi non è un malato terminale potrà chiedere un appuntamento personale con la Signora con la falce. 

La patologia dovrà essere fonte di sofferenze croniche e intollerabili. Va da sé che il criterio sarà meramente soggettivo e non solo per sofferenze fisiche, ma anche psicologiche. Porte aperte, quindi, a qualsiasi tipo di dolore, o dispiacere, giudicato insindacabilmente intollerabile dal paziente. Il medico avrà alla fine un mero compito confirmatorio. Ovviamente, il richiedente dovrà mettere per iscritto che vuole morire: oggi il vero delitto non è l’omicidio del consenziente, ma la mancanza di rispetto di regole burocratiche. Che si ammazzi, ma con tutti i bolli e i timbri necessari, affinché l’eutanasia sia dal punto di vista procedurale assolutamente ineccepibile. 

La Corte ha dato tempo un anno al Parlamento perché legiferi in materia. E se il Parlamento non rispetta la scadenza? C’è chi dice che anche dopo tale termine l’eutanasia sarà legale e c’è chi invece afferma che, proprio perché i giudici hanno prescritto un tempo in cui tale sentenza ha validità, tra un anno l’eutanasia tornerà a essere illegale. Sarebbe curiosa questa seconda ipotesi: una sorta di periodo per l’eutanasia libera, di porto franco per l’omicidio legale, di moratoria delle norme penali e morali, un tempo in cui la morte è in saldo e chi vuole tirar le cuoia prego si affretti perché un’occasione così è da non perdere. Insomma, una zona temporale a legalità limitata per far fuori il nonno moribondo o anche sano, ma un po’ depresso. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, recita un proverbio della Bibbia che ora torna di attualità.

La Corte Suprema ha quindi accettato il ricorso presentato nel 2009 dalla British Columbia Civil Liberties Association che ha dato voce alle richieste eutanasiche di Kay Carter e Gloria Taylor, due donne affette entrambe da malattie neurovegetative che nel frattempo sono già morte, anticipando così de facto la decisione presa de iure dai nove giudici. Questi, giocando agli ossimori e dimentichi che la vita è un bene indisponibile, hanno scritto nella sentenza che non è vero che «la formulazione del “diritto alla vita” implichi che esista un divieto assoluto di ricevere assistenza durante la propria morte, o che un individuo non possa decidere di poter “dire addio” alla propria vita».  La siringa con l’iniezione letale ora passa a governo e Parlamento. Costoro possono appellarsi alle settima sezione della Carta dei diritti e delle libertà della Costituzione canadese, sezione che permette al governo di non rispettare le sentenze della Corte Suprema che lo riguardano. Ma Il ministro della Giustizia Peter MacKay ha fatto sapere che ci vorrà quasi tutto l’anno messo a disposizione dei giudici per capire come muoversi. Dichiarazione che non fa sperare per il meglio.

E così, anche il Canada introdurrà con buone probabilità l’eutanasia nel suo ordinamento giuridico, dando prova di accettare quella cultura di morte che è il vero Dna della nostra contemporaneità. Morte ai bambini con l’aborto, la fecondazione artificiale e le sperimentazioni sugli embrioni; morte alla famiglia con divorzio, convivenze legalizzate e “matrimoni” gay; morte all’amore con la contraccezione, perché non c’è vera donazione, e con la prostituzione legale; morte ai giovani con la liberalizzazione della droga e infine morte a tutti noi – piccoli (v. Belgio) e grandi – con l’eutanasia. San Luca si domandava se quando tornerà Nostro Signore troverà la fede. Forse c’è addirittura da domandarsi se a questo punto troverà ancora qualcuno su questa terra.