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LETTURE

Ogni giorno è vigilia

Il nostro male non allontana Dio, ma spesso ci annebbia la vista tanto che non ci permette di riconoscerlo presente, di non riconoscere che Gesù è in mezzo a noi e ci visita nelle nostre giornate. Noi dobbiamo solo accoglierlo nel nostro cuore, come racconta il magnifico Racconto di Natale di Dino Buzzati.

Cultura 27_12_2020

Il potere di oggi come quello di un tempo (il re Erode) prova fastidio per la nascita di Gesù e tenta di eliminarlo. Anche molti intellettuali e maestri contemporanei (come i farisei e i sadducei di duemila anni fa) deliberano di toglierlo di mezzo e di metterlo a morte. Gesù stesso lo aveva previsto, ci aveva anticipato che avrebbe diviso il popolo e le famiglie in chi Lo avrebbe accolto e chi no, così come ha diviso la storia.

Il nostro male non allontana Dio, ma spesso ci annebbia la vista tanto che non ci permette di riconoscerlo presente, di non riconoscere che Gesù è in mezzo a noi e ci visita nelle nostre giornate.

Noi dobbiamo solo imparare la semplicità dei bambini, ritornare a guardare con stupore, riconoscendo Colui che ci ama e, amandoci, ci salva.

Noi dobbiamo solo imparare a non scandalizzarci della nostra miseria e del nostro peccato, ma a guardare Lui, un bimbo che arriva per noi e che si è commosso per il nostro niente.

Noi dobbiamo solo accoglierlo nel nostro cuore, come racconta il magnifico Racconto di Natale di Dino Buzzati (1906-1972).
Tetro e ogivale è l’antico palazzo dei vescovi, stillante salnitro dai muri, rimanerci è un supplizio nelle notti d’inverno. E l’adiacente cattedrale è immensa, a girarla tutta non basta una vita, e c’è un tale intrico di cappelle e sacrestie che, dopo secoli di abbandono, ne sono rimaste alcune pressoché inesplorate. Che farà la sera di Natale – ci si domanda – lo scarno arcivescovo tutto solo, mentre la città è in festa?

Si apre così la storia. Un prete, don Valentino, si trova solo nella Cattedrale nella santa notte. Ad un tratto sente bussare alla porta. Entra un poveretto che, sorpreso, esclama: «Che quantità di Dio! Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori. Monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale». Ma il prete non accoglie la richiesta del povero mendicante, preso com’è dall’egoismo e dal desiderio di tenere Dio tutto per la cattedrale.
Tutto ad un tratto, dopo il misero rifiuto, Dio scompare dalla sua vista.

Sgomento, don Valentino si guardava intorno, scrutando le volte tenebrose: Dio non c’era neppure lassù. Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all’improvviso inospitale e sinistro. E tra un paio d’ore l’arcivescovo sarebbe disceso.

Allora don Valentino esce dalla cattedrale e si reca nei posti dove pensa di poter trovare un po’ di Dio, ma non Lo trova oppure trova solo l’egoismo di persone che non vogliono donare agli altri un po’ di amore. Persino in una casa in cui una famiglia è lietamente riunita per celebrare l’avvento di Gesù il capofamiglia risponde:
Caro il mio Valentino. Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero fare a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino.

Sconsolato per non essere riuscito a ritrovare un po’ di Dio da riportare nella cattedrale, don Valentino continua a vagare e senza volerlo ritorna proprio lì nella cattedrale e trova l’arcivescovo che lo saluta.
«Buon Natale a te, don Valentino» esclamò l’arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio. «Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato? Si può sapere che cosa sei andato a cercar fuori in questa notte da lupi?».

Dio era rimasto lì nella cattedrale.

Lo scrittore Ignazio Silone (1900-1978) racconta che il padre lasciava socchiusa la porta di ingresso dopo la messa di mezzanotte.  La mamma gli spiegava che
da mezzanotte, la Santa Famiglia vagava per il mondo per sfuggire ai terribili soldati di Erode che avevano l'ordine di uccidere il Bambin Gesù. Bisognava dunque che, in caso di pericolo, la Santa Famiglia potesse, senza perdere tempo, rifugiarsi nella casa più vicina. Per questo la porta doveva rimanere aperta, il camino acceso tutta la notte e la tavola apparecchiata, con buone provviste. La nostra notte di Natale trascorreva di conseguenza nell’insonnia e nell’ascolto più ansioso. Il minimo rumore ci faceva trasalire. Ci si commuoveva all’idea che Maria e Giuseppe col Bambino si rifugiassero in casa nostra. Se ne aveva un’impressione che probabilmente avrebbe lasciato una traccia per tutto il resto della vita (Natale di ieri).

Lasciamo aperta la porta del cuore, teniamo spalancati gli occhi, le orecchie tese all’ascolto. In attesa vigile che Lui venga, oggi, a salvarmi dal nulla che spesso si impossessa del mio cuore e a mostrarmi l’amore che ci salva!

Ogni giorno è vigilia, in latino il turno di guardia e, al contempo, la sentinella che faceva il turno di guardia la notte. Vi erano diversi turni per permettere anche alle sentinelle di riposare. Allora la vigilia di Natale non indica solo il giorno prima del Natale, ma sottolinea anche l’attesa vigile del compimento di un evento.

Ogni giorno è vigilia, attesa dell’eterno che viene ad abbracciare la mia umanità e la mia carne attraverso l’amore. L’amore è la dimensione temporale in cui l’eterno colpisce coi suoi raggi la storia. Quando siamo amati e amiamo facciamo esperienza dell’eternità. Il tempo si ferma, vorremmo che quell’istante durasse per sempre, il tempo si riempie di profondità e di significato, si riempie di Lui che è il senso della storia.