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DOPO I GAY PRIDE

Odio anticristiano, si applichi la Legge Mancino

Anche nei gay pride di quest’anno sono andate in scena esibizioni sacrileghe, offensive verso la religione cattolica. La Legge Mancino, la stessa che il Ddl Zan vuole estendere ai gruppi Lgbt, sanziona tra l’altro frasi e gesti che incitano all’odio verso le religioni: è previsto che il Pm proceda d’ufficio o per querela. Perché non si applicano tali sanzioni ai fautori di gay pride blasfemi che chiedono rispetto e non lo ricambiano?

Editoriali 30_06_2021

In varie città del mondo, nel mese di giugno, si svolgono solitamente i gay pride, o marce dell’orgoglio omosessuale, che commemorano i moti di Stonewall del 1969, avvenuti a New York e che diedero una svolta epocale al moderno movimento Lgbtiqa. Anche quest’anno si sono svolte, in una trentina di località italiane, parate folcloristiche e dissacranti, soprattutto nei confronti della religione cattolica e dei suoi simboli, inneggianti alla fluidità e alla promiscuità sessuale. Milano è stata la città che si è distinta maggiormente, durante il gay pride dello scorso fine settimana, per esibizioni e ostentazioni, alquanto blasfeme e di cattivo gusto.

L’attenzione degli osservatori si è concentrata soprattutto su alcune parodie sacrileghe, che hanno rappresentato il Cristo crocifisso e un altro Cristo coronato di spine, inscenato da gay mezzi nudi, su tacchi a spillo. In molti si sono, dunque, chiesti se tali manifestazioni blasfeme potessero essere denunciate penalmente. Da quando, nel 1999, è stato depenalizzato l’art. 724 del Codice penale, che prevedeva il reato di “bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti”, potrebbe sembrare che ai cattolici non rimanga alcun presidio per tutelare il proprio sentimento religioso.

Esiste, tuttavia, nel nostro ordinamento la Legge 25 giugno 1993, n. 205, nota come Legge Mancino, che sanziona e condanna frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all’odio, l’incitamento alla violenza, la discriminazione e la violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali e che, tra l’altro, punisce anche l'utilizzo di emblemi o simboli che incitino all’odio. Tali disposizioni di legge sono conosciute perlopiù da chi frequenta gli stadi, perché, com’è noto, prima di ogni partita si viene avvisati che qualunque coro o atto contrario alle disposizioni previste in tale legge sarà severamente sanzionato.

Ci chiediamo allora: perché non applicare contro gli abusi e le manifestazioni di odio nei confronti della religione cattolica e dei suoi simboli - perpetrati durante i gay pride svolti lo scorso fine settimana - la Legge Mancino, che sanziona e condanna, come detto, frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all'odio, l'incitamento alla violenza, la discriminazione e la violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali e che, tra l’altro, punisce anche l’utilizzo di emblemi o simboli che incitino all’odio?

Dopo tutto tale legge è tanto cara proprio alle associazioni Lgbtiqa, che vorrebbero estenderla alle discriminazioni d’odio subite dai componenti della loro comunità. La sinistra e il mondo Lgbtiqa, infatti, vorrebbero estendere la Legge Mancino, per mezzo del Ddl Zan, al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Un’eventuale tale estensione della legge Mancino, cioè al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere sarebbe, invero, pericolosissima, perché le categorie citate nel disegno di legge sono fluide e non sono facilmente determinabili.

Il Ddl Zan, infatti, per come è strutturato, intende servirsi della Legge Mancino per una mera finalità pedagogica; il vero intento del disegno di legge è proprio quello di punire il dissenso di chi si opporrà alla nuova antropologia basata sul gender, che per mezzo di questo dispositivo di legge si intende attuare forzosamente nella nostra società.

C’è una precisazione da fare: la Legge Mancino è stata promulgata per inserire, tra l’altro, nel nostro ordinamento il reato di negazionismo e soprattutto è stata promulgata allo scopo di apprestare più efficaci strumenti di prevenzione e repressione dei fenomeni di intolleranza e di violenza di matrice xenofoba o antisemita; tuttavia, sarebbe fortemente discriminante se qualcuno non la ritenesse applicabile anche alla religione cattolica. È proprio la religione cattolica, infatti, la religione al mondo più perseguitata e vilipesa.

La Legge Mancino, contro l’incitamento all’odio nei confronti delle religioni, dunque, è già esecutiva e può essere applicata, sin da ora, proprio nei confronti di coloro che chiedono rispetto, come le associazioni Lgbtiqa, ma non lo ricambiano e, al contrario, offendono gravemente e in modo grossolano la religione cattolica e i suoi simboli. Tale legge sarebbe, tra l’altro, applicabile d’ufficio. Per i reati previsti dalla Legge Mancino, l’art. 6 stabilisce, infatti, che il P.M. proceda in ogni caso d'ufficio.

Tuttavia, entro tre mesi dalla commissione del fatto, quindi dall’esibizione blasfema che si è svolta a Milano e in altre città durante i gay pride dello scorso fine settimana, le persone che si sentissero offese dalle rappresentazioni dissacranti e odiose nei confronti della religione cattolica e dei suoi simboli possono sporgere querela personalmente o a mezzo di procuratore speciale, rappresentando la volontà che si proceda in ordine ai reati previsti dalla Legge Mancino del 25 giugno 1993, n. 205, nei confronti degli organizzatori del gay pride di Milano, o di altra sede, e anche nei confronti di chi ha partecipato, in special modo nei confronti di coloro che si sono esibiti artatamente ostentando parodie sacrileghe ai danni della religione cattolica e dei suoi simboli.

Spero, tuttavia, che tale provocatoria rappresentazione che abbiamo avanzato possa far riflettere i promotori del Ddl Zan sul fatto che, se si progetta un mondo simile a una prigione, in tale prigione alla fine potrebbero finirci proprio i progettisti. E, pertanto, rimane sempre valido e attuale il monito di Colui - irriso durante i gay pride - che ha affermato: “Chi di spada ferisce, di spada perisce” (Mt 26,52).
 

* Avvocato, professore di Diritto di famiglia presso l’Istituto Italiano di Criminologia, ad ordinamento universitario, di Vibo Valentia