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PROSPETTIVE

Occupazione, l'unica svolta sta nell'innovazione

Il mondo è cambiato, le politiche di Europa e Usa sono anacronistiche, occorre cambiare rotta.

Attualità 16_12_2010
lavoro
Una ripresa senza occupazione, Jobless recovery. Gli economisti hanno teorizzato molto bene quello che sta avvenendo nell'economia mondiale. Dopo la profonda recessione del 2009 ora le maggiori economie stanno risalendo la china, ma anche dove la crescita è più veloce restano molto lenti gli effetti sul mercato del lavoro.

Le cifre sono drammatiche nella loro essenzialità:  quasi 29 milioni di persone hanno perso il lavoro negli ultimi due anni e in questo stesso periodo si è inoltre dimezzato il tasso di crescita globale dei salari, ampliando l'incidenza delle retribuzioni basse sul totale. E' quanto scrive l'International Labour Office (Ilo) nel rapporto annuale che abbraccia i 115 maggiori paesi del mondo. Il tasso di disoccupazione e' aumentato, dal 5,7% del 2007 al 6,4% del 2009, portando il numero dei senza lavoro globale da 178 milioni a circa 207 milioni.

Lo studio mette chiaramente in luce come la recessione non solo sia stata drammatica per chi ha perso il lavoro, ma ha avuto ricadute anche per coloro che lo hanno conservato, riducendo il loro potere d'acquisto e benessere generale. Con un effetto moltiplicatore nella catena economica: meno salari portano a meno domanda, meno produzione e quindi ulteriori riduzioni dell'occupazione e della ricchezza prodotta e disponibile.

In questa prospettiva si dimostrano sempre meno efficaci le politiche economiche che si sono mosse negli ultimi mesi su due prospettive. In Europa cercando di salvaguardare i redditi facendo crescere i finanziamenti delle politiche sociali, come la cassa integrazione in Italia. Negli Stati Uniti con forti immissioni di denaro cercando di evitare ulteriori crisi finanziarie e nello stesso tempo di stimolare la domanda e quindi la ripresa dei consumi.

La via europea sembra quella maggiormente razionale anche nell'obiettivo della maggiore equità, ma anch'essa ha un suo tallone d'Achille: il fatto, semplice, ma dirompente, che il mondo è cambiato. Non si può più rispondere nel 2011 con le politiche che avrebbero aiutato l'economia negli anni prima della crisi o addirittura nel secolo scorso. L'invecchiamento della popolazione in Europa e la crescita della domanda cinese stanno portando ad una graduale, ma significativa modifica dei tradizionali modelli di produzione. L'industria ha quindi bisogno di sempre più innovazione e nello stesso tempo di una sempre maggiore professionalità con un'adeguata valorizzazione delle risorse umane.

Allora è necessario andare oltre il sostegno dei redditi, ma affiancare a questo un forte sostegno alla ricerca e all'innovazione. Aiutando anche l'allargamento dell'area dei servizi dato che le modifiche strutturali di produzione, con l'automazione in prima fila, porteranno inevitabilmente ad una diminuzione dell'occupazione nell'industria.

L'obiettivo dovrebbe essere quello di passare dalle politiche sociali di protezione alle politiche sociali di promozione. Potrebbe sembrare uno slogan. E' invece la via d'uscita per sostenere una sempre più difficile creazione di nuovi posti di lavoro.