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IL CASO

Oblinger, il prete fedele interdetto dalla diocesi

In Germania un parroco viene messo all'indice con l'accusa di essere estremista: in realtà si batte da tempo contro l'aborto e la pillola.

Attualità 16_02_2012
Oblinger
Dal 18 gennaio scorso il sacerdote cattolico Georg Alois Oblinger, parroco di Ichenhausen, nella diocesi di Augsburg, non può più scrivere per il settimanale Junge Freiheit e prima di pubblicare qualsiasi testo deve ottenere il nihil obstat dall’ordinariato della diocesi. Questa la volontà del suo vescovo, Viktor Zdarsa. Le motivazioni si può dire siano state “suggerite” dal giornalista Dominik Mai, che il 5 gennaio, sulla Augsburger Allgemeinen ha attaccato una prima volta il parroco, perché reo di concedere la chiesa per concerti a patto che non si applauda e di non permettere che al suo interno si cantino canzoni profane. Di fatto però così facendo il parroco si attiene semplicemente alle disposizioni della diocesi.

Ma è il successivo articolo di Mai che si capiscono i veri motivi della messa all’indice: “Oblinger scrive per Junge Freiheit prendendo posizione contro le coppie di fatto omosessuali, contro la pillola e contro l’aborto”. Curioso che Oblinger venga accusato di scrivere per un settimanale considerato dai professionisti dell’antifascismo di estrema destra e tuttavia si batta contro fenomeni (l’ideologia della pillola e l’aborto) che in Germania furono introdotti dal nazismo. Fondato nel 1986, Junge Freiheit è diretto da Dieter Stein (di fede protestante) e oggi ha una tiratura di circa ventimila copie. Negli anni la giovane redazione, del tutto indipendente da lacci politici, è riuscita ad attrarre a sé autorevoli firme dell’ambiente conservatore (la definizione di “konservativ” non ha nulla a che fare con l’estrema destra) e liberale provenienti da testate come la Frankfurter Allgemeine, Die Zeit e Die Welt.

Non mancano poi i cattolici. La sociologa Gabriele Kuby è tra questi e di Oblinger dice essere “un sacerdote romano-cattolico che mette le proprie doti intellettuali, i propri ampi interessi e la propria capacità di scrivere al servizio dell’annuncio del Vangelo attraverso i media. Per un vescovo questa sua disponibilità dovrebbe essere motivo di gioia. Invece no, gli viene messo un bavaglio.” Tra gli altri cattolici collaboratori di Junge Freiheit si distinguono il domenicano p. Wolfgang Ockenfels, docente all’università di Treviri, il giornalista Jürgen Liminski impegnato da tempo in battaglie a difesa della vita, Johanna Gräfin von Westphalen, ispiratrice della “Fondazione Sì Alla Vita”, Mechthild Löhr, presidente di “Cristianodemocratici per la vita” e Norberrt Geis, deputato al Bundestag per i cristiano-sociali della CSU. Tra questi p. Ockenfels, che non è voluto entrare nel “caso Oblinger” ma si è limitato a definire Junge Freiheit il legittimo prosecutore dello storico settimanale Rheinische Merkur (fondato nel 1946 e chiuso appena un anno fa, è stato un importante strumento culturale e d’informazione per i cattolici tedeschi).

Tra le voci cattoliche sollevatesi per protestare contro l’interdizione imposta a Oblinger spicca quella del filosofo Robert Spaemann, il quale ritiene che la “scelta obbligata” per il vescovo sia quella di sospendere il divieto. “Si tratta di un grave caso di diffamazione”, ha detto Speamann, “che si va ad aggiungere ad una serie di altri nei quali coloro che all’interno della Chiesa vengono considerati conservatori subiscono mobbing. Si deve reagire perché casi come questo potrebbero fare scuola”. Di fronte alla stranezza per cui un sacerdote fedele a Roma viene discriminato all’interno della stessa chiesa cattolica, Spaemann carica di precise responsabilità i responsabili ecclesiastici di Germania: “Suona assurdo, lo so, ma non è esagerato dire che spesso i vescovi tedeschi sono più pronti ad ascoltare l’opinione pubblica non cristiana che a restare fedeli al papa. Sullo specifico del caso Oblinger il filosofo è convinto che il vescovo Zdarsa abbia agito “con leggerezza”, finendo con l’essere vittima di “cattivi consiglieri”. Speamann si è detto poi colpito dall’insinuazione secondo la quale Oblinger scriverebbe per un “giornale estremista”. “Da parte mia auspico che Junge Freiheit non sparisca dal panorama editoriale”.

Pensando alla chiesa cattolica il filosofo ha detto altrettanto chiaramente che teme una “lotta senza quartiere” contro sacerdoti cosiddetti “conservatori”. In molti casi la chiesa si dimostra troppo paurosa nel porsi al cospetto dei propri membri. “E’ come se certe persone avessero interiorizzato a tal punto Hans Küng che ritengono più importante la ‘sostenibilità’ della verità. Quel che è certo è che l’interdizione imposta a Oblinger pone ancora una volta al centro dell’attenzione una chiesa, quella tedesca, che finisce troppo spesso con l’essere facilmente preda dello Zeitgeist (spirito del tempo), una chiesa la cui volontà di “dialogare” col mondo si traduce da un lato di frequente nella rinuncia alle proprie prerogative fondanti e dall’altro invece nella chiusura aprioristica a qualsiasi confronto con ambienti non graditi al mainstream, ai “Medienbosse” (i “boss dei media”), come li chiamano i tedeschi.