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INTERVISTA AL GIURISTA

«Obbligo di vaccino, opporsi è una battaglia di libertà»

Dopo il decreto del Governo che de facto obbliga i sanitari a vaccinarsi, il mondo dei giuristi si interroga sui confini entro cui muoversi per opporsi a provvedimenti di coercizione vaccinale. L'associazione Iustitia in veritate punta il dito sulla violazione dei trattati internazionali che regolano il consenso informato e sull'apparente scontro tra gli articoli 32 e 13 della Costituzione: «Il diritto della persona non può mai essere limitato per una presunta tutela sanitaria collettiva, che è l’anticamera della dittatura». 
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Attualità 08_04_2021

L’ultima sparata è dell’ormai onnipresente infettivologo Matteo Bassetti: «Trattare gli antivaccinisti come si trattavano i terroristi negli anni ’70. Servono leggi speciali». Ovviamente il messaggio è riferito all’attentato incendiario al centro vaccinale di Brescia, ma l’antifona è chiara: il vaccino non si discute e rifiutarlo sarà impossibile perché, vedi il decreto del Governo che lo impone agli operatori sanitari, le maglie per opporsi si fanno sempre più strette.

Eppure, il Decreto-legge n. 44 – misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici, entrato in vigore il primo aprile rischia di contenere tali e tante violazioni normative che un giurista avrebbe di che divertirsi.

A questo si aggiunge il fatto che la decisione di ieri dell’Ema non risolve tutti i dubbi sul vaccino AstraZeneca: l’aver ammesso «rare trombosi tra i possibili effetti collaterali» e aver rimbalzato la palla nel campo dei singoli stati, rischia di essere un deterrente ancora ulteriore. Il fatto che ogni 15 giorni ci si debba fermare per aggiornare il “bugiardino” è fonte di apprensione per chi si deve apprestare a esporre il braccio all’ago.

Così la palla, in mano ai governi, scotta. E ora scotta per gli operatori sanitari, ma domani potrebbero essere i professori e via via tutti gli altri, dai pasticceri ai viaggiatori pendolari.

Insomma, il vaccino può essere obbligatorio o no? E che cosa fare se un medico proprio non vuole vaccinarsi?

VERSO LO SCONTRO LEGALE

La materia è complessa e al momento è studiata da associazioni, giuristi, avvocati che stanno delineando il quadro normativo entro cui muoversi per sollevare le prime obiezioni. Alcune stanno anche studiando specifici ricorsi al tribunale dell’Aia, altre, invece si muovono con una pioggia di ricorsi.

E altre, come Iustitia in Veritate, l’associazione di giuristi nata nel primo lockdown per difendere la libertà di culto, che era stata pesantemente limitata, offre consulenza legale sui casi specifici. Nei giorni scorsi, IIV ha diramato un comunicato molto critico sul decreto del Governo, il quale ora ha 60 giorni di tempo per essere convertito in legge.

La partita si gioca in ambito normativo e scientifico. Sul primo versante è bene andare a chiarire lo scenario legislativo entro cui muoversi per opporsi al decreto del governo. Ma è su questo versante che bisogna capire che de facto il decreto del governo non obbliga a vaccinarsi, ma costringe i medici a subire pesanti ripercusisoni sul piano della loro professione se non lo faranno. E qui sta il punto. 

L’avvocato Francesco Fontana, fondatore di Iustitia in Veritate con sede a Milano spiega alla Bussola che «si tratta di una nuova frontiera nel progressivo annullamento delle nostre libertà fondamentali dove la persona è di fatto spogliata anche del proprio corpo, sul presupposto che essendo di proprietà dello Stato può diventare laboratorio di esperimenti medici. Di fatto il DL ha trasformato i nostri sanitari in cavie di stato».

La prima violazione che si ravvisa è quella dell’articolo 32 della Costituzione. Ma vengono toccati anche molti altri trattati e convenzioni a tutela della salute. Come la Dichiarazione di Helsinki, la Convenzione di Oviedo, il Codice di Norimberga, la Normativa sulla privacy, lo Statuto dei lavoratori e la recente Risoluzione 2361 del 27 gennaio 2021 attraverso cui  il Consiglio d’Europa vieta agli Stati di rendere obbligatoria la vaccinazione anti SARS-CoV-2, e di usarla per discriminare lavoratori o chiunque decida di non avvalersi della vaccinazione.

UNA BATTAGLIA DI LIBERTA’

È nel nome di una battaglia di libertà che l’associazione sta avviando dei ricorsi e sta soprattutto raccogliendo le richieste di medici, sanitari, infermieri e farmacisti che chiedono tutele per non essere obbligati a doversi vaccinare.

Si stanno quindi elaborando dei ricorsi affinché si giunga ad un pronunciamento da parte della Corte Costituzionale.

Il primo consiglio è quello di «mantenere la calma, senza cedere alle pressioni psicologiche, che pure ci sono perché ogni singola Asl utilizza metodi più o meno legittimi: si va dall’SMS ultimativo alla minaccia della sospensione dello stipendio», spiega il giurista.

In secondo luogo la mossa potrebbe essere quella di «presentare esposti al garante della privacy nei confronti di chi trasmetterà i propri dati sensibili» mentre «alla ricezione dell’invito da parte dell’azienda sanitaria locale di residenza si può presentare la lettera con la richiesta di vaccinazione e procedere in una delle due modalità: o non presentarsi all’appuntamento ed attendere altre eventuali comunicazioni o presentarsi al colloquio con la scheda di richiesta di informazioni sul vaccino. Infatti, trattandosi di una procedura medica, deve sempre essere richiesto il rilascio di un consenso informato».

È anche possibile agire in modo da attendere maggiori approfondimenti medici, ad esempio «esibendo alla richiesta di vaccinazione, il certificato redatto da un medico di medicina generale dove vengono prescritti diversi esami di accertamento, quali ad esempio il test sierologico per accertare la presenza di anticorpi SARS-CoV-2, che potrebbero scatenare una reazione autoimmune in seguito alla vaccinazione o test anticorpali verso il PEG (polietilenglicole), presente nei vaccini mRNA e principale causa accertata delle reazioni anafilattiche».

IL NODO DEL CONSENSO

Questo per quanto riguarda i consigli nell’immediato.

Ma sul versante normativo la partita sarà non meno difficile e avrà bisogno sicuramente di una sponda politica che al momento, salvo alcuni battitori liberi come l’ex Cinque Stelle Gianluigi Paragone, manca.

I confini normativi però sembrano essere chiari.

Anzitutto la violazione dell’articolo 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute e che viene messa in apparente conflitto con l’articolo 13, sulla libertà personale. «Il dibattito dei padri costituenti ha sempre fatto prevalere l’articolo 13 – spiega Fontana -. L’articolo 32, infatti, tutela il diritto alla salute della persona, non della collettività. Quello della collettività è un interesse, ma l’interesse, per quanto importante, non può mai prevalere. Sono principi che la stessa corrente di Sinistra dei magistrati, Area, già nel maggio scorso aveva chiarito nella sua “quadrimestrale”». Insomma: «Il diritto della persona non può mai essere limitato per una presunta tutela sanitaria collettiva, che è l’anticamera della dittatura».

Circa le altre violazioni, secondo Fontana ci sarebbe la Dichiarazione di Helsinki del 1964 «che ha recepito il principio del consenso, che da volontario diventava informato, quale requisito essenziale per rendere eticamente accettabile una ricerca clinica» e così anche la Convenzione di Oviedo (1997) ratificata dall’Italia nel 2001, che all’articolo 5 ribadisce che «un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato».

Farà sorridere, ma in questa storia di diritti fantasma torna anche lo “spettro” di Norimberga: «Nel codice di Norimberga, i giudici del tribunale svilupparono il codice in dieci punti per definire gli esperimenti medici ammissibili. Il primo criterio, che è anche il più importante, stabilisce che il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente essenziale».

Insomma, con questi riferimenti non si pretende di giocare una partita da azzeccagarbugli, ma si intende dimostrare che la volontà del paziente deve essere libera e senza condizioni né minacce. E con questo principio stabilire il primo confine invalicabile: non può esserci un obbligo vaccinale.