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PRINCÌPI NON NEGOZIABILI

Obama toglie i fondi ai vescovi USA

Niente aborto o contraccezione,
e allora niente dollari per le charity.
- La sconfitta vittoriosa
del Mississippi
, di M. Respinti

Attualità 14_11_2011
Barack Obama e la Chiesa Cattolica

 

L’Office of Migration and Refugee Services è un ente gestito dalla Conferenza Episcopale statunitense che dal 2006, grazie alla capillare presenza sul territorio delle parrocchie e delle associazioni cattoliche, dà ospitalità ai rifugiati. Non solo fa questo, ma combatte anche la prostituzione delle donne immigrate e il commercio di organi (spesso l’immigrato paga in natura il suo viaggio verso il paradiso americano). L’impegno non è di poco conto: ben il 28% dei rifugiati sono stati gestiti dalla chiesa cattolica statunitense. A motivo di questo sforzo e dei successi ottenuti il governo ha sempre appoggiato anche economicamente questa istituzione, dato che va a coprire un ambito che lo Stato non potrebbe di certo gestire da solo. Quindi giusto aiutare finanziariamente chi svolge un servizio pubblico.

Però l’amministrazione Obama ha pensato bene di cambiare rotta eliminando i fondi a beneficio dell’Office of Migration. Il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umanitari fa sapere che le risorse economiche destinate a questo problema saranno distratte a favore di altre organizzazioni, quali la US Committee for Refugees and Immigrants e le associazioni Heartland e Tapestry. Queste ultime due tra l’altro non si occupano nemmeno del fenomeno dell’immigrazione clandestina ma semmai di multiculturalismo. Insomma, come è stato denunciato sul sito della Conferenza episcopale, «sembra che ci sia una nuova regola non scritta al Dipartimento della salute. È la regola dell'abc: Anybody But Catholics. Tutti eccetto i cattolici».

Perché Obama ha deciso di chiudere i rubinetti ma solo se a questi rubinetti andavano ad attingere i vescovi? Perché l’Office of Migration si rifiutava di fornire "servizi" pubblici quali l’aborto, la sterilizzazione, la contraccezione e la fecondazione artificiale. Sorella Mary Ann Walsh, portavoce di questa organizzazione cattolica, lo dice apertamente: «Il nostro programma funzionava bene sul campo, ma non abbastanza bene per i lontani amministratori che promuovono l’agenda dell’aborto e della contraccezione, quelli che si scandalizzano per il fatto che, in conformità con gli insegnamenti della Chiesa, la Conferenza episcopale non promuove la soppressione di vite innocenti, la sterilizzazione e la fecondazione assistita». E concludeva: «Credo che sia una triste manipolazione politica per favorire l’aborto».

Dietro il voltafaccia di Obama si nasconde l’ACLU, forse l’associazione per i diritti civili più potente d’America, manco a dirlo laicissima e in odor di lobby. Questi signori hanno pensato bene di querelare il governo americano - non certo i vescovi: sarebbe parso troppo sfacciato e troppo poco elegante - per non aver obbligato la Conferenza episcopale ad adeguarsi al Protocollo etico sulla riproduzione firmato dal governo americano. In attesa che la vertenza si concluda, l’amministrazione democratica prudentemente ha deciso di non dare più un dollaro alla chiesa cattolica.

L’insubordinazione civile dei prelati quindi si sostanzia nel non essersi allineati con la nuova riforma sanitaria: nessuna clinica sul paese può sottrarsi dal praticare aborti e sterilizzazione, e deve fornire gratuitamente ogni metodica contraccettiva disponibile. Il presidente della Conferenza episcopale a tal proposito affermò che questa normativa «costringerà a violare la coscienza oppure a chiudere le strutture. Questo danneggerà sia la libertà religiosa che l’accesso alle cure». La protesta dei vescovi è stata anche appoggiata dal Catholic Advocate PAC, un comitato di monitoraggio della politica Obama, il quale verifica quali promesse fatte ai cattolici dal Presidente sono state mantenute e quali no.

Questa vicenda da una parte comprova nuovamente che le lobby pro-choice riescono con efficacia a far pressione sul governo americano come e quando vogliono. Dall’altra insegna che nella patria delle libertà individuali e sotto un’amministrazione la quale nell’immaginario collettivo ha fatto propria come segno distintivo la difesa dei diritti civili, la libertà religiosa è seriamente minacciata. È lo stereotipo di sempre di una certa parte della cultura laica: la libertà religiosa può essere esercitata solo nelle sagrestie e nell’intimo della propria coscienza. In pubblico invece deve essere rispettata da tutti la religione di Stato la quale nel suo decalogo prevede aborto e contraccezione a pioggia.