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MEDITERRANEO

Nuovi raid Usa in Libia: non è una buona notizia L'Italia sceglie la linea del "armiamoci e partite"

La nuova campagna aerea statunitense contro lo Stato Islamico a Sirte rischia di non essere risolutiva da un punto di vista militare e di provocare danni politici. Perché può minare la stabilità del governo Serraj, mettendo in crisi la sua alleanza con le milizie che non vogliono stranieri in Libia. L'Italia approva a parole, ma non partecipa. E' un "armiamoci e partite" da parte del nostro governo, i cui interessi sono anch'essi a rischio.

Esteri 03_08_2016
USS Wasp

Barack Obama scatena un’altra mini guerra contro lo Stato Islamico che, come quelle in Iraq e Siria, non sarà risolutiva ma foriera di ulteriore destabilizzazione. Benché abbia ottenuto consensi diffusi anche in Europa e in Italia l’avvio dei raid aerei americani su Sirte risponde più a esigenze politiche che militari.

Certo le milizie libiche fedeli al governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj sono in difficoltà nella battaglia di Sirte. Hanno circondato i miliziani dell’Isis ma questi combattono come leoni e hanno ucciso finora 500 avversari ferendone 2mila. Troppi per le raffazzonate milizie libiche, guerrieri della domenica poco disposti a subire perdite elevate. I raid aerei americani daranno quindi una mano a smantellare postazioni e a distruggere carri, blindati e artiglieria ma in termini militari costituiscono ben poca cosa. Finora sono impiegati gli elicotteri da attacco Super Cobra della portaelicotteri Wasp che potrebbe mettere in campo anche i cacciabombardieri Harrier, mentre i droni basati a Sigonella dovrebbero svolgere solo compiti di ricognizione poiché Roma ne vieta l’impiego offensivo.

Difficile comprendere se i raid americani saranno limitati a Sirte o se continueranno anche in futuro a offrire appoggio a Tripoli per combattere il Califfato le cui milizie, (accreditate dal Pentagono di una forza di 6/8 mila effettivi) si sarebbero in gran parte disperse nel deserto. Di certo le forze messe in campo da Washington potranno conseguire solo obiettivi tattici limitati, evidenziando qui di la volontà di Obama, a soli tre mesi dalla scadenza del suo mandato, di dare una mano a Hillary Clinton pesantemente attaccata da Donald Trump proprio sulla debolezza che l’Amministrazione democratica ha mostrato nel combattere lo Stato Islamico.

L’impatto dei raid americani sulla Libia sarà quindi limitato sul fronte militare, ma potrebbe essere molto pesante in termini politici. Il premier al-Sarraj, che aveva sempre escluso interventi stranieri sul suolo nazionale, ha mostrato tutta la sua debolezza prima ammettendo la presenza di forze speciali britanniche sul fronte di Sirte e poi chiedendo l’intervento dei velivoli americani. Solo una settimana or sono il premier aveva criticato la presenza di truppe francesi in Cirenaica al fianco delle forze del rivale generale Khalifa Haftar e lunedì ha precisato che “l’aiuto americano sarà solo aereo e limitato ad un lasso di tempo ben determinato, sempre nell’area di Sirte e della sua periferia e non ci saranno presenze militari americane sul terreno”.

Rassicurazione rivolta alle milizie islamiste che sostengono il governo di Tripoli, dai Salafiti ai Fratelli Musulmani, che potrebbero vedere con preoccupazione l’intervento statunitense, che, in realtà, comprende da tempo la presenza di forze speciali a Misurata ove operano anche i britannici. Non a caso il generale Mohamed al-Ghasri, portavoce delle milizie che partecipano all’operazione militare “al-Bayan al-Marsus” (“Struttura Solida”) per la liberazione di Sirte dall’Isis, ha “difeso” l’intervento americano precisando che “chi è contrario all’intervento Usa sostiene in un modo o nell’altro l’Isis”.

I raid USA rischiano quindi di indebolire sul fronte interno al-Sarraj e di non risultare decisivi nella guerra al Califfato contribuendo così ad ampliare la destabilizzazione della Libia. Per questo fa sorridere che i raid siano stati valutati “positivamente dall’Italia” come ha reso noto la Farnesina, precisando che Roma “incoraggia a realizzare le iniziative per ridare stabilità e pace ai libici”. Il governo Renzi ha precisato che Roma non partecipa alle operazioni belliche né con l’invio di militari né con il supporto di basi e di aerei ricognitori. “Il sostegno italiano al governo libico si è concretizzato in forme diverse nel corso degli ultimi mesi, in particolare attraverso importanti operazioni umanitarie” ha detto la Farnesina smentendo ancora una volta presenza di forze speciali italiane in Libia.

Se davvero l’Italia sostiene i raid, perché non vi ha partecipato o non si è offerta per prima di aiutare il governo che riconosce a Tripoli? I 4 cacciabombardieri Amx, da tempo in preallarme a Trapani, sono perfettamente in grado di fare quello che hanno fatto lunedì gli elicotteri dei marines a Sirte. Invece fonti qualificate hanno precisato che i caccia da sorveglianza e ricognizione italiani non hanno supportato il blitz, né gli aerei americani che hanno condotto gli attacchi sono partiti da basi situate in Italia. "Mi auguro” che l’intervento americano contro l’Is a Sirte “sia risolutivo, sarebbe un messaggio molto forte non solo per la lotta al terrorismo ma anche per la stabilizzazione della Libia” ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ribadendo che “è molto positivo che gli Stati Uniti abbiano deciso di intervenire”. Roma apprezza gli sforzi bellici contro il Califfato, ma non intende parteciparvi, forse nel timore (o certezza) che essi determinerebbero una forte rappresaglia terroristica sul nostro territorio nazionale.

Il governo italiano dovrebbe però essere irritato con al-Sarraj che chiede agli USA di bombardare lo Stato Islamico a Sirte, ma ben si guarda dal chiedere alle flotte europea e italiana di intervenire sulle coste libiche contro i trafficanti di immigrati clandestini il cui business coinvolge milizie e tribù che sostengono il governo di Tripoli. Inoltre l’intervento britannico e americano a Sirte manda definitivamente in soffitta l’operazione di supporto e addestramento alle truppe governative, che avrebbe dovuto avere la guida italiana e il via libera dell’Onu, ma che Tripoli non ha mai chiesto.

Il risultato è che in Libia non vi sono forze internazionali ma contingenti britannici, statunitensi e francesi che perseguono interessi nazionali e che rendono sempre più marginale e irrilevante il ruolo dell’Italia nella sua ex colonia come ha ben dimostrato anche il rifiuto di al-Sarraj di fermare i flussi di migranti illegali e di accettare il loro respingimento sulle coste libiche.