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I venerdì della Bussola

Nuovi equilibri mondiali cercasi

Il mondo sta cambiando in fretta, sotto i nostri occhi. In questo Venerdì della Bussola parliamo dei nuovi scenari internazionali con Eugenio Capozzi.

Esteri 27_07_2024
Eugenio Capozzi

Il mondo sta cambiando in fretta, sotto i nostri occhi. Merito anche di una campagna elettorale americana ricchissima di colpi di scena. Che scenari internazionali ci attendono nel prossimo futuro? In questa puntata dei Venerdì della Bussola ne parliamo con il professor Eugenio Capozzi, docente di Storia Contemporanea all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e firma della Nuova Bussola Quotidiana.

Innanzitutto, come Capozzi ha già scritto sulle nostre colonne, è sempre più notevole lo sviluppo della politica Usa rispetto alla sostanziale stagnazione dell’Ue. «Siamo a un punto di svolta della politica occidentale dopo un decennio di confronto durissimo fra un establishment progressista e le destre sovraniste o anti-globaliste – dice Capozzi - Nelle elezioni europee è stata bocciata la linea della Commissione, ma nonostante tutto abbiamo assistito ad un arroccamento dei partiti dell’establishment, per tenere fuori conservatori e sovranisti e svoltare ulteriormente a sinistra, includendo nell’alleanza anche i Verdi».

Sull’altra sponda dell’Atlantico, invece: «Che vinca Trump o che vinca la Harris, una cosa è certa: gli Usa avranno una nuova linea di politica estera, perseguendo i propri interessi ai danni di quelli cinesi. Quindi ricerca dell’autonomia energetica, protezionismo e ricerca di una soluzione al conflitto ucraino. Lo stesso non si vede nell’UE che insiste sul Green Deal e appoggio al 100% all’Ucraina senza alcuna proposta di mediazione». E soprattutto il Green Deal è insostenibile perché «cerca la decarbonizzazione, senza autonomia energetica. Dobbiamo dipendere sempre più dalla Cina, ma se gli Usa alzano le barriere sui cinesi, l’Ue si troverà tra due fuochi. Anche sull’Ucraina, l’Ue si troverebbe scavalcata da ogni possibile soluzione concordata da Usa e Russia (e forse Cina)».

Negli Usa finora era stata nascosta la reale condizione di Biden, fino all’improvvisa decisione di scaricarlo. Però, nonostante i suoi limiti riconosciuti, continuerà a governare per sei mesi, in una situazione internazionale critica. Ed è una delle tante «conferme della deriva della sinistra: è un blocco di grandi interessi economici e apparati mediatici che segue una logica frontista. Si propone di lottare contro l’avvento di una nuova “barbarie”, una minaccia contro cui si deve lottare tutti assieme e contro la quale è concesso tutto, anche il mancato rispetto di leggi e regole. E’ un sistema di potere che si auto-perdona sempre».

E per blocco di potere di sinistra si intende un cartello di «grandi gruppi economici e finanziari, non solo Soros, ma anche BlackRock, Netflix, quasi tutte le Big Tech, che traggono vantaggi diretti dal potere del fronte di sinistra, ha tratto vantaggio dalle politiche pandemiche, sta traendo vantaggio dall’economia di guerra e ha un’idea verticistica, pianificatrice dell’economia, tenendo a bada l’opinione pubblica con la paura dei barbari alle porte. Negli Usa, segni di contrappesi, di antidoti, ci sono, come nel caso di Musk. In Europa no, quasi nessuno si oppone».

La contrapposizione fra l’Occidente e gli altri è ormai un dato di fatto, non ci sono molti margini per evitarla. «Vanno distinti due piani – spiega Capozzi - Il primo è un’oggettiva contrapposizione di interessi fra l’Occidente e delle potenze in espansione esterne all’Occidente, prima fra tutte la Cina. Con la Russia i rapporti sono stati molto ambigui, sono cambiati solo nel 2014, mentre prima era considerata un partner poi è ricaduta nello schieramento anti-occidentale. Questa contrapposizione è un dato di fatto: l’Occidente e gli altri devono ridefinire i loro rapporti. E il punto di svolta è nel 2018 con la guerra dei dazi, voluta dall’amministrazione Trump, presa d’atto che la Cina è antagonista e va contrastata».

Fermo restando che il nuovo confronto esiste, ci sono due possibili politiche. Quella che Capozzi definisce “realista”, che consiste sostanzialmente nella «ridefinizione delle sfere di influenza». Proprio a partire dalla guerra in Ucraina, di cui si cerca di porre fine: «Occorre riconoscere l’esistenza di una linea di faglia che divide il paese». Mentre l’alternativa è una mobilitazione permanente delle democrazie contro le dittature, «Ma è uno schema che non può reggere. Non è giustificabile da un punto di vista morale, perché dialoghiamo con certe dittature e non con altre. Non si può fare una crociata per le democrazie liberali, perché anche queste hanno gravi problemi interni».

È più probabile che, in caso di vittoria di Trump, negli Usa prevalga una politica estera più realista «Nel 2016-2020 ha condotto una politica estera realistica e l’identificazione della Cina come primo avversario. Nei confronti della Russia ha esercitato un forte deterrente: ha dato all’Ucraina strumenti di difesa importanti e ha avuto un atteggiamento nei confronti di Mosca rispettoso ma duro. Non è un caso che la Russia abbia attaccato nel 2022 e non nel quadriennio Trump. Non regge dunque la caricatura del Trump putiniano, basata su inchieste come il Russiagate che si sono rivelate infondate. Essendo realista, Trump sa che si deve negoziare da posizioni di forza, anche quando vuole la pace». Mentre se dovesse vincere Kamala Harris, «l’ipotesi più pessimistica è che continui con la retorica della mobilitazione permanente. È membro di una sinistra più pragmatica, appoggiata dai Clinton, però è anche sostenuta dall’estrema sinistra Dem, che è anche molto filo-araba e molto pacifista».

Medio Oriente e Cina sono, oltre all’Ucraina, due fronti caldi. Per quanto riguarda il primo, Capozzi è convinto che la formula diplomatica “due popoli in due Stati”, caldeggiata anche da Kamala Harris, sia ormai invecchiata male: «È una formula retorica che deve coprire, o l’appoggio alle frange arabe più ostili a Israele o un’impotenza a risolvere il problema. Era la soluzione del 1947 all’ONU, ma è passata troppa acqua sotto i ponti. Avrebbe bisogno di garanzie di sicurezza per Israele, con più garanti anche nel mondo arabo. Finché non ci sarà una presa di coscienza in Egitto, Giordania e Arabia Saudita, queste garanzie non ci saranno». Gli Accordi di Abramo, se proseguono, da questo punto di vista sono la via giusta per arrivare a una pace duratura.

Invece per quanto riguarda la Cina, prima di tutto «Usa e Occidente devono evitare di mettersi nelle mani della Cina, soprattutto nelle politiche economiche, digitali, ecologiche. La dipendenza dalla Cina che si è sviluppata nell’ultimo decennio non è facile da superare. Serve il superamento dell’ideologia climatista, altrimenti l’Occidente combatterebbe a mani legate». In ogni caso, realismo impone che anche con la Cina si debba «fare chiarezza sulle sfere di influenza. “Oltre un certo limite non si va” e il limite è fissato dagli interessi vitali. Ma rispettando questo limite, si deve essere aperti anche al dialogo e alla collaborazione».