Nuovi delitti nella camera chiusa, cercando il colpevole
Nei Nuovi delitti nella camera chiusa, Cammilleri presenta quattordici racconti gialli inediti che ruotano intorno a crimini e omicidi commessi inspiegabilmente all’interno di un ambiente chiuso da cui il colpevole è riuscito in qualche modo a fuggire. Un topos letterario che aveva già appassionato i lettori del primo volume.
Crimini e omicidi inspiegabilmente commessi all’interno di un ambiente chiuso da cui il colpevole è riuscito in qualche modo a far perdere le proprie tracce; enigmi apparentemente insolubili in attesa di una soluzione. Ruotano intorno a questo intrigante topos della letteratura gialla i Nuovi delitti nella camera chiusa (Mondadori) di Rino Cammilleri, quattordici storie inedite che danno non poco filo da torcere agli investigatori protagonisti, chiamati a spremersi le meningi e a muoversi con prudenza e intelligenza tra gli indizi lasciati dal colpevole, nel tentativo di ricostruire il caso e la scena del crimine.
Tornano alcuni personaggi già apparsi nel primo volume Delitti nella camera chiusa, come l’inquisitore del XIII secolo Corrado De Tours e don Gaetano Alicante, prete dell’Ottocento - protagonisti anche dei romanzi L’inquisitore e Immortale odium de Il Kattolico - e personaggi singolari, come l’ispettore Shylock Homer, perseguitato dalle somiglianze con il suo celebre quasi omonimo.
Gli scenari delle vicende narrate sono molteplici; vi sono racconti che si svolgono in tempi lontani e poco tecnologici, come la Napoli dell’Ottocento, e altri ambientati invece in luoghi dal sapore esotico, come il Giappone contemporaneo o in città distopiche. Per dirla con lo stesso autore, «alcuni dei racconti di questa nuova raccolta sono ‘storici’, ambientati in epoche in cui il massimo della tecnologia era la polvere da sparo e uno, per fare danno senza pagar dazio, doveva spremersi il cervello. Così come ho fatto io».
Diversi delitti raccontati con dovizia di particolari hanno sullo sfondo la grande storia, come si evince anche dalle descrizioni dei protagonisti. Di don Gaetano Alicante l’autore scrive che, «prete in Napoli, era di vocazione tardiva, adulta, come si diceva. Prima era stato gendarme e, anzi, aveva raggiunto un certo grado nelle forze dell’ordine. Ma, buon cattolico, a un certo punto non aveva sopportato più il clima anticlericale che il nuovo regime piemontese aveva instaurato. E si era fatto prete, non sapeva nemmeno lui se per dispetto o per vera inclinazione». Insomma una sorta di novello padre Brown richiamato dagli ambienti curiali per risolvere spinose indagini di polizia «che alla polizia vera e propria non era il caso di andare a raccontare», come il caso di una contessa con simpatie neoborboniche trovata morta nella sua camera a seguito di una pseudocombustione spontanea.
Un’altra scena del crimine ha come retroterra il contesto culturale del Giappone, in cui «lo Stato è tutto e l’individuo nulla»; nel quale lo shogun aveva vietato il cristianesimo, e primo paese al mondo per denatalità con un popolo «di formiche operaie che schiattava di fatica».
Relativamente al contesto inglese dopo lo scisma anglicano, colpisce in un racconto la descrizione della Perla di Tyburn, al secolo Margaret Ward (proclamata poi santa), la quale «con una nobiltà che commosse tutti, dichiarò che la sua fedeltà alla Regina non era mai venuta meno, tuttavia nessuno poteva chiederle di rinunciare alla sua religione. La Regina avrebbe potuto garantirle, certo, una vita comoda su questa terra, ma non la salvezza della sua anima. Se era costretta a scegliere, optava per quest’ultima. Piuttosto che rinnegare il vero Dio e la vera Chiesa preferiva sacrificare la vita. E talmente era convinta di ciò, che di vite ne avrebbe sacrificate anche più d’una se fosse stato possibile averne molte. Se era colpevole, la sua sola colpa era di avere sottratto un innocente a una fine ingiusta. Lei e Richard Watson dovevano essere uccisi solo perché seguivano la propria coscienza? Da quando in Inghilterra era diventato un grave reato punito con la pena capitale l’aver seguito la religione dei padri, il Regno un tempo felice era diventato un regno del terrore».
Tra i casi misteriosi che accadono in stanze inspiegabilmente chiuse e impenetrabili si colloca anche quello di un «uomo che aveva ucciso la moglie, aveva finto che la porta fosse chiusa dall’interno per convincere gli inquirenti che la poveretta si era suicidata in preda a crisi depressiva». Allo stesso modo, hanno fatto credere senza difficoltà al popolo che una strega condannata al rogo si sia impiccata. Sul banco degli imputati siede poi chi riesce ad avvelenare il malcapitato nei modi più impensabili; che si tratti della griglia del condizionatore dell’aria o di una rara conchiglia fatta a pezzi e data in pasto da un inserviente alla vittima da eliminare.
Come i Delitti nella camera chiusa anche i Nuovi delitti nella camera chiusa di Cammilleri sono, nella loro brevità, racconti avvincenti di cui si può svelare ben poco, se non che, in un clima di tensione, mistero e suspense, sospingono il lettore a non indugiare oltre per giungere quanto prima alla scoperta del ‘colpevole’.