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TATTICA POLITICA

Nuove larghe intese: come Salvini, adesso, rimanda il voto

I sondaggi danno vincentre il centro-destra, se si dovesse andare subito a votare. Ma Salvini stesso pare non tenerci troppo, adesso. Sta trattando con amici e nemici di centro, in un apparente tentativo di fare altre larghe intese. Suicidio politico? Oppure consapevolezza che un governo adesso sarebbe comunque un mare di lacrime?

Politica 18_12_2019
Matteo Salvini

Nel mese di agosto più di qualcuno parlò di suicidio politico di Matteo Salvini che, nel tentativo di forzare la mano e di costringere Sergio Mattarella a sciogliere le Camere, fece cadere il governo Conte. Mal gliene incolse perché nel giro di poche settimane Pd e Cinque Stelle, che se n’erano cantate di santa ragione per anni, decisero di fare un nuovo governo insieme, proprio al fine di scongiurare la vittoria di Salvini nelle urne. Ora, quindi, il Carroccio è all’opposizione e rimane a bocca asciutta in tutte le partite riguardanti nomine e attribuzione di posti di potere.

Oggi la storia sembra ripetersi. I sondaggi più attendibili accreditano la Lega di una percentuale superiore al 30% dei consensi che, unita a quelle degli altri partiti del centrodestra (Fratelli d’Italia, in crescita, sopra il 10%, Forza Italia attorno al 6% e piccole formazioni centriste attorno al 2%), darebbero a quella coalizione una solida maggioranza in grado di governare stabilmente il Paese. E allora perché non forzare ora la mano, visto che il Conte bis annaspa e l’amalgama tra i nuovi alleati (pentastellati e dem) fatica a trovarsi?

Matteo Salvini evidentemente non vuole andare a votare e non vuole il voto anticipato. Un altro autogol come quello di agosto? Può darsi, ma tant’è. Ora il Capitano si straccia le vesti per proporre un governo di larghe intese, che aborriva fino a non molto tempo fa, per scrivere nuove regole e andare a votare al più presto. Ma quale convenienza può avere un partito che naviga col vento in poppa a coinvolgere le altre forze politiche, in larga parte moribonde, in un processo di riscrittura delle regole, quando potrebbe vincere applicando le regole (anche elettorali) che già ci sono? 

I politologi sono scatenati nel proporre interpretazioni. Quella più accreditata è più o meno la seguente. Salvini non è così sicuro che il Conte bis tiri le cuoia a breve. La fame di poltrone, soprattutto se a gennaio diventasse definitivo il taglio dei parlamentari, spingerebbe gran parte degli attuali deputati e senatori, quasi sicuri di non essere ricandidati o rieletti, a blindarsi alla poltrona fino al 2023, scadenza naturale della legislatura. Il trasformismo dilagherebbe e soprattutto dalle file di Forza Italia potrebbe sganciarsi una folta pattuglia di responsabili in grado di assicurare nei prossimi anni una navigazione tranquilla all’esecutivo.

Ma quand’anche le Camere venissero sciolte, il Carroccio facesse il pieno di voti e il centrodestra vincesse le elezioni, la strada sarebbe in salita. Tutti i nodi irrisolti verrebbero al pettine e un ipotetico governo Salvini dovrebbe affrontare un mare in tempesta, con le situazioni esplosive dell’ex Ilva e di Alitalia, innumerevoli crisi industriali prossime a degenerare, un mercato del lavoro in affanno, un carico fiscale crescente, un clima sociale avvelenato dalle polemiche sull’odio antisemita, un consolidato cartello di cancellerie europee ostili al Capitano e alle sue idee. Senza dimenticare l’offensiva che talune Procure sembrano aver lanciato nei confronti della Lega e del suo leader. Quanto potrebbe reggere un esecutivo del genere? Salvini lo sa ed è per questo che vuole andarci con i piedi di piombo, dialogare e negoziare con tutti, cercando sponde anche nel centrosinistra, magari seminando zizzania tra gli attuali alleati di governo e portando dalla sua parte Italia Viva (in una sorta di cartello di centro con quel che resta di Forza Italia e dei cespugli centristi di Gianfranco Rotondi, Lorenzo Cesa e altri) e un certo numero di grillini. A quanto pare, infatti, è tutt’altro che campata per aria la voce che vedrebbe i due Matteo (Renzi e Salvini) sempre più impegnati a stringere d’assedio il fronte governativo per indebolirlo e imporre una riforma elettorale di tipo proporzionale in grado di non danneggiare nessuno e di lasciare a tutti le mani libere dopo il voto per eventuali accordi trasversali.

Tutto questo, però, sta incrinando il fronte del centrodestra. Giorgia Meloni sente puzza di bruciato (leggi inciucio) e respinge l’idea di Salvini di un tavolo per le larghe intese. Per la leader di Fratelli d’Italia bisogna andare a votare prima possibile con le regole che ci sono ora perché il centrodestra secondo lei è maggioranza nel Paese e vincerebbe eventuali elezioni anticipate. In Forza Italia, invece, prevale chi farebbe qualsiasi cosa pur di non tornare a casa, anche sostenere il governo Conte bis. Sono in pochi tra le fila azzurre a volersi impegnare in una eventuale nuova campagna elettorale dagli esiti tutt’altro che scontati. E poi quanti degli attuali parlamentari forzisti verrebbero ricandidati e rieletti? Uno su quattro, si vocifera. Ecco perché il centrodestra è tutt’altro che un blocco granitico. Il suo principale azionista, Matteo Salvini, ormai è in grado di dare le carte e, se proverà a imporre una linea di dialogo che non porti subito alle urne, riuscirà a spuntarla. Con buona pace della Meloni, che già sogna per sé la Presidenza della Camera nella prossima legislatura.