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Nuove accuse di blasfemia in Pakistan

Due amici, uno cristiano e uno musulmano, sono stati ingiustamente accusati di aver profanato il Corano incendiando alcune pagine. Sono in carcere e dovranno rispondere del reato di blasfemia

 

 

La blasfemia in Pakistan è un reato che può essere punito anche con la pena di morte. Il 27 dicembre scorso a Faisalabad sono stati arrestati con la grave accusa di aver bruciato delle pagine del Corano due amici: Shahbaz Masih, un cristiano di 40 anni, e Muhammad Ishaq, un musulmano di 39 anni. L’associazione Human Rights Focus Pakistan, che si è assunta l’incarico di difenderli e assisterli, ha raccontato all’agenzia AsiaNews come si è arrivati al loro arresto e all’accusa per entrambi di offesa al profeta Maometto. Tutto è incominciato quando due musulmani hanno fermato Shahbaz al mercato, lo hanno trascinato in una vicina discarica e lo hanno picchiato. Alle sue grida è accorso l’amico Muhammad. Al sopraggiungere di altre persone, i due aggressori hanno detto che Shahbaz e Muhammad avevano bruciato delle pagine del Corano e allora la vicina moschea ha chiamato a raccolta i fedeli invitandoli a uccidere i colpevoli dell’atto blasfemo. A salvarli dal linciaggio è stato l’arrivo della polizia che li ha arrestati. Purtroppo però ha anche prestato fede alle accuse e le ha registrate. L’arresto non ha placato gli animi. Convinti che l’atto blasfemo sia stato commesso, molte persone hanno minacciato di bruciare la casa di Muhammad, colpevole di avere un amico cristiano, e quelle dei cristiani residenti nel quartiere. Le famiglie dei due amici, impaurite dalle minacce, sono fuggite e si sono nascoste in una località segreta. Naveed Walter, presidente della Human Rights Focus Pakistan, sostiene che, come spesso accade, le false accuse sono motivate da risentimento e interessi personali.