Nuova indagine su Gesù: una rivoluzione storica
La famosa indagine storica su Gesù di Vittorio Messori proseguì a puntate. Da qui nacque il libro "Patì sotto Ponzio Pilato?", che oggi la Ares ripropone col sottotitolo "Un’indagine storica sulla passione e morte di Gesù": secondo lo stile saggistico dell'autore anche questo volume è zeppo di informazioni, chicche storiche, autentiche novità che fanno comprendere la portata storica dell'Incarnazione di Dio.
Il famoso Ipotesi su Gesù di Vittorio Messori uscì nel 1976, ma le ricerche dell’autore sul «caso Cristo» continuarono su Jesus, il mensile dei paolini che fu lanciato con un poster che a quel tempo lasciò molti perplessi: c’era un Gesù sorridente che, a braccia conserte, guardava i passanti vestito di bianco. Ora, il problema stava nel vestito: giacca, camicia e cravatta, tutte bianche. Il messaggio era chiaro: Gesù è non solo un personaggio storico ma anche un contemporaneo, qualcuno che ha qualcosa da dire anche all’uomo di oggi. Il fatto è che al cambio d’abito nessuno era preparato, pur se era sempre meglio di quel sedere femminile inguainato in succinti hot pants di jeans marca «Jesus» conditi dallo slogan «chi mi ama mi segua».
Tornando a Messori, su quel mensile la sua indagine proseguì a puntate e nel 1992 ne fu tratto un libro sulla Passione, "Patì sotto Ponzio Pilato?", che oggi la Ares ripropone col sottotitolo "Un’indagine storica sulla passione e morte di Gesù" (pp. 486, €. 19,90). Il titolo è una frase del vecchio Credo che da sempre si recitava alla messa prima che Paolo VI lo sostituisse con quello chilometrico odierno. Secondo lo stile saggistico di Messori, anche questo libro è talmente zeppo di informazioni, chicche storiche, autentiche novità da rendere quasi impossibile una recensione esaustiva. Ma d'altra parte una recensione deve solo servire a far sapere ai lettori che è uscito un certo libro e che tale libro val la pena leggerlo. Così, limitiamoci a qualche aspetto della vicenda di Gesù, magari quelli che i Vangeli non dicono. Ecco, se i Vangeli fossero stati una pia invenzione, si sarebbero conclusi non con l’Ascensione (avvenuta tra l’altro, davanti ai soli discepoli, come del resto la Resurrezione) ma col racconto della fine ingloriosa degli avversari di Gesù.
Ma i Vangeli sfuggono a ogni canone letterario anche qui. Vediamo Erode Antipa, per esempio. Degno figlio di suo padre, che non aveva esitato a far sterminare la sua stessa famiglia compreso un figlio sospettato di insidiargli il trono, si prese la moglie di suo fratello Erode Agrippa, Erodiade, che lo indusse ad arrestare Giovanni il Battista (che la rimproverava pubblicamente) e a farlo decapitare tramite le grazie di una lolita, sua figlia Salomè. Tanto si amavano in quella famiglia che Agrippa accusò il fratello di connivenza coi Parti, così da spingere il Senato romano a destituirlo da tetrarca e mandarlo in esilio nelle Gallie insieme alla sua degna compagna.
E veniamo a Pilato. Doveva il posto a Seiano, potentissimo prefetto del pretorio che amministrava l’impero al posto di Tiberio, da lui convinto a risiedere lontano da Roma, a Capri. Quando però Tiberio si rese conto che Seiano mirava a soffiargli la poltrona lo fece condannare a morte e cominciò uno spoiling system, cioè l’epurazione di tutti i fedeli del giustiziato. Aspettava dunque una mossa falsa di Pilato e questi la fece condannando un palese innocente, cadendo nella trappola che il Sinedrio gli aveva teso («Non sei amico di Cesare», frase che agghiacciò un Pilato in bilico a causa di Seiano). Pilato fu sostituto da Vitellio e chiamato a Roma a rendere conto. Dopo di che di lui si perse anche il ricordo: paradossalmente, gli unici a ricordarselo per sempre furono i cristiani, che ancora oggi recitano una professione di fede che implacabile lo nomina). Vitellio destituì anche Caifa, giacché il sommo sacerdozio era in mano ai romani (i paramenti sacri erano detenuti nella Torre Antonia e consegnati solo nelle cerimonie solenni per essere subito restituiti). Il vero boss del sinedrio era Hanna, suo suocero, la cui famiglia aveva il monopolio del sommo sacerdozio: si estinse con Anano, massacrato dagli zeloti che conoscevano bene il collaborazionismo degli Hanna coi romani. L’uccisione dell’ultimo sommo sacerdote avvenne nel 67. Tre soli anni dopo Gerusalemme e il Tempio venivano distrutti, gli ebrei sterminati e i sopravvissuti venduti come schiavi in tutto l’Impero.
Il Sinedrio Aveva deciso di far fuori Gesù a causa del grande seguito che questi si era procurato coi suoi miracoli, temendo di venire esautorato. Pilato stesso si era accorto che glielo avevano consegnato «per invidia». Così, protestarono di non volere altro re che Cesare. E fu proprio Cesare a «distruggere la Nazione e il Tempio», come avevano temuto. Se avessero riconosciuto Gesù come il Messia atteso, nulla di male sarebbe avvenuto, perché da quel re pacifico i romani niente avevano da temere, come ben sapevano. Della distruzione totale del 70 si salvarono solo i cristiani, perché Gesù li aveva avvertiti.