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Fuori schema
a cura di Andrea Zambrano

IL SILENZIO IN QUARANTENA

Notturno Covid-19

In queste sere riesco ad ascoltare il silenzio. Non me lo ero prefissato, è successo e basta, ma è un ascolto che mi sorprende. È uno degli effetti collaterali del Coronavirus. In queste sere mi affaccio al balcone e vedo un silenzio diverso dal solito. Tace la strada davanti a me, dorme la campagna, le luci in fondo sono piccole fiammelle mute nelle braccia di Morfeo.

Fuori schema 16_03_2020

In queste sere riesco ad ascoltare il silenzio. Non me lo ero prefissato, è successo e basta, ma è un ascolto che mi sorprende. È uno degli effetti collaterali del Coronavirus. In queste sere mi affaccio al balcone e vedo un silenzio diverso dal solito. Tace la strada davanti a me, dorme la campagna, le luci in fondo sono piccole fiammelle mute nelle braccia di Morfeo. Fino a ieri erano rumoreggianti bagliori della vita padana. All’orizzonte, soprattutto quando è bassa pressione, il Frecciarossa di mezzanotte lo sentivi nitidamente e potevi distinguere tra le ombre la sua forma affusolata correre luccicante tagliando l’Emilia in due.

Ma non sfreccia più, è fermo - o meglio, è stato fermato per decreto - e il suo boato arrivava ovattato, ma distinguibile tra gli altri suoni. Che erano le fabbriche. Poco più in là, oltre quelle luci ci sono le “Ceramiche” che non si fermavano mai. I forni sempre accesi emettevano un basso rettotono che ci accompagnava sempre anche d’estate fino a diventare indistinguibile ronzio, solo che d’estate i grilli erano capaci di anestetizzare tutto. Ma i grilli non ci sono ancora.

E non ci sono neanche gli aerei che annunciavano con un rombo sordo il loro passaggio sulla mia testa molto prima ancora di individuarli nel cielo e provare a immaginarne la traiettoria: questo atterra a Verona e quello è decollato sicuro da Bologna. Va a nord, Monaco, Berlino, chissà? Niente. Tutto intorno a me è silenzio. Fermo. E il silenzio lo ascolti quando smetti di vederlo perdendo tutti gli stimoli luminosi che lo manifestavano. Lo ascolti, sì, e capisci che lo stai ascoltando quando qualche cosa improvvisamente, sperduto, arriva a romperlo.

Un’auto fuggita dalla quarantena sbuca dal buio e sembra farsi largo con fatica. Mi chiedo perché sia in strada a quest’ora. Qual è lo stato di necessità che costringe un guidatore sicuramente sciagurato ad affrontare questa nera e prigioniera notte? Cosa avrà mai scritto sull’autocertificazione ministeriale? Arranca, eppure percorre una velocità regolare, ma sembra che sotto il mio balcone ci arrivi più stanca, con un rumore di fondo.

È allora che ti accorgi di quanto le cose, i suoni, le luci siano pesanti. “Solo nel silenzio – leggo da un libro del vescovo Camisasca sul silenzio - a poco a poco le cose possono acquistare un peso”. Infatti, quell’auto è la prima dopo mezz’ora, un’ora... boh, arriva comunque dopo un bel po’. E il suo arrivo è pesante e annunciato, ma non richiesto, rompe un’armonia in cui tutto era perfettamente in equilibrio. Quello era il silenzio. Lo stesso vale per il gracchiare di un qualche rapace notturno: una poiana? Un barbagianni? Non lo potrei mai sapere, chi mai li ha visti? Però è una presenza – una delle poche pesanti – di questo notturno da Covid-19, del tempo di quando tutti ci si dovette rinchiudere in casa senza abbracciarci.

La mente torna al primo notturno della letteratura, il primo che mi fece sobbalzare di stupore: “Dormono le cime dei monti e le valli, le balze e le voragini e le fiere che abitano sui monti”. La schietta semplicità di Alcmane non era solo un dormire, ma un essere in quiete, in pace. Per Virgilio nox erat come quiete di corpi stanchi e boschi acquietati, ma preludio al furore di Didone alla ricerca di un vendicatore sorgente.

La nostra quiete è fuori nei sensi, ma dentro rimbomba il peso dei giorni: che sarà domani? Quando finirà? Toccherà anche a me? Il silenzio però mi aiuta a vivere con calma, filtrando le passioni furibonde, almeno per quel pezzo di notte che mi resta da coltivare. Deve esserci anche qui, per forza, una strada per incamminarci a cercare in questo silenzio il Dio.

È bello, intanto. “L’estetica del silenzio non deriva da un’esperienza umana. È divina. Il silenzio di Dio è un’illuminazione semplice e sublime”, scrive il cardinal Sarah nel suo libro sul silenzio. Io vivo di rumore, ahimè. Di noi, di me, Sarah scrive che “le persone che vivono nel rumore sono simili alla polvere spazzata dal vento, schiave di un tumulto che distrugge il loro rapporto con Dio”. Oh… se solo questo silenzio potesse fermare anche il tempo sgravandomi di tutto il chiasso sprecato inutilmente.