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SCENARI

Nord Corea, "buco nero" del mondo

Nell'ultima roccaforte stalinista del pianeta è l'ora del 28enne Kim Jong Un. Un Paese-incubo in grado di minacciare tutti con l'arma nucleare.

Attualità 20_12_2011
Kim Jong Un

 

La “successione" al “trono” di Pyongyang  tra Kim Jong Il, stroncato sabato da un infarto, e il terzogenito Kim Jong Un [nella foto] preoccupa la comunità internazionale e al tempo stesso alimenta le speranze di cambiamento all’interno dell’ultima roccaforte stalinista. Se non si possono escludere sviluppi politici all’interno di una rigida dittatura comunista che guida dal 1945 il Paese più isolato del mondo è però evidente che a destare timori sono soprattutto le scarse informazioni disponibili sul nuovo leader che avrà nelle sue mani anche la gestione dell’arsenale nucleare e missilistico.

Impossibile affermare se il 28enne Kim Jong Un (un passato da studente non lontano da Berna) guiderà realmente il potere o se invece sarà solo il simbolo della dinastia che ha sempre guidato la Corea del Nord mentre il potere vero verrà esercitato dalla nomenklatura militare o da Chang Song Taek, marito della sorella di Kim Jong Il, che molti considerano il vero uomo forte del Paese. Un viene definito dalle scarne cronache diffuse dagli esiliati come un cinico, obeso e con la salute già compromessa dai vizi. Un “duro” che avrebbe contribuito a far esautorare i suoi fratelli maggiori: Nam che vive in esilio a Macao e Chum, estromesso dalla linea di successione politica perché effeminato e corrotto dalla cultura occidentale.  Con una dinastia come quella dei Kim Jong ogni cambiamento al vertice di Pyongyang giustifica tensioni e allerta militari. Non stupisce che Seul abbia messo in allarme le sue forze armate che negli ultimi 18 mesi hanno subito ben due attacchi militari dai nordisti. Nel marzo 2010 venne affondata da un sottomarino di Seul la corvetta Cheonan uccidendo 43 marinai e un anno or sono l’artiglieria nordcoreano bombardò i villaggi sull’isola di Yeonpyeong.

Quest’ultima azione è stata attribuita da alcune fonti raccolte dall’intelligence di Seul a una precisa volontà di Kim Jong Un, all’epoca appena nominato generale a quattro stelle e vice presidente della Commissione militare centrale del Partito del Lavoro. L’assenza di rappresagli sudcoreane e statunitensi alle aggressioni di Pyongyang avrebbe rafforzato la posizione di Un lasciando ben pochi margini alle speranze che possa essere lui l’uomo delle riforme e della distensione con l’Occidente. A preoccupare Seul ha contribuito inoltre il lancio di uno o più missili dalla costa orientale nordcoreana in concomitanza con la morte di Jong Il.  Probabilmente un test già pianificato e solo casualmente coinciso con la morte del “caro leader” ma il fatto che  il Ministero della Difesa e lo Stato maggiore di Seul non abbiano voluto commentare la notizia indica il livello della tensione che avvolge il 38° Parallelo dove nei giorni scorsi Pyongyang aveva minacciato di bombardare alcuni alberi di Natale posti nei pressi della frontiera e giudicati dai comunisti “strumenti di propaganda”.

Il regime nordista è da anni in bancarotta, con carestie devastanti nate dall’arretratezza tecnologica e dalla pianificazione centralista di stampo comunista  che hanno provocato forse due milioni di morti per stenti negli ultimi 15 anni uniti a molti casi di cannibalismo. Il regime è stato costretto ad accettare l’assistenza internazionale per sfamare oltre 20 milioni di abitanti e 10 milioni di euro sono stati sboccati dalla Ue nel luglio scorso  per nutrire 650mila persone quasi in fin di vita.

Ciò nonostante Pyongyang mostra arroganza e aggressività e un’accresciuta potenza militare. Oltre 1,2 milioni di soldati, 176 divisioni e brigate equipaggiate con 7.500 mezzi corazzati e 6 mila pezzi d’artiglieria tutti di modello superato. Antidiluviane anche  le 700 unità navali che includono una cinquantina di mini sottomarini e 500 motovedette e motosiluranti mentre l’aeronautica schiera  650 aerei da combattimento in gran parte Mig, Sukhoi e loro copie cinesi ormai obsoleti. Uno strumento militare elefantiaco, minato dall’obsolescenza dei materiali e dalle carenze di addestramento, manutenzione e ricambi determinate anche da un bilancio della Difesa limitato a 5 miliardi di dollari: pochi per alimentare un apparato così imponente. Basti pensare che secondo l’intelligence di Seul un pilota di jet militare nordista si addestra in volo 25 ore all’anno contro le 150 standard nelle forze aeree occidentali. A incutere timore non sono i pezzi da museo di Pyongyang ma l’arsenale di armi di distruzione di massa. L’artiglieria a lungo raggio dispone di munizioni chimiche per i cannoni da 152 millimetri schierati in caverna a due passi dal 38° Parallelo: armi in grado di colpire Seul che dista pochi chilometri dal confine.

Il Comando missilistico gestisce invece 600 missili a corto raggio Hwaesong, 200 a raggio intermedio Nodong e alcune decine di Taepodong, armi balistiche con raggio compreso tra i 500 e i 6mila chilometri in grado di colpire con testate chimiche e probabilmente anche atomiche buona parte dell’Asia settentrionale incluso il Giappone e alcune basi militari statunitensi nel Pacifico. I due test atomici effettuati nel 2006 e 2009 hanno reso il regime “inattaccabile” e sono proprio i programmi strategici e la produzione militare a garantire al regime importanti flussi di valuta pregiata con i quali sostiene l’apparato militare e la nomenklatura dio regime. Armi convenzionali a bassa tecnologia (kalashnikov, mortai, munizioni, lanciarazzi, mine) vengono venduti da anni in Birmania e Africa, armi più sofisticate quali missili antiaerei e lanciarazzi campali sono finiti in Yemen e Iran ma a garantire gli incassi maggiori è l’export di missili Hwaesong (derivati dagli Scud russi) e Nodong esportati o prodotti su licenza in Pakistan, Siria, Iran Yemen, nell’Iraq di Saddam Hussein  e forse anche in Egitto.

L’Iran in particolare ha basato il suo programma missilistico Shahab sulle armi nordcoreane (inclusi i Taepodong a lungo raggio) e da Pyongyang ha acquisito anche tecnologia nucleare e per la costruzione di testate missilistiche atomiche. Programmi che secondo l’intelligence israeliano sono condivisi anche con la Siria. Anche per queste ragioni il regime nordcoreano rimane una minaccia al di là del nome di chi lo guida.