Non solo Rupnik: il regime oppressivo della Comunità Loyola
Versione "femminile" del carisma ignaziano, la comunità è stata un focolaio di tensioni e abusi psicologici, intrecciati all'ambiguo rapporto tra la fondatrice suor Ivanka e l'artista gesuita finito in un braccio di ferro che ha stritolato le religiose. Dal 2019 è in corso un commissariamento non esente da timori che tutto ciò venga insabbiato.
Non solo Rupnik. Dietro la vicenda dell’ “artistar” gesuita sono rimaste del tutto in ombra le enormi tensioni e problematiche della Comunità Loyola, che nel 2019 hanno fatto scattare un commissariamento, tuttora in corso. La Comunità nasce a Lubjana, in Slovenia, all’inizio degli anni Ottanta, con l’intenzione di vivere il carisma di Sant’Ignazio “al femminile”, ma in comunità a dimensione più familiare, che vivono insieme in normali appartamenti, in comunione con la gente.
All’inizio del commissariamento, la Comunità contava circa 45 sorelle. Un numero che è rimasto sempre più o meno stabile, ma con entrate e uscite che sostanzialmente si bilanciavano. Diverse consacrate, nel corso degli anni, hanno infatti abbandonato l’istituto a causa di abusi di natura psicologica e spirituale. Tre di queste uscite hanno avuto dei contorni drammatici: due sorelle con gravi conseguenze psicologiche, ed una che dicono essere improvvisamente sparita. Ogni volta che qualcuno usciva, c’era poi sempre un’accusa nei suoi confronti e si tagliavano completamente i rapporti.
Il 1993 è un anno centrale per comprendere sia la rottura di Rupnik con la Comunità, che la trasformazione di questa in una istituzione autoritaria ed oppressiva. Il primo gruppo delle sorelle della Comunità Loyola, comunità di vita religiosa di diritto diocesano, approvata nel 1994 dall’arcivescovo di Lubjana, S. Ecc. Mons. Alojzij Šuštar (+ 2007), pronuncia i voti nel 1988 e poi nel 1991. Al primissimo gruppo appartengono “Ester” (vedi qui) e la superiora della Comunità, Sr. Ivanka Hosta, che in teoria sarebbe l’ispiratrice del carisma, anche se, in quegli anni, dentro la Comunità decideva tutto Rupnik. Il gesuita non aveva alcun ruolo riconosciuto ed istituzionale, ma attraverso la predicazione di ritiri e conferenze, provvedeva a riempirne le fila. Fonti interne testimoniano che quando Rupnik era molto attivo all’Istituto Stella Matutina di Gorizia, non di rado divideva coppie di fidanzati per destinarli alla Comunità Loyola e ai Gesuiti. O ne formava di nuove. A discrezione.
Non solo. Era Rupnik a scegliere chi ammettere ai voti, chi destinare a ruoli di responsabilità o ancora chi selezionare per accompagnarlo alla predicazione degli esercizi. Rupnik, allora come oggi, era in sostanza un battitore libero: era a Gorizia, in una missione di competenza della Provincia italiana (nord), ma il suo provinciale era P. Lojze Bratina, e stava a Lubjana. P. Bratina e P. Federico Lombardi, all’epoca provinciale del nord-Italia, conoscono molto bene quanto stava accadendo in quegli anni. Chissà se i vertici della Compagnia di Gesù hanno provveduto ad interrogarli. Rupnik godeva poi di singolari privilegi: quando, una volta a Roma, ritornava a Gorizia, dormiva stranamente nella casa della Comunità Loyola, nonostante la casa dei Gesuiti distasse meno di a 100 metri, e nonostante le suore vivessero in semplice appartamento.
Una delle nostre fonti ci fornisce un dettaglio che collima con la testimonianza di “Anna”, la prima ex-religiosa a far uscire pubblicamente lo scandalo legato a Rupnik: «Molte del gruppo che ha professato i voti nel 1993 non avevano fatto il noviziato e non avevano ricevuto una formazione specifica, né prima né dopo. Sorelle entrate a inizio giugno-fine luglio, ma legate a Rupnik, avevano potuto professare già al termine del mese ignaziano, il 31 luglio. Poi sono state subito nominate responsabili delle comunità». Erano probabilmente quelle che Rupnik riteneva “più fedeli”; ma è evidente l’irregolarità canonica di queste professioni. Tra queste fedelissime risultano tre sorelle, che Rupnik avrebbe poi scelto per portarle con sé a Roma e dare vita al Centro Aletti: Maria Campatelli, attuale direttrice, Michelina Tenace e Manuela Viezzioli, alle quali si aggiungerà, in un secondo momento, Marina Štremfelj.
È interessante notare che sono circa venti le sorelle che professano tra l’88 e il ‘91; e venti è anche il numero delle sorelle che “Anna” ritiene esser state abusate da Rupnik. Tra queste professe risulta anche Michelina Tenace, consultore dal 2018 al Dicastero per la Dottrina della Fede, nonché compagna di studi alla Gregoriana, insieme a Rupnik e Ivanka, del Cardinale De Donatis. De Donatis che, lo ricordiamo, ha riconosciuto nel giugno 2019 il Centro Aletti come Associazione pubblica di fedeli (e dal 1994 al 2019 che cosa è stata la comunità del Centro Aletti?). La Tenace è inoltre curiosamente nativa di San Marco in Lamis, paese da cui proviene anche la donna anonima, vicinissima alla Comunità, che avrebbe dovuto iniziare “Klara” al rapporto a tre (vedi qui). Difficile pensare che la Tenace non la conosca. Forse anche questo aspetto andrebbe chiarito da chi di dovere.
Dopo queste professioni, nel mese di agosto avviene il grande scontro tra Ivanka Hosta e Marko Rupnik. I due si trovavano in Polonia e, secondo alcune fonti interne, la rottura si sarebbe giocata attorno alla storia di “Anna” e di quella sorella – cui “Anna” accenna nell’intervista – che si sarebbe rivolta a Ivanka per raccontarle la propria storia di abusi con Rupnik. Durante questo acceso litigio, Rupnik avrebbe minacciato di “distruggere la Comunità”. Tra settembre e ottobre si registra una chiamata a rapporto di tutte le sorelle da parte di Ivanka: era partita la conta, per capire chi stava con lei e chi invece voleva andarsene. E da questo momento il suo stile di governo diventa ossessivamente controllante e autoritario.
Alla luce di quanto emerso negli ultimi mesi sugli abusi di Rupnik, la domanda che molte all’interno della Comunità Loyola si stanno facendo riguarda la ragione di questa estremizzazione del comportamento di Ivanka. Forse ha scoperto di non essere l’unica a vivere un legame “speciale” con Rupnik? O forse il terrore che quanto denunciato da “Anna” e dall’altra sorella potesse essere reso noto l’ha spinta ad una sorveglianza compulsiva? O ancora, la paura che Rupnik trasformasse la sua minaccia in realtà l’ha portata ad un controllo maniacale di ogni tipo di relazione?
Fatto sta che diverse sorelle della Comunità accusano il clima di esasperato controllo, al punto che tra di loro si faceva e si fa fatica a parlare dei problemi interni. Rivelano anche una strategia tesa ad isolare gli elementi interni ritenuti “pericolosi”, sui quali si scaricava sistematicamente la responsabilità delle tensioni. Le famiglie di origine delle sorelle subivano poi una critica sistematica e aspra, mentre al contrario la famiglia di Ivanka era idealizzata come famiglia modello. Vale la pena ribadire che il commissariamento in atto è stato motivato proprio da questi abusi da parte di Ivanka nei confronti delle religiose.
Un commissariamento che però non sembra seguire una linea chiara e che appare ad oggi in stallo. Mons. Libanori, designato come Commissario e dunque a tutti gli effetti attuale superiore della Comunità Loyola, è da mesi che non dà sue notizie. In un primo momento aveva comunicato a vari membri che la Comunità sarebbe stata sciolta nel giro di poco tempo. La motivazione era piuttosto seria: il carisma risulta inesistente e le Costituzioni si mostrano inadeguate a causa di gravi problemi teologici e formali. Un canonista riferisce che si tratta di un testo ad maiorem gloriam della superiora generale! Manca, per esempio, la fondamentale separazione tra foro esterno e foro interno, che il Diritto canonico esige e tutela e che è decisiva proprio per evitare una manipolazione psicologica e di coscienza. Eppure queste Costituzioni avevano ricevuto il via libera della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, prima di essere approvate dal vescovo di Lubiana il 27 settembre del 1994.
In un secondo momento, le religiose si vedono arrivare una bozza di nuove Costituzioni, la cui stesura Libanori avrebbe affidato ad un canonista. Ma nessuno all’interno della Comunità intende recepirle. Da allora silenzio completo, mentre la comunità risulta letteralmente spaccata in due: da una parte le sorelle “fedelissime” di Ivanka; dall’altra quelle che non riescono più a sopportare questa situazione e chiedono che si faccia luce sulle vicende che hanno coinvolto la Comunità dai primi anni ad oggi. E si ponga fine a questo sistema oppressivo. Al più presto.
Il timore che serpeggia tra di loro è che tutto venga insabbiato, come per Rupnik. C’è più di un sospetto che la Comunità goda di protezioni molto in alto. D’altra parte è piuttosto singolare che una comunità così piccola sia riuscita a piazzare ben quattro membri in posti importanti: Giovanna Maria Colombo risulta consultore del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, e Giudice del Tribunale Interdiocesano di Prima Istanza di Bamako (Mali); Alenka Arko è membro dal 2014 della Commissione Teologica Internazionale; Federica Dotti è Promotore di giustizia al Tribunale arcidiocesano di Braga (Portogallo); e Michelina Tenace, come accennato, è consultore al Dicastero della Dottrina della Fede.
Sorelle prese in mezzo da un braccio di ferro tra Rupnik e la fondatrice, tra la volontà del primo di imporsi e manipolare le religiose, e la rivendicazione della seconda di poter andare avanti da sola. E una parte consistente della Comunità, circa la metà, che sembra rivelare lo stesso atteggiamento del Centro Aletti nei confronti di Rupnik: le accuse a Ivanka sarebbero tutte montature per screditare la fondatrice.