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IL PAPA A CUBA

«Non si servono le ideologie, ma le persone»

Più di 500mila persone alla messa celebrata dal Papa nella Plaza de La Revoluciòn, a L'Avana. Francesco ha messo in guardia dalla facile tentazione del cadere nel «servizio che si serve»,  e ha concluso la sua omelia con un messaggio: «Non si servono le ideologie, ma le persone».

Varela e Martí, due eroi ma non del castrismo   di Marco Respinti

Ecclesia 20_09_2015
L'incontro tra papa Francesco e Fidel Castro

Sabato 20 settembre è stata la prima giornata di Papa Francesco a Cuba, con la Messa e l’Angelus di fronte a mezzo milione di persone in Plaza de la Revolución, e in serata gli incontri con i sacerdoti e i giovani. Il Papa si è rallegrato del fatto che, grazie anche agli sforzi della diplomazia vaticana, il mondo si apra a Cuba. Ma ha chiesto anche a Cuba di aprirsi al mondo, con un esame di coscienza improntato al principio secondo cui il vero servizio al popolo «non è mai ideologico», rispetta la libertà religiosa e «non serve idee ma persone».

Il viaggio era iniziato il 19 settembre con la cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale dell’Avana, in cui il Papa aveva voluto salutare anche «tutte quelle persone che, per diversi motivi, non potrò incontrare e tutti i cubani dispersi nel mondo». Francesco ha ricordato i precedenti viaggi a Cuba di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, nonché l’ottantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche, mai interrotte, fra Cuba e Santa Sede, e ha auspicato che «la Chiesa continui ad accompagnare ed incoraggiare il popolo cubano nelle sue speranze, nelle sue preoccupazioni, con libertà e tutti i mezzi e necessari per far giungere l’annuncio del Regno fino alle periferie esistenziali della società».

La Vergine della Carità del Cobre, proclamata Patrona di Cuba esattamente cento anni fa da Papa Benedetto XV, «ha accompagnato la storia del popolo cubano, sostenendo la speranza che custodisce la dignità delle persone nelle situazioni più difficili e difendendo la promozione di tutto ciò che conferisce dignità all’essere umano». Questa devozione felicemente, ha detto Francesco, non diminuisce ma cresce, e il Papa è venuto a pregare la Madonna per Cuba, «perché percorra sentieri di giustizia, di pace, di libertà e di riconciliazione».

«Geograficamente, Cuba è un arcipelago che si affaccia verso tutte le direzioni, con uno straordinario valore come “chiave” tra nord e sud, tra est e ovest. La sua vocazione naturale è quella di essere punto d’incontro». San Giovanni Paolo II aveva chiesto nella sua visita del 1998 che «Cuba si apra con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e il mondo si apra a Cuba». Quanto al mondo, la Santa Sede ha operato per la «normalizzazione» delle relazioni con gli Stati Uniti, e Francesco si rallegra della positiva conclusione di un processo cui la diplomazia vaticana molto ha contribuito. «Il mondo ha bisogno di riconciliazione in questa atmosfera di terza guerra mondiale “a pezzi” che stiamo vivendo», ha detto il Papa, e le relazioni diplomatiche, l’incontro, il dialogo pur non essendo la soluzione di tutti i problemi sono sempre un utile punto di partenza.

Se il mondo si apre a Cuba, Cuba deve aprirsi al mondo. Nell’omelia della Messa il Papa è partito, come fa sempre, dal Vangelo del giorno, dove Gesù rimprovera i discepoli che si erano messi a discutere su chi, tra loro, fosse il più grande. Da un certo punto di vista, ha detto il Papa, la domanda è tipicamente umana. È «una domanda che ci accompagnerà per tutta la vita e alla quale saremo chiamati a rispondere nelle diverse fasi dell’esistenza. Non possiamo sfuggire a questa domanda, è impressa nel cuore. Ho sentito più di una volta in riunioni famigliari domandare ai figli: “A chi volete più bene, al papà o alla mamma?”. È come domandare: chi è più importante per voi? Questa domanda è davvero solo un semplice gioco per bambini? La storia dell’umanità è stata segnata dal modo di rispondere a questa domanda».

Gesù in realtà «non teme le domande degli uomini; non ha paura dell’umanità, né dei diversi interrogativi che essa pone. Al contrario, Egli conosce i “recessi” del cuore umano, e come buon pedagogo è sempre disposto ad accompagnarci». Gesù assume le nostre domande, ma «dà loro un nuovo orizzonte. Fedele al suo stile, riesce a dare una risposta capace di porre una nuova sfida, spiazzando le “risposte attese” o ciò che era apparentemente già stabilito. Fedele al suo stile, Gesù pone sempre in atto la logica dell’amore. Una logica capace di essere vissuta da tutti, perché è per tutti». Nel Signore non c’è nulla di gnostico. Il Pontefice spiega che «l’orizzonte di Gesù non è per pochi privilegiati capaci di giungere alla “conoscenza desiderata” o a distinti livelli di spiritualità». Gesù entra nei problemi di tutti, di tutti i giorni, ma lo fa con «una proposta che fa sempre sì che la quotidianità abbia un certo sapore di eternità».

Chi è il più grande? Gesù spiazza i discepoli con la sua risposta: «Se uno vuole essere il primo – ossia il più grande – sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35). Commenta Francesco: «Chi vuole essere grande, serva gli altri, e non si serva degli altri!». «E questo è il grande paradosso di Gesù. I discepoli discutevano su chi dovesse occupare il posto più importante, su chi sarebbe stato il privilegiato – ed erano i discepoli, i più vicini a Gesù, e discutevano di questo! –, chi sarebbe stato al di sopra della legge comune, della norma generale, per mettersi in risalto con un desiderio di superiorità sugli altri. Chi sarebbe asceso più rapidamente per occupare incarichi che avrebbero dato certi vantaggi. E Gesù sconvolge la loro logica dicendo loro semplicemente che la vita autentica si vive nell’impegno concreto con il prossimo, cioè servendo».

Ma che cosa significa servire? Significa, «in gran parte, avere cura della fragilità. Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo». Sono le «persone in carne e ossa, con la loro vita, la loro storia e specialmente la loro fragilità, che Gesù ci invita a difendere, ad assistere, a servire». Gesù denuncia un servizio falso, quello che «“si” serve degli altri. Esiste una forma di esercizio del servizio che ha come interesse il beneficiare i “miei”, in nome del “nostro”. Questo servizio lascia sempre fuori i “tuoi”, generando una dinamica di esclusione».

Tutti siamo chiamati «al servizio che serve e ad aiutarci a vicenda a non cadere nelle tentazioni del “servizio che si serve”». Questi problemi, ha detto il Papa, esistono anche a Cuba. Ai cubani ha ricordato che «il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone». Il popolo cubano non ha bisogno di «progetti che possono apparire seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi ti sta accanto». In effetti «chi non vive per servire, non serve per vivere». Non c’è bisogno di ideologie, ma di cura genuina delle persone e del bene comune.

I cristiani, ha detto il Papa nell’Angelus, devono dare l’esempio. Devono imparare da Maria a vedere «Gesù in ogni uomo sfinito sulla strada della vita; in ogni fratello affamato o assetato, che è spogliato o in carcere o malato. Insieme alla Madre, sotto la croce, possiamo capire chi è veramente “il più grande”, e che cosa significa essere uniti al Signore e partecipare alla sua gloria». Impariamo da Maria alle Nozze di Cana la delicatezza della cura perché «a nessuno manchi il vino dell’amore nuovo, della gioia che Gesù ci offre».

Oltre che a Cuba, il Papa ha rivolto lo sguardo anche alla Colombia, chiedendo che «il sangue versato da migliaia di innocenti durante tanti decenni di conflitto armato, unito a quello di Gesù Cristo sulla Croce, sostenga tutti gli sforzi che si stanno facendo (…) per una definitiva riconciliazione. E così la lunga notte del dolore e della violenza, con la volontà di tutti i colombiani, si possa trasformare in un giorno senza tramonto di concordia, giustizia, fraternità e amore, nel rispetto delle istituzioni e del diritto nazionale e internazionale, perché la pace sia duratura». In Colombia, ha detto Francesco, «non possiamo permetterci un altro fallimento in questo cammino di pace e riconciliazione». Anche lì la menzogna delle ideologie dovrebbe cedere il passo alla vera cura per le persone.

Dopo la Messa l'atteso incontro con Fidel Castro: il colloquio, al quale era presente anche la moglie di Fidel, è durato quasi trenta miniuti.