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L'insegnamento

Non modernisti ma luce del mondo, la chiamata dei cristiani

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Come cristiani siamo chiamati a risalire la china della fede in una società che nega Dio e propone un’antropologia di tipo totalitario. E alla ripresa del modernismo nella Chiesa bisogna rispondere con l’evangelizzazione. Pubblichiamo una conferenza di mons. Negri in occasione di un convegno in sua memoria, incentrato sulla DSC.

Ecclesia 26_10_2024

Oggi, sabato 26 ottobre, si svolge a Milano, nella Cripta dell’Aula Magna dell’Università Cattolica, il convegno “Una via per costruire il bene comune. La Dottrina sociale della Chiesa alla luce del contributo di mons. Luigi Negri”.

Partecipano il cardinale Willem Jacobus Eijk, arcivescovo metropolita di Utrecht e primate d’Olanda, e Sante Maletta, docente di filosofia della politica all’Università di Bergamo; introduce Giulio Luporini, presidente dell’associazione culturale Tu Fortitudo Mea. In sintonia con il tema, pubblichiamo ampi stralci della conferenza sui principi non negoziabili tenuta da monsignor Luigi Negri (1941-2021), a Torino, il 14 ottobre 2017.

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C’è una china da risalire. Dobbiamo risalire questa china a causa della distruzione di una grande tradizione, religiosa e culturale, che è il vanto della nostra civiltà cristiana ed europea. Il vanto di una concezione della fede che è l’affermazione della presenza di una vita nuova. La fede è una vita nuova che il Signore Gesù Cristo, che l’ha sperimentata in prima persona e in pienezza, dona a tutti quelli che credono in Lui. La fede non è una serie di formulazioni ideologiche.

Il Concilio Vaticano II, quando riflette sull’esistenza di una società senza Dio, nella Gaudium et spes, dice che in una società senza Dio l’uomo diventa inevitabilmente «particella di materia o cittadino anonimo della città umana»: manipolazione scientifico-tecnologica, manipolazione socio-politica.

Noi dobbiamo perciò risalire la china, cioè risalire questa grande tradizione di cui siamo figli e che ci condiziona ancora positivamente. Anche se questa enorme pressione anticristiana in cui viviamo rischia di farcela sentire, a noi stessi per primi, molto lontana, inattingibile. O come dicono adesso, in un modo terribile come equivocità, ma molto diffuso nel mondo cattolico, un grande ideale ma non applicabile, non attuabile. Questo grande ideale non più attuabile è per esempio il matrimonio cristiano, la famiglia cristiana, la dedizione reciproca uomo-donna; e perciò occorrerebbe qualche cosa di più quotidiano, di meno impegnativo e lo si verrebbe a formulare a partire da osservazioni di carattere psicologico, affettivo, sociologico.

Questa grande tradizione invece afferma che Dio ama la vita; Dio è l’amante dell’esistenza e gioca la sua Presenza nel mondo attraverso Gesù Cristo e nel mistero della Chiesa come una permanente sollecitazione ai cristiani a riconoscere che la vita è una cosa grande perché scaturisce dalla gratuità di Dio e prende forma nella gratuità della vita di ciascun uomo che non ha voluto nascere e che perciò non deve voler morire. Questa è una tradizione bellissima e grandissima che è stata demolita, e che si presentava come un mondo nuovo che vive nel mondo, un’umanità nuova che vive nel mondo, una capacità di intervento che giudica con chiarezza il mondo in cui viviamo, evidenziandone gli aspetti negativi, quelli che il Concilio chiama «strutture di peccato», e insieme l’emergenza di quelle grandi esigenze positive che caratterizzano l’esperienza umana, nonostante tutto, in qualsiasi momento.

Che cosa appare ai nostri occhi oggi? Il confronto e lo scontro tra chi ama la vita e chi pone, nel modo più articolato e più subdolo, il suo interesse nella negazione della vita. Come mai prima d’ora, il confronto è tra Dio che ama la vita e il mondo dominato dal demonio che vuole la fine della vita. Dobbiamo sentirci chiamati a una responsabilità grande, quella di recuperare i termini della Dottrina sociale della Chiesa. Ma la china che dobbiamo riprendere è la china della nostra fede, è la china di un mondo in cui è stata ed è volontariamente respinta la fede, e combattuta la presenza di Cristo e della Chiesa. Siate cristiani, siate veramente cristiani. Recuperate la forza della fede, che è una capacità di giudizio e di azione. Recuperate la grandezza della fede che ha una concezione dell’uomo e della storia, che si pone quindi dentro la realtà non con un giudizio negativo, ma con un giudizio che, rivelando gli aspetti positivi e negativi del mondo, rende possibile a coloro che vivono in questo mondo, se vogliono, di aderire all’avvenimento cristiano e farlo proprio. Ma è pur necessario dire che cosa è venuto a rendere più faticoso questo risalire la china, perché il popolo italiano risaliva la china, stava risalendo la china grazie alla grande educazione che aveva ricevuto dal magistero dei Papi fino ad oggi.

Cos’è accaduto? Cosa è venuto a rendere più faticoso questo cammino? Una concezione diversa della fede e della Chiesa, una concezione che non è nata oggi, che ha anch’essa una sua tradizione. Si può e si deve parlare apertamente di modernismo perché c’è stata negli ultimi anni una ripresa vigorosa e inaspettata di un modernismo che la Chiesa pensava di avere, in qualche modo, superato, ma non è vero.

Oggi il modernismo parla dalle cattedre delle facoltà teologiche, parla nell’ambito di molte esperienze o di molte presenze che dovrebbero essere magisteriali e, quindi, preoccupate della chiarezza e, invece, sono fonte di confusione. Il modernismo è una concezione della Chiesa come realtà chiusa in sé, che caratterizza l’esperienza singolare di alcuni o di gruppi ma non ha una forza innovatrice. Si potrebbe dire che, per tanto mondo cattolico, il mondo va bene così com’è: il mondo non deve essere giudicato e trasformato; il mondo deve essere aiutato, deve essere sostenuto e aiutato. Sostenuto e aiutato che cosa significa? Sostenuto nei bisogni sostanzialmente materiali, psicologici, affettivi, culturali. Al mondo non viene più proposta la straordinaria esperienza di una novità umana e storica che non ci sarà solo l’ultimo giorno – l’ultimo giorno sfolgorerà nella sua assolutezza e, quindi, trascenderà ogni immagine che noi possiamo avere del Paradiso –, ma si conquista giorno dopo giorno, e accompagna la vita del cristiano.

Non possiamo accettare di essere, accanto a questo mondo, silenziosi sui gravi errori umani e storici che questo mondo compie oggi, riducendoci soltanto a offrire un aiuto, un’assistenza. Il mondo non ha bisogno di assistenza, ha bisogno di una trasformazione. E noi invece ci stiamo riducendo e affannando a fornire ai bisogni umani una nostra risposta e siamo tutti lieti, come cristiani, quando quello che noi facciamo sembra rispondere alle necessità materiali. Ho chiesto in questi anni: ma non avete la sensazione che noi così accettiamo una concezione materialistica della vita?

Se la Chiesa rinuncia all’evangelizzazione, tradisce Dio; può anche illudersi di servire l’uomo, ma non è neanche vero che serva l’uomo, perché quello che dominerà nel giro di qualche decennio, con buona pace di tutti noi, saranno gli esiti di quella visione dell’umanità che sembra rinascere oggi: l’eugenetica hitleriana. Pensate un po’: dopo che si va a cercare il fascismo e il nazismo in ogni dove, non ci si rende conto che l’antropologia e, quindi, la concezione della vita che sta diventando dominante, e che potrà essere addirittura imposta per legge, è un’antropologia di carattere totalitario.

Allora occorre riprendere vigorosamente il senso della nostra identità cristiana: quella che si sta combattendo è una battaglia tra la verità della fede e la falsificazione della fede. E la verità della fede non è detto che debba essere più chiara in coloro che guidano, piuttosto che in coloro che sono guidati. Ho fatto per quindici anni il Vescovo in due diocesi diversissime, ma nelle quali ho imparato tantissimo. L’ho imparato dal popolo cristiano, dal popolo degli umili, dei poveri, dalle donne del Rosario. L’ho imparato alle feste dei santi e alle feste mariane. Se non ci fosse stato il sistematico culto a Maria, forse la fede si sarebbe perduta nel nostro mondo. Un consiglio: se la guida delle vostre comunità vi appare inadeguata a ciò di cui voi avete bisogno, dite con chiarezza che avreste bisogno d’altro e, nella misura in cui sapete crearvelo attraverso la trama di rapporti e di compagnie, che nel mondo cristiano, per fortuna, sono sempre state una grande risorsa, datevi questo aiuto. È necessario che ciascuno di noi prenda sul serio la propria responsabilità di essere la luce del mondo e il sale della terra. Dovete recuperare la grande tradizione cristiana di cui siete figli, dovete vivere con chiarezza critica la difficoltà del momento che viviamo; soprattutto dovete riprendere quella tradizione di presenza cristiana che, mentre rende lieta la nostra vita, ci fa comunicare gioia a tutti quelli che incontriamo.