Noli me tangere, il lieto dramma in blu di Giotto
Nelle due scene di Giotto ad Assisi e Padova è la drammaticità dell’intenso dialogo racchiuso nell’incrocio degli sguardi. Maria di Magdala deve accettare di lasciare andare Gesù: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre”. E medesima è la profondità del blu cobalto del cielo sul quale, però, a Padova si staglia il vessillo del Cristo in cui, con assoluta certezza, riconosciamo il “Vincitor Mortis”.
Giotto di Bondone, Noli me tangere, Assisi – Basilica Inferiore
“Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!»” Gv 20, 16
Magdala era un villaggio di pescatori sul lago di Tiberiade. Da lì proveniva Maria, la discepola di Gesù protagonista di uno tra gli episodi più commuoventi del racconto evangelico della Resurrezione. L’alba primaverile in cui, di fronte alla sepoltura vuota, riconosce il suo Signore sentendosi chiamare per nome, è un soggetto caro alla tradizione figurativa cristiana, diffusosi, dal Trecento in poi, di pari passo alla devozione nei suoi confronti.
Alla santa è dedicata una delle cappelle della Basilica Inferiore d’Assisi, la terza sulla destra, voluta dal vescovo Tebaldo Fontano e interamente affrescata, tra il 1307 e il 1308, da Giotto e dai suoi collaboratori. Sulle pareti, distribuite su più registri e inserite tra cornici di gusto cosmatesco, sette storie raccontano la sua vita.
L’incontro tra la Maddalena e il Cristo avviene sullo sfondo di un paesaggio essenziale e completamente brullo, se non fosse per la presenza di rari alberelli sulla cima della collina: solo l’incedere di Gesù può fare rinascere la vita che qui rispunta nel tappeto erboso che fiorisce sotto i Suoi passi. Sulla sinistra, due angeli sono seduti sulla tomba scoperchiata: il candore delle loro vesti rifulge sulla pietra rosata che assume il colore del primo chiarore del giorno.
Uno di loro indica Maddalena che si getta in ginocchio ai piedi del Maestro, gli occhi fissi in Colui che, poco prima, aveva, scambiato per un giardiniere, le braccia protese per raggiungere il suo amato “Rabbunì”. Il gesto di Cristo è perentorio: la blocca con la mano, prima che lei possa sfiorarlo. Il pittore fa compiere al Risorto, dipinto su scaglie dorate a significare la Sua nuova dimensione spirituale, una rotazione del busto che richiama l’eleganza di modelli classici. Accenna, nel movimento, una direzione che rende esplicita l’imminente uscita di scena di Gesù il quale, però, mosso a compassione – “Donna, perché piangi?”- si gira un’altra volta e chiama la Sua discepola per nome: “Maria!”
Ad Assisi Giotto cita se stesso replicando, con qualche accorgimento, lo schema iconografico adottato qualche anno prima agli Scrovegni. A Padova, erano presenti anche le guardie addormentate accanto al sepolcro. Il loro sonno serviva a esprimere la condizione degli uomini che, pur avendo visto, non hanno saputo riconoscere il Figlio di Dio.
Giotto di Bondone, Noli me tangere, Padova – Cappella degli Scrovegni
Medesima, nelle due scene, è la drammaticità dell’intenso dialogo racchiuso nell’incrocio degli sguardi. Maria deve accettare di lasciare andare Gesù: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre”. E medesima è la profondità del blu cobalto del cielo sul quale, però, a Padova si staglia il vessillo del Cristo in cui, con assoluta certezza, riconosciamo il “Vincitor Mortis”.