Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Francesco Antonio Fasani a cura di Ermes Dovico
LA STORIA

«Noi, italiani sfollati in fuga da Kiev: che strazio i papà respinti»

«Una bomba all'alba, la vista straziante di mariti e papà respinti alla frontiera, i colleghi arruolati, i vicini che non abbiamo potuto caricare, le chat di scuola diventate di guerra, i compagni di classe allertati per le mine». Dopo tre giorni di fuga rocambolesca dall'Ucraina, il racconto alla Bussola di Federico, infermiere cremonese che vive da 4 anni a Kiev con la moglie Elisa e i nove figli come missionario del Cammino Neocatecumenale. «Abbiamo lasciato tutto, ora siamo in Italia, ma ci sentiamo sfollati. Però quanta Provvidenza intorno a noi. Ma torneremo, perché dobbiamo continuare ad annunciare che Cristo ci vuole salvi».

- L'UE CHIUDE RT E SPUTNIK di Gianfranco Amato

Attualità 04_03_2022

Sono italiani, ma nella loro Cremona è come se fossero sfollati perché hanno bisogno di tutto. A Kiev, infatti, hanno lasciato gli amici e i colleghi, i libri di scuola dei loro nove figli, i vestiti, gli elettrodomestici. La vita dei loro ultimi quattro anni e un progetto di evangelizzazione che promettono non si fermerà perché «noi vogliamo tornare».

Negli occhi adesso hanno solo le immagini strazianti degli ucraini richiamati alla guerra e impediti a proseguire oltre la frontiera con la Polonia. Una fuga dalla capitale ucraina durata due giorni, quella di Federico Telò, di sua moglie Elisa Manfredini e dei loro nove figli. Nella loro esperienza di missionari del Cammino neocatecumenale, Federico ed Elisa, entrambi quarantenni e in attesa del decimo figlio, non avrebbero mai immaginato che un giorno avrebbero incontrato la guerra e dovuto lasciare l’Ucraina all’alba di una fredda mattina, dopo essersi svegliati dal sordo rumore di un bombardamento.

«Nelle tre settimane precedenti avevamo deciso di restare – spiega Federico in questa intervista alla Bussola – perché anche la guerra poteva essere un segno della nostra presenza missionaria di evangelizzazione, ma quando abbiamo sentito la forte esplosione a circa 20 km da Kiev, abbiamo capito che non potevamo esporre i bimbi a ulteriori rischi».

A KIEV PER IL VANGELO

Federico aveva chiesto a Elisa di preparare negli zaini dei bimbi lo stretto necessario per affrontare un viaggio verso l’Italia lungo, incerto e pericoloso. E, in appena un’ora, si sono ritrovati a fuggire assieme a buona parte della popolazione di Kiev che ha subito intasato le superstrade giovedì 24 febbraio in direzione ovest. Hanno messo in moto il loro Renault Trafic e sono partiti. In questa testimonianza alla Bussola, Federico racconta quello che ha visto della guerra con lo sguardo di chi, per amore del Vangelo, era arrivato in Ucraina a portare la testimonianza del Cristo Risorto e invece si è trovato a vedere crollare tutto improvvisamente.

Federico, un passo indietro. Da quando siete in Ucraina?
Dal 2018, ci siamo conosciuti nel 2000 facendo il Cammino neocatecumenale, ci siamo donati e ci siamo aperti alla vita. La decisione di venire in Ucraina è stata presa per rispondere alla richiesta del Cammino di vivere una missio ad gentes a Kiev.

Così avete lasciato tutto?
È difficile capire questa scelta se non si entra nella dinamica dell’annuncio di come Gesù abbia cambiato le nostre vite. Una famiglia che lascia tutto per Gesù è capace di una grande testimonianza. Così, il vescovo di rito latino, vedendo la crescente scristianizzazione ha richiesto una missio e siamo partiti. Io sono infermiere, Elisa è operatrice socioassistenziale.

Destinazione Kiev?
Tramite il rettore del seminario di Kiev abbiamo trovato un’abitazione a Proliski, un paesino lontano da Kiev, siamo stati lì un paio d’anni, dal 2020 siamo a Kiev.

PROVVIDENZA E TENSIONI

Ha trovato lavoro?
Abbiamo vissuto di provvidenza e ho fatto qualche lavoretto saltuario. Non ci è mancato nulla, anzi, a cominciare dalla ricerca della casa abbiamo assistito a dei veri e propri prodigi. La Provvidenza apre i cuori delle persone.

Ma la vostra famiglia è molto numerosa. Come avete fatto?
Abbiamo ricevuto il necessario per vivere e per pagare l’affitto, vedere Dio all’opera anche per uno come me che ha sempre pianificato tutto è stato stupefacente. Ma lo è stato anche per chi incontravamo. Tutti erano stupiti: “Ma come? – ci chiedevano – tutti lasciano l’Ucraina per andare in Italia e voi fate l’inverso?”. Lo stesso è accaduto quando ci siamo trasferiti a Kiev.

Dove abitate?
A Holosiyvsky Raion, un quartiere residenziale. L’abbiamo trovato grazie a fratelli del Cammino un bell’appartamento che ci possa ospitare tutti dignitosamente. E qui abbiamo anche vissuto i mesi della pandemia.

Come è andata a Kiev?
L’Ucraina è in guerra da otto anni, gli ucraini sono abituati a tutto. Non si scompongono

Le tensioni però sono aumentate negli ultimi mesi…
L'anno scorso sono comparsi i primi ammassamenti russi al confine, contemporaneamente alle richieste dell’Ucraina di entrare nella Nato e in Europa.

Non avete mai corso rischi?
No, anzi, devo dire che finché la Farnesina non ha emesso l’invito alla partenza due sabati fa, non ci eravamo mai accorti di un reale pericolo.

Ma di un inasprimento del conflitto non si parlava?
Coi colleghi si parlava della guerra, ma che potesse iniziare un’invasione come questa, no. Era una possibilità che tutti gli ucraini escludevano fino a pochi giorni prima dell’irruzione dell'esercito russo.

Perché avete deciso di rimanere anche dopo l’invito della Farnesina?
Perché pur sapendo che non puoi controllare la situazione internazionale, finché non c’era un cambiamento concreto nella nostra vita era giusto rimanere. Come potresti giustificare ai colleghi di lavoro che te ne vai mentre annunci che Gesù ha vinto la morte? Ce ne siamo andati solo quando le bombe hanno costretto tutti a cambiare la loro vita.

Anche gli altri membri della missione?
Anche le coppie spagnole. Abbiamo sofferto tutti per la partenza, col corpo siamo via, ma con la mente siamo là, ci sono i nostri fratelli. In Ucraina ora è rimasto soltanto il presbitero e una famiglia.

LA BOMBA, POI LA FUGA

Ci racconti il momento della partenza?
Il condominio era in fibrillazione, non riesco a darmi pace per un rifiuto.

Quale?
4 vicini ci hanno chiesto un passaggio, ma noi eravamo già in 11 su un pulmino da 9. Ho dovuto dire di no, mi piangeva il cuore.

È stato difficile uscire da Kiev?
Sì. La Zhitomirska che è una delle arterie principali della città era già intasata. Ci abbiamo messo quattro ore a uscire dalla città.

E che cosa avete visto?
Di tutto. Bancomat presi d’assalto, negozi di alimentari intasati, code chilometriche ai distributori. Abbiamo benedetto il Cielo di aver avuto l’auto piena di carburante e dei contanti nel portafogli. La gente andava a piedi lungo la strada fuggendo dalla città.

E voi avevate chiaro dove andare?
No. Polonia o Ungheria? Non avevamo idea, abbiamo tirato a sorte. È uscito Polonia e ci siamo diretti verso Leopoli.

Com’è stato il viaggio?
Per arrivare alla frontiera ci abbiamo messo 18 ore, lungo la strada c’erano barricate di cemento e mitragliatrici che fino al giorno prima non c’erano. Nell’altro senso di marcia, verso Kiev una fila interminabile di mezzi militari.

Come hanno retto i bambini?
Sono stati sostenuti dalla preghiera e sono stati bravissimi, nella fretta non abbiamo preso né giochi né film. Se sono stati bravi è perchè sono stati accompagnati dall’Alto.

ADDII STRAZIANTI

Quando siete arrivati al confine?
Alle 23 del giovedì. 18 ore dopo la partenza, solitamente ce ne vogliono sei. Per certi tratti si andava a passo d’uomo, Elisa mi svegliava con una gomitata ogni volta che la marcia riprendeva. È stato estenuante.

Avete cercato da dormire?
Non era proprio il caso. Siamo rimasti in auto tutta la notte in fila, a mezzogiorno del venerdì siamo passati davanti alla dogana di Krakovetz col passaporto.

Facevano passare tutti?
No, è qui che abbiamo visto la scena più straziante.

Cosa?
La mattina del venerdì è stato diramato l’ordine di guerra che richiamava alle armi tutti gli adulti maschi. Quello che abbiamo visto è stato lacerante, i bambini ci hanno visto piangere: respinti dalla polizia di frontiera perché colpiti dalla coscrizione obbligatoria, gli uomini scendevano dall’auto con un trolley e se ne andavano a piedi. Il momento dei saluti tra marito e moglie e figli è stato lancinante. Poi le mogli con a bordo i bambini salivano a bordo e passano la frontiera. Non dimenticherò mai l’angoscia nei loro volti.

Arrivati in Polonia?
Abbiamo visto un Paese molto accogliente e premuroso, ma noi dovevamo arrivare il prima possibile in Italia. Abbiamo fatto tappa a Vienna da una famiglia del Cammino.

Vi hanno ospitato?
Ospitato è poco. Ci hanno aperto il cuore donandoci amore e gioia, hanno asciugato le nostre lacrime. Anche la pace che abbiamo ricevuto da questi fratelli è stata stupefacente: ci hanno rifocillato, aiutato spiritualmente e materialmente. Poi abbiamo fatto rotta per casa.

«A CASA NOSTRA COME SFOLLATI»

E ora?
Ora ci sentiamo come sfollati. La casa è la nostra, ma manchiamo di tutto: vestiti, cibo. Ma la Provvidenza non tarda. Oggi ci hanno portato un’affettatrice, poi un’asciugatrice, insomma, ci sentiamo accolti, siamo a casa da tre giorni, ma abbiamo già ricevuto molto.

Che contatti avete con l’Ucraina?
Continuo a rivedere i volti uno a uno, non so dove siano. Stavamo facendo un cammino post cresima con gli adolescenti, con noi si aprivano, ma non sappiamo dove sono.

I COLLEGHI AL FRONTE, LE CHAT DI GUERRA

E i colleghi?
Non lo so, tutti avevano lasciato Kiev per mettere al sicuro la famiglia ma sapevano che sarebbero tornati per combattere. Non li ho più sentiti.

E i vostri figli hanno dei legami?
Tutti i compagni di classe, ma le chat di classe ora sono occupate da comunicazioni di urgenza per ricerca gruppi sanguigni o ostetriche per i parti in metropolitana. Le chat ormai sono diventate gruppi di guerra, riceviamo gli allarmi dei bombardamenti e strane indicazioni per mettere in guardia i bambini dal non raccogliere degli oggetti che sembrano dei telefonini.

E che cosa sono?
Dicono che siano mine antiuomo.

RUSSIA O EUROPA?

Che cosa pensa del dibattito su Ucraina russa o europea?
L’Ucraina è l’Ucraina. Nel centro di Kiev, come piazza Maidan o Santa Sofia ti senti in Europa, ma tutt’attorno sembra di essere ancora in Unione Sovietica, con i palazzoni enormi, senza cura per l’uomo. Le racconto un aneddoto.

Prego?
Prima di trasferirci nel 2018 abbiamo fatto un viaggio per renderci conto di dove andavamo a vivere…

Ebbene…?
Fu un trauma vedere dalla finestra questi palazzoni senza gusto. Ricordo che dissi: “Signore, noi veniamo per fare la tua volontà, ma che ci piaccia almeno…. Deve essere così brutta la tua volontà?”. Invece ci ha stupito ancora una volta Lui. Si è compiuto un miracolo, quando ci siamo trasferiti si è compiuto un miracolo: il nostro cuore era già cambiato.

Putin ha detto che l'Ucraina e la Russia sono lo stesso popolo?
Il 90% a Kiev parla ancora russo, ma ogni zona è diversa, il 90% a Leopoli parla ucraino, ma in questi anni è partita una fortissima campagna per far desiderare agli ucraini l’Europa. E' un paese con due facce: accanto a strade perfettamente asfaltate ci sono vie secondarie con buche da distruggere un fuoristrada. Anche solo i mezzi di trasporto non sono adeguati, con l’autista che passa il resto di mano in mano al passeggero…

E che cosa percepiva di Zelenski, il presidente attore?
Il sentimento popolare non era positivo, Zelenski aveva promesso cose che non ha mantenuto e il suo appeal era in caduta. 

Ad esempio?
Aveva promesso che avrebbe dichiarato guerra ai privilegi e alla corruzione…

E invece?
Invece non ha fatto nulla e nel frattempo la situazione economica è peggiorata.  Un fatto mi ha colpito recentemente.

Che cosa?
La strada dell’aeroporto un giorno si è completamente interrotta perché stava passando un oligarca. La gente che doveva andare al lavoro ha ritardato perché doveva passare questo signore con un corteo imbarazzante, compresa l’ambulanza al seguito. Impossibile entrare in Europa con questi standard.

Ora però Zelenski sta apparendo come un combattente…
Infatti credo che questo atteggiamento gli stia facendo guadagnare molto consenso.

Che frutti portate a casa?
I frutti sono l’amore di Dio che ha avuto per noi e per questo popolo forte. Abbiamo visto che il Signore ama davvero tutti, gli ultimi soprattutto, ci vuole salvi e ci aspetta per la vita eterna.