«No alla confusione fra famiglia e altre unioni»
In un discorso alla Rota Romana papa Francesco ha sottolineato con forza che «non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione». Ha inoltre messo in guardia contro annullamenti troppo facili dei matrimoni canonici, chiarendo in senso restrittivo dubbi interpretativi sulla recente riforma del diritto canonico sulle nullità matrimoniali. Pubblicato anche il messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali.
Il 22 gennaio 2016 Papa Francesco ha inaugurato l’anno giudiziario della Rota Romana e ha presentato il suo messaggio per la Cinquantesima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, formalmente datato 24 gennaio. Francesco ha approfittato dell’incontro con i giudici rotali per sottolineare con forza che «non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione» e mettere in guardia contro annullamenti troppo facili dei matrimoni canonici. Nel messaggio sulla comunicazione ha mostrato il nesso fra comunione e misericordia, ripetendo però che la misericordia non ci esime dal «condannare con fermezza il male».
«La famiglia e la Chiesa - ha detto il Papa ai giudici rotali - su piani diversi, concorrono ad accompagnare l’essere umano verso il fine della sua esistenza. E lo fanno certamente con gli insegnamenti che trasmettono, ma anche con la loro stessa natura di comunità di amore e di vita. Infatti, se la famiglia si può ben dire ‘chiesa domestica’, alla Chiesa si applica giustamente il titolo di famiglia di Dio. Pertanto, lo ‘spirito famigliare’ è una carta costituzionale per la Chiesa: così il cristianesimo deve apparire, e così deve essere». Il Sinodo, ha insistito il Pontefice, è stato convocato principalmente per riproporre la bellezza della famiglia. E ha indicato «al mondo» che la famiglia «voluta da Dio» e fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna non va mai confusa con «ogni altro tipo di unione». Il vero matrimonio, dal canto suo, ha «la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna», chiamati «a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale».
Il Papa è anche intervenuto sulla recente riforma del diritto canonico sulle nullità matrimoniali, con importanti precisazioni. La Rota Romana resta il «Tribunale della verità del vincolo sacro». Deve certo mostrare l’«amore misericordioso di Dio verso le famiglie, in particolare quelle ferite dal peccato e dalle prove della vita», ma senza mai smettere di proclamare «l’irrinunciabile verità del matrimonio secondo il disegno di Dio».
Chiarendo dubbi interpretativi, Francesco ha spiegato che «la qualità della fede [dei nubendi] non è condizione essenziale del consenso matrimoniale, che, secondo la dottrina di sempre, può essere minato solo a livello naturale». Dunque «le mancanze della formazione nella fede e anche l’errore circa l’unità, l’indissolubilità e la dignità sacramentale del matrimonio viziano il consenso matrimoniale soltanto se determinano la volontà», e «gli errori che riguardano la sacramentalità del matrimonio devono essere valutati molto attentamente». Infatti, la grazia che deriva dal Battesimo «continua ad avere influsso misterioso nell’anima, anche quando la fede non è stata sviluppata e psicologicamente sembra essere assente»: quegli sposi che al momento delle nozze hanno «una coscienza limitata della pienezza del progetto di Dio» potranno acquisirla nella successiva vita familiare. I corsi prematrimoniali dovrebbero essere un «nuovo catecumenato» per favorire questo processo virtuoso e scongiurare le nullità del matrimonio.
Non è forse casuale che, nello stesso giorno, Papa Francesco abbia difeso la nozione cristiana del matrimonio contro equivoci sulla misericordia, e proposto un messaggio sul rapporto tra comunicazione e misericordia per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. La misericordia, scrive il Pontefice, si manifesta in modo speciale nella comunicazione. «Ciò che diciamo e come lo diciamo, ogni parola e ogni gesto dovrebbe poter esprimere la compassione, la tenerezza e il perdono di Dio per tutti. L’amore, per sua natura, è comunicazione, conduce ad aprirsi e a non isolarsi. E se il nostro cuore e i nostri gesti sono animati dalla carità, dall’amore divino, la nostra comunicazione sarà portatrice della forza di Dio».
La Chiesa è il primo soggetto della comunicazione della misericordia. «In particolare, è proprio del linguaggio e delle azioni della Chiesa trasmettere misericordia, così da toccare i cuori delle persone e sostenerle nel cammino verso la pienezza della vita, che Gesù Cristo, inviato dal Padre, è venuto a portare a tutti. Si tratta di accogliere in noi e di diffondere intorno a noi il calore della Chiesa Madre, affinché Gesù sia conosciuto e amato; quel calore che dà sostanza alle parole della fede e che accende nella predicazione e nella testimonianza la “scintilla” che le rende vive».
La parola che comunica misericordia porta pace e perdono. «Le parole possono gettare ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli. E questo sia nell’ambiente fisico sia in quello digitale. Pertanto, parole e azioni siano tali da aiutarci ad uscire dai circoli viziosi delle condanne e delle vendette, che continuano ad intrappolare gli individui e le nazioni, e che conducono ad esprimersi con messaggi di odio».
È possibile – ed è anche la grande sfida di oggi – mantenere la doverosa lealtà alla verità e «condannare con fermezza il male» e nello stesso tempo «non spezzare mai la relazione e la comunicazione», lasciando aperta la porta anche a chi sbaglia. Francesco cita Shakespeare nel «Mercante di Venezia»: «La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve».
Vale anche per i politici e i giornalisti, nei conflitti nazionali e internazionali. «È facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio. Ci vuole invece coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura». E vale per la Chiesa. «Come vorrei che il nostro modo di comunicare, e anche il nostro servizio di pastori nella Chiesa, non esprimessero mai l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare! La misericordia può aiutare a mitigare le avversità della vita e offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio».
Attenzione però. «Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato» ma nello stesso tempo «non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore. È nostro compito ammonire chi sbaglia, denunciando la cattiveria e l’ingiustizia di certi comportamenti, al fine di liberare le vittime e sollevare chi è caduto». È nostro compito «annunciare la verità e condannare l’ingiustizia». Ma dobbiamo «affermare la verità con amore (cfr Ef 4,15). Solo parole pronunciate con amore e accompagnate da mitezza e misericordia toccano i cuori di noi peccatori. Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa».
Il Papa lo sa. «Alcuni pensano che una visione della società radicata nella misericordia sia ingiustificatamente idealistica o eccessivamente indulgente. Ma proviamo a ripensare alle nostre prime esperienze di relazione in seno alla famiglia. I genitori ci hanno amato e apprezzato per quello che siamo più che per le nostre capacità e i nostri successi. I genitori naturalmente vogliono il meglio per i propri figli, ma il loro amore non è mai condizionato dal raggiungimento degli obiettivi. La casa paterna è il luogo dove sei sempre accolto». La famiglia è il luogo dell’ascolto. «Ascoltare non è mai facile. A volte è più comodo fingersi sordi. Ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui. Nell’ascolto si consuma una sorta di martirio, un sacrificio di sé stessi in cui si rinnova il gesto sacro compiuto da Mosè davanti al roveto ardente: togliersi i sandali sulla “terra santa” dell’incontro con l’altro che mi parla (cfr Es 3,5). Saper ascoltare è una grazia immensa, è un dono che bisogna invocare per poi esercitarsi a praticarlo».
«Anche e-mail, sms, reti sociali, chat possono essere forme di comunicazione pienamente umane. Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione». Le reti sociali non vanno demonizzate: «sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi. L’ambiente digitale è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale». L’accesso alle reti sociali «comporta una responsabilità per l’altro, che non vediamo ma è reale, ha la sua dignità che va rispettata. La rete può essere ben utilizzata per far crescere una società sana». L’incontro tra la comunicazione e la misericordia «è fecondo nella misura in cui genera una prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa. In un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità».