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LIBERTÀ RELIGIOSA

Nigeria, esiste una "questione cristiana"

L'ennesima strage di cristiani ripropone la realtà delle persecuzioni. Che dovrebbe interessare la politica, se davvero si vuole costruire la pace.

Editoriali 10_04_2012
Attentato in Nigeria
Sta purtroppo diventando una brutta consuetudine: a Natale e Pasqua attentati davanti alle chiese cristiane. Anche questa volta è toccato alla Nigeria, 38 morti nella città settentrionale di Kaduna, responsabili – molto probabilmente – i fondamentalisti islamici di Boko Haram, di cui ci siamo già occupati in diverse occasioni. La Nigeria è ormai diventata uno dei punti più critici negli attacchi contro i cristiani, è in atto una vera e propria escalation di violenze che punta alla pulizia etnica del nord del Paese. E qualcosa del genere sta avvenendo anche in Mali, in uno scenario complessivo anche peggiore, come viene ben spiegato nell’articolo odierno di Anna Bono.

Ma ascoltando queste notizie, oltre al dolore, ci assale un senso di impotenza perché sembra impossibile poter fare qualcosa per fermare queste persecuzioni, così come quelle pressioni che da decenni ormai stanno provocando un’emorragia di cristiani dal Medio Oriente, con una accelerazione negli ultimi anni.

Certo, davanti a questi episodi il primo impegno, il più importante, è la preghiera: perché il Signore sostenga questi nostri fratelli; perché risparmi loro così gravi sofferenze; perché apra il cuore dei loro persecutori; perché noi possiamo imparare dalla testimonianza di questi martiri contemporanei.

Anche informarsi e informare su quanto accade a tanti cristiani nel mondo è importante: fare conoscere ciò che avviene, portare alla luce la violenza, è un primo passo per rendere meno sicura la mano dell’assassino che, nell’ignoranza e nell’indifferenza del mondo, può colpire con tranquillità.

Nello stesso tempo non si può ignorare l’importanza dell’azione politica e quindi anche la necessità di una pressione sui nostri governanti. Tanto più che la preoccupazione per la sorte dei cristiani nel mondo sembra essere proprio scomparsa dall’orizzonte di questo governo. E’ bene ribadirlo ancora una volta: dal punto di vista politico non è una questione di tifo, di difesa d’ufficio di chi porta la nostra stessa casacca; né è soltanto la preoccupazione per la sistematica violazione dei diritti umani in tante parti del mondo contro la stessa minoranza religiosa. Si tratta invece di comprendere che la cancellazione della comunità cristiana da un territorio allontana la possibilità di pace, perché i cristiani non hanno rivendicazioni territoriali e perché sono gli unici che possono fare da ponte tra comunità in conflitto. Inoltre, ovunque i cristiani sono motore dello sviluppo, che è un’arma importante per perseguire la pace.

Sono questi purtroppo elementi ignorati anche dal nostro presidente del Consiglio, Mario Monti, nella sua visita appena compiuta in Medio Oriente. E’ stato senz’altro significativo che egli abbia voluto partecipare alla messa nella chiesa del Santo Sepolcro, ma la presenza cristiana in Terrasanta non può essere ridotta soltanto alla offerta di pratiche religiose, magari commoventi, di cui usufruiscono i pellegrini occidentali. La presenza dei cristiani – in Terrasanta come in Nigeria, in Pakistan come in Iraq – è fondamentale per il futuro di questi paesi e di queste regioni, e per questo deve essere al centro di ogni serio discorso politico.