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L'ANALISI DELLA CRISI

Niger, un intervento militare farà esplodere il Sahel

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Le potenze internazionali osservano con preoccupazione il Niger. Ma sanno che un’azione militare non farà altro che destabilizzare la Nigeria, potenza regionale poco amata dai paesi limitrofi per le sue tendenze egemoniche.

Esteri 07_08_2023

È scaduto a mezzanotte di domenica l’ultimatum fissato dalla Comunità Economica degli Stati dell'Africa occidentale (CEDEAO o ECOWAS) per indurre la giunta militare golpista del Niger a riconsegnare il potere nelle mani del presidente Mohamed Bazoum. L’organizzazione regionale africana ha già applicato, come Francia e Unione europea, sanzioni economiche al Niger (uno dei paesi più poveri del mondo) per indurre i golpisti a desistere bloccando il flusso di aiuti economici e i programmi di assistenza militare tesi a rafforzare le truppe nigerine che da anni combattono l’insurrezione jihadista.

Proprio la Nigeria sembra voler premere per un intervento militare contro i golpisti anche se rischia di doverlo effettuare da sola o affiancata solo da contingenti simbolici degli altri paesi della regione, diversi dei quali (Mali, Guinea e Burkina Faso) sostengono la giunta golpista nigerina e le cui giunte militari soffrono da tempo le sanzioni dell’ECOWAS.

Altre nazioni della regione, pur condannando il golpe a Niamey, non intendono dare il via a un conflitto che spaccherebbe l’Africa Occidentale e il Sahel. Ufficialmente l’ECOWAS ha confermato il 5 agosto la disponibilità a intervenire militarmente probabilmente sostenuta dalla Francia che schiera in Niger 1.500 militari che i golpisti hanno di fatto invitato a lasciare il Paese entro un mese, come previsto dal trattato di cooperazione militare del 1977, dopo aver denunciato tutti gli accordi con la Francia e sospeso lo status giuridico che autorizzava i militari francesi a operare in territorio nigerino. 

Per la Francia, le cui truppe sono state cacciate negli ultimi tempi da Mali, Burkina Faso e Repubblica Centrafricana, un ulteriore smacco in Niger avrebbe ripercussioni gravissime sulla credibilità militare e politica e sugli interessi economici di Parigi in Africa. Il Ministero degli Esteri francese ha sottolineato ieri il suo forte sostegno agli sforzi dell'ECOWAS per riportare al potere il presidente Mohamed Bazoum. 

La giunta golpista ha invece chiesto aiuto alla società militare privata russa Wagner (già presente nei paesi circostanti a sostegno dei governi di Bamako, Bangui e Ouagadougou) che secondo alcune fonti starebbe valutando la proposta ma che potrebbe avere già inviato decine di combattenti a Niamey a bordo di un grande aereo da trasporto giunto ieri all’aeroporto della capitale.

Benché Mosca non si sia espressa a favore dei golpisti, a Niamey si sono registrate anche ieri manifestazioni popolari a favore della giunta militare con migliaia di persone che mostravano bandiere russe riempendo lo stadio di Niamey da 30 mila posti, arringati dal generale Mohamed Toumba, uno dei leader del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria (CNSP).

La pretesa del presidente nigeriano Bola Tinubu di guidare un’operazione militare in Niger sta sollevando molte resistenze nella stessa Federazione Nigeriana, dove gli stati settentrionali temono di venire sconvolti da una nuova guerra dopo quella contro gli insorti jihadisti di Boko Haram che insanguina da anni ampie aree del Paese coinvolgendo parte dei 100 mila militari dell’esercito nigeriano (i nigerini dispongono invece di 30 mila militari cui si affiancano 15mila membri di Gendarmeria e Guardia Nazionale).

Nigeria Newspapers Online, citato da Agenzia Nova, ha riportato che nel dibattito a porte chiuse in Senato ad Abuja i rappresentanti di sette Stati del Nord (Sokoto, Kebbi, Katsina, Zamfara, Jigawa, Yobe e Borno) che condividono il confine di 1.500 chilometri col Niger, hanno respinto la proposta di un intervento militare a Niamey.

Il sito Legit sostiene che «almeno il 90% del Senato nigeriano ha respinto la richiesta» di Tinubu «di invadere la Repubblica del Niger». La circostanza è rilevante in quanto la Costituzione della Nigeria impone che le truppe non possano combattere all'estero senza la preventiva approvazione del Senato, tranne in casi di "rischio o pericolo imminente" per la sicurezza nazionale.

Per i senatori l’esercito nigeriano è mal equipaggiato e non preparato a combattere una guerra. «I senatori ritengono che il governo federale dovrebbe concentrarsi sulle minacce di Boko Haram invece di contemplare l'idea di entrare in guerra in un Paese straniero», ha detto un senatore al quotidiano Premium Times.

Inoltre tali notizie confermano come un’azione militare in Niger possa non solo dividere le nazioni aderenti all’ECOWAS ma anche destabilizzare la Nigeria, potenza regionale peraltro poco amata da diversi paesi limitrofi per le sue tendenze egemoniche. 

«La democrazia deve essere ripristinata, con la diplomazia o con la forza» ha detto il generale Christopher Gwabin Musa, Capo di stato maggiore della Difesa nigeriana, in un’intervista al New York Times pur aggiungendo che «non c'è bisogno di una guerra. Questo porterebbe altra distruzione. Culturalmente, religiosamente, siamo quasi uguali. Sarebbe come combattere contro un fratello». In Nigeria molti esprimono scetticismo per un intervento militare in Niger definito «costoso, irrealizzabile e che porterebbe a conseguenze controproducenti per l'Africa occidentale», da un rapporto visionato dal quotidiano Premium Times e realizzato dal centro studi strategici OSPRE.

Studio che raccomanda all’ECOWAS di vietare azioni militari anche a forze straniere non africane (con un chiaro riferimento al rischio di un blitz francese) poiché «un'azione militare precipitosa contro il nuovo regime destabilizzerà sicuramente il Niger e, per estensione, il Sahel».

Per il ministro algerino degli Esteri algerino, Ahmed Attaf «un intervento militare in Niger aggreverebbe la situazione, rendendola più complicata e più pericolosa per il Paese e per l'intera regione». Algeri condanna il colpo di stato contro il legittimo presidente e ne chiede il ritorno in carica ma non intende né partecipare né avvallare un’azione militare contro Niamey. «Un intervento militare potrebbe incendiare l'intera regione del Sahel e l'Algeria non userà la forza con i suoi vicini», ha detto Il presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune. 

Nonostante queste valutazioni improntate alla cautela la Banca mondiale ha deciso di sospendere i finanziamenti programmati per il Niger, ad eccezione degli aiuti destinati al settore privato. Le sanzioni dell’ECOWAS provocano continui blackout a Niamey, Maradi e Zinder come ha reso noto la compagnia elettrica del Niger, Nigelec, che in un comunicato afferma che questo è il risultato del taglio delle forniture della Nigeria, principale fornitore di elettricità al Niger.

Gli Stati Uniti, pur chiedendo il ripristino del governo legittimo, non sembrano voler arrivare allo scontro con i golpisti, forse per non favorire la penetrazione russa anche in Niger e per garantire la continuità la presenza di 1.100 militari americani presenti nel Paese per le operazioni contro i jihadisti e per addestrare le truppe nigerine.

Dopo l’intimazione alle truppe francesi di evacuare le basi in Niger entro 30 giorni il rischio che Macron ordini un blitz contro la giunta militare di Niamey resta concreto e mette in difficoltà anche la presenza del contingente italiano, ridimensionatosi in questi giorni a circa 250 militari dopo il rientro ieri di 65 uomini a bordo di un Boeing KC-767 dell’Aeronautica.  

La riduzione delle truppe ha l’obiettivo di aumentare gli spazi utilizzabili da civili che dovessero venire evacuati in emergenza nella base situata all’aeroporto di Niamey. Il ministero della Difesa ha fatto sapere per la prossima settimana sono stati già programmati ulteriori voli. 

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani si è espresso contro un’azione militare in Niger sostenendo la necessità di mantenere aperto il dialogo con i golpisti ma è probabile che un attacco francese (o franco-nigeriano) costringerebbe il contingente italiano all’evacuazione della Missione italiana bilaterale di supporto (MISIN) che dal 2018 ha addestrato 10mila militari e gendarmi nigerini nei centri di Niamey, Agadez e Arlit. 

Se non vi saranno attacchi militari, l’Italia potrà valutare se e come mantenere la presenza militare a Niamey (sempre che risulti gradita alla giunta golpista) anche dopo il ritiro dei francesi. Un’opportunità per potenziare il ruolo di Roma in una regione delicata ed esplosiva ma di rilevanza strategica tenendo anche conto che il Niger è interessato non solo dall’insurrezione jihadista ma anche da diversi traffici illeciti inclusi flussi di migranti illegali diretti verso le nostre coste.