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CONTINENTE NERO

Niger, golpe militare. La tragica eredità della guerra in Libia

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Un altro colpo di Stato in un Paese dell'Africa occidentale. Stavolta tocca al Niger, alleato della Francia e impegnato in una lunga lotta al jihadismo. La Guardia presidenziale ha rovesciato il presidente Bazoum.

Esteri 29_07_2023
Il discorso del generale Tchiani

«Noi valutiamo la guerra libica una minaccia per il nostro Paese e per la regione che si prolungherà negli anni a venire... Avevamo messo in guardia l’Occidente dal distruggere lo Stato libico… Avevamo detto all’Occidente di non perdere di vista la realtà e di tenere conto della società libica. L’Unione Africana aveva proposto una soluzione che facesse uscire di scena Gheddafi preservando lo Stato e l’unità nazionale, ma non siamo stati ascoltati e oggi la Libia è come la Somalia, come aveva previsto l’Unione Africana».

Mohamed Bazoum, il presidente del Niger rimosso da un golpe militare il 27 luglio, rilasciò queste dichiarazioni nel corso di una lunga intervista pubblicata da Analisi Difesa e concessa all’autore di questo articolo a Niamey nel giugno 2014, quando ricopriva l’incarico di ministro degli Esteri.

Nove anni dopo anche Bazoum, come i presidenti di Mali, Ciad e Burkina Faso, è stato travolto dall’ondata di destabilizzazione, in gran parte di matrice islamista, generata da quella sciagurata guerra con cui Occidente e NATO hanno gettato l’intero Sahel nel caos, minando anche gli interessi dell’Italia e dell’Europa.

L’errore compiuto nel 2011 e la successiva incapacità occidentale di sanare i guai combinati e stroncare le insurrezioni islamiste, ci viene fatto pagare oggi con la progressiva instaurazione in Africa sub sahariana di governi e giunte militari ostili all’Occidente e orientate a puntare sulla Russia (e la Cina) per garantirsi sviluppo e sicurezza.

Uno scenario simile a quello che si registra nel mondo arabo dove oggi è marcato, soprattutto tra le monarchie del Golfo, il distacco dagli USA che sostennero con l’Amministrazione Obama le cosiddette “primavere arabe” che destabilizzarono o tentarono di destabilizzare regimi arabi tra i quali molti amici dell’Occidente (dalla Tunisia all’Egitto al Bahrein).

Ieri il generale Abdourahamane Tchiani, capo della Guardia Presidenziale, è stato proclamato nuovo leader del Niger secondo quanto affermato dalla TV nazionale che ha confermato la destituzione del presidente Bazoum. Tchiani dovrebbe quindi porsi alla testa del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (CNSP) istituito il 27 luglio con un proclama che ha stabilito la chiusura delle frontiere terrestri, dello spazio aereo e la proclamazione del coprifuoco notturno.

I militari hanno annunciato di aver rovesciato le istituzioni nazionali in seguito al "continuo degrado della situazione di sicurezza e della cattiva gestione economica e sociale" recita il comunicato firmato dal generale Salifou Mody in cui è ribadito il "rispetto di tutti gli impegni sottoscritti dal Niger".

Mody è l’ex capo di stato maggiore della Difesa rimosso dal presidente Bazoum nell’aprile scorso dopo una visita nel Mali retto da una giunta militare che ha allontanato dal paese le forze francesi, della Ue e dell’Onu ottenendo aiuti militari dalla Russia (armi, consiglieri militari e contractors del Gruppo Wagner) per combattere l’insurrezione jihadista.

Lo stesso percorso compiuto dal vicino Burkina Faso che con Mali e Niger condividono le difficoltà nella repressione degli insorti jihadisti sia legati ad al-Qaeda sia quelli fedeli allo Stato Islamico.

Tchiani, che Bazoum pare volesse rimuovere e che ha preso il 26 luglio il controllo del palazzo presidenziale e di altre sedi istituzionali della capitale, sembrava nelle prime fasi del golpe non aver trovato appoggi tra le forze armate che, anzi, avevano intimato alla Guardia Presidenziale di liberare Bazoum e desistere dal tentativo di golpe.

Nel compattare le forze militari e di sicurezza a supporto del colpo di Stato potrebbe aver avuto un ruolo il generale Mody, che nel giugno scorso era stato nominato ambasciatore negli Emirati Arabi Uniti senza che tuttavia avesse finora assunto l'incarico, come evidenzia la sempre ben documentata Agenzia Nova.

Nella situazione ancora caotica in Niger il ministro degli Esteri, Hassoumi Massoudou ha detto a France 24 che il tentativo di golpe "non è concluso", confermando l'esistenza di tentativi di mediazione regionali in corso che coinvolgono il presidente del Benin, Patrice Talon, incaricato di mediare nella crisi in corso a nome della Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (CEDEAO) e precisando al tempo stesso che i golpisti non sono sostenuti da tutti i militari né dal capo delle forze armate, il generale Abdou Sidikou Issa che ha sostituito Mody.

Valutazioni subito smentite dallo stesso Issa che ha annunciato l’adesione delle forze armate alla destituzione del presidente Bazoum al fine di evitare uno "scontro mortale" che potrebbe causare un "bagno di sangue" e mettere a rischio l’incolumità della popolazione, oltre che per preservare la coesione nell'ambito delle forze armate.

Anche i francesi sembravano ieri nutrire ancora dubbi circa l’esito del golpe militare. Il presidente Emmanuel Macron ha detto di aver parlato più volte con Bazoum che gli ha detto di essere "in buona salute" mentre il ministro degli Esteri, Catherine Colonna, ha sostenuto che la Francia non considera "definitivo" il "tentato" colpo di stato del 26 luglio pur anticipando che Parigi sosterrà eventuali sanzioni alla nuova giunta militare nigerina che venissero decise dalla CEDEA, simili a quelle già affibbiate a Mali e Burkina Faso.

Per la Francia la perdita del controllo sul Niger avrebbe effetti disastrosi non solo perché si aggiungerebbe alle sconfitte collezionate da Parigi in Mali, Burkina Faso e Repubblica Centrafricana ma soprattutto perché il Niger fornisce a Parigi a prezzi contenutissimi una quota rilevante dell’uranio utilizzato per alimentare le centrali nucleari francesi.

Inoltre il Niger è stato finora il bastione della presenza occidentale nel Sahel e dopo le defezioni di Mali e Burkina Faso e la difficile situazione in Ciad ha assunto un ruolo ancora più rilevante ricevendo forniture militari europee, statunitensi e turche.

In fondo l’aspetto più curioso del golpe in Niger è che i servizi segreti statunitensi ed europei e neppure quelli della Francia (l’ambasciata di Parigi a Niamey è proprio di fronte al palazzo presidenziale) abbiano previsto l’iniziativa eversiva dei militari. Difficile comprendere gli umori popolari in una nazione tra le più povere del mondo, grande oltre 4 volte l’Italia e con poco meno di 30 milioni di abitanti.

La sera del 26 luglio a Niamey alcuni sostenitori del presidente Bazoum e del Partito Nigerino per la Democrazia e il Socialismo (PNDS) hanno manifestato chiedendo la liberazione del presidente venendo dispersi da colpi esplosi in aria dalla Guardia Presidenziale. Il giorno successivo si sono registrate invece manifestazioni a favore del golpe e per il ritiro delle forze francesi dal Paese tra lo sventolio di bandiere russe e il saccheggio della sede del PNDS.

Elementi comuni con quanto accaduto negli ultimi anni in altri paesi dell’Africa Centrale e Sahel che hanno indotto molti osservatori a ipotizzare il ruolo di Mosca nel golpe militare. Per il momento non vi sono elementi a sostegno di questa tesi, a parte le dichiarazioni del capo della Wagner, Evgheny Prigozhin, che plaude all’emancipazione africana dal neocolonialismo occidentale.

Come ha sottolineato sul Washington Post il ricercatore John Lechner, specializzato sulla presenza della Wagner in Africa, non ci sono prove che la Russia o il gruppo Wagner siano direttamente coinvolti nel golpe in Niger e del resto Mosca ha chiesto come il resto della comunità internazionale la liberazione di Bazoum.

Europa e Usa si sono già espressi a favore del reintegro di Bazoum ma non c’è dubbio che il modello occidentale in Africa è posto in seria crisi dalla penetrazione russa che offre aiuti militari ed economici non condizionati da “riforme” e adesioni a modelli culturali diversi da quelli locali.

Sul piano militare anni di presenza militare occidentale non hanno sconfitto il jihadismo e non è certo un caso che siano state le élite militari a rovesciare i governi in Mali, Burkina Faso e Niger. L’ostilità manifesta ai golpisti sta già provocando qualche tensione con la Francia, accusata dalla giunta militare di aver violato lo spazio aereo facendo atterrare all'aeroporto di Niamey un suo aereo da trasporto militare A400M.

La giunta militare non ha invece denunciato l’atterraggio a Niamey di un aereo appartenente alla compagnia turca Ahlatcı Holding (società attiva in diversi settori inclusi finanza, miniere d’oro ed energia) proveniente da Istanbul. E’ presto per ipotizzare un ruolo russo nel golpe così come un ruolo della Turchia che pure negli ultimi tempi ha stretto forti rapporti militari con Niamey fornendo veicoli, aerei e droni.

L’Italia schiera 300 militari in Niger per lo più impegnati nell’addestramento delle forze locali e per Roma il paese del Sahel ha un ampio rilievo nella gestione dei flussi migratori illegali diretti in Libia e poi in Italia. 

“Sembra che dietro questo golpe ci sia ancora una volta la Russia” ha dichiarato ieri il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli. “In questo scenario in cui le dittature del mondo, con in testa la Russia, diventano sempre più pericolose, per noi è un dolore quello che è accaduto. Il presidente Mohammed Bazoum era una speranza per quella terra tanto martoriata. Speriamo che il popolo sappia reagire e che non tutti i militari seguano questa scelta scellerata del gruppo della Guardia presidenziale".

Dichiarazioni affrettate (il ruolo di Mosca, appunto, non trova per ora conferme) e al tempo stesso tardive (i militari appaiono tutti schierati coi golpisti), ma che difficilmente saranno utili a mantenere gli interessi e le prerogative italiane in Niger se la giunta militare a Niamey dovesse confermarsi pienamente in carica.