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Nicaragua, silenzio assordante sui cristiani

Álvaro Leiva Sánchez, segretario generale dell'Associazione nicaraguense per i diritti umani (ANPDH) ha scritto per la quarta volta a Papa Francesco per documentare la persecuzione dei cristiani. Sotto il regime sandinista di Ortega, preti vengono ingiustamente arrestati, fedeli intimiditi, Tv cattoliche soppresse. Il silenzio su questa repressione è assordante.

- LETTERA A PAPA FRANCESCO

Libertà religiosa 04_08_2022 Español
Murillo e Ortega

“Ci sono poche cose così assordanti come il silenzio. E dal 2018 ad oggi, il suo si sente nel cuore lacerato del gregge cattolico del Nicaragua”. L’ha detto a Papa Francesco l'avvocato nicaraguense Álvaro Leiva Sánchez, segretario generale dell'Associazione nicaraguense per i diritti umani (ANPDH), parafrasando lo scrittore e poeta uruguaiano Mario Benedetti, in una lettera del 25 luglio, nel tentativo di richiamare la sua attenzione sull’“escalation” dell'aggressione antireligiosa del regime di Ortega-Murillo.

È la quarta lettera che il difensore dei diritti umani invia al Pontefice, sia via mail che tramite corriere DHL, e assicura di non aver mai ricevuto risposta, “nemmeno per darmi la ricevuta di ritorno” (le precedenti sono state inviate il ​​1 settembre 2020, 5 luglio 2021 e 5 novembre 2021, come abbiamo riportato in passato).

Ma non si arrende, in questa occasione non solo chiede l'intervento del Pontefice, ma ha presentato anche un rapporto di 16 pagine con una descrizione dei fatti che mostrano “l'attuale aggravamento della crisi repressiva nei confronti della Chiesa Cattolica del Nicaragua”, che “soffre prigione, persecuzione e anche l'esilio”.

La Bussola Quotidiana ha avuto accesso esclusivo alla lettera scritta da Álvaro Leiva Sánchez, il quale ha spiegato che la situazione è così grave che “abbiamo ritenuto necessario inviare questa nuova lettera a Sua Santità, con copia al cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, affinché focalizzino la loro attenzione sul Nicaragua, in queste circostanze molto difficili di persecuzione, assedio, prigionia, contro i nostri sacerdoti e vescovi”.

Il difensore dei diritti umani in esilio in Costa Rica ha anche fatto “richiesta di prendere in considerazione, secondo le procedure di diritto canonico, la scomunica di Daniel Ortega e Rosario Murillo, poiché entrambi hanno fatto uso pubblico di un sincretismo religioso sui generis a proprio piacimento, secondo le circostanze politiche, e che hanno portato la popolazione in uno stato di confusione, che convalidano la pratica della stregoneria e inducono il popolo nicaraguense a vivere nel peccato”.

Ma ha evidenziato che il fatto più grave è accaduto il 4 maggio all'interno dell'Assemblea Nazionale del Nicaragua: hanno chiesto “ai deputati dell'Assemblea Nazionale, da loro controllata, l'approvazione di un rapporto in cui la Chiesa nicaraguense è accusata di aver partecipato a ‘un colpo di Stato’ e di esprimersi con ‘odio e malvagità’ contro i simpatizzanti del regime. Il testo legislativo raccomanda di giudicare i religiosi che hanno sostenuto le manifestazioni del 2018 - quando si è verificata l’esplosione sociale che chiedeva la fine del mandato dell'ex guerrigliero sandinista - e di confiscare i beni della Chiesa”, si legge nella lettera.

Parallelamente, descrive accuratamente le azioni repressive della dittatura nei confronti del settore clericale cattolico: “A titolo di esempio - nel momento in cui scrivo questa lettera- porto alla vostra attenzione quello che è successo alla Chiesa di San Juan Bautista, nella città di Masaya, tempio che dal 15 maggio di quest'anno è nel mirino dell’assedio della polizia e dei paramilitari, che hanno obbligato il parroco, Don Harving Padilla, a rimanere all'interno dell'edificio”.

Ha anche raccontato che il 18 maggio il sacerdote Uriel Vallejos, della parrocchia Divina Misericordia, che si trova nella città di Sébaco, ha denunciato sui suoi social network che, durante una visita alla Nunziatura apostolica in Nicaragua, “gli agenti della Polizia Nazionale hanno preso diverse foto e hanno aspettato che uscisse. Hanno chiesto i documenti all'autista e mi hanno chiesto i miei documenti personali, cosa a cui mi sono opposto perché non stavo guidando”.

Il vescovo della diocesi di Matagalpa e amministratore della diocesi di Estelí, monsignor Rolando Álvarez, ha denunciato che “gli agenti di polizia lo hanno seguito personalmente - irrompendo, di notte, nell'abitazione di una nipote a cui ha fatto visita - e che il 20 maggio si è rifugiato nella parrocchia di Santo Cristo de Las Colinas, dove rimane ancora sotto assedio illegale della polizia”. Ha riferito che il prelato ha annunciato l'inizio di uno sciopero della fame a tempo indeterminato, “finché la Polizia Nazionale confermerà, attraverso il presidente o vicepresidente della Conferenza episcopale, di rispettare la mia famiglia”.

E il 20 maggio, compiendo quattro giorni continui di aggressione anticlericale, “la società Claro, operatore di telefonia cellulare e televisione via cavo, ha informato attraverso un comunicato che, per ordine della dittatura, avrebbe dovuto spegnere il Canale 51”, proprietà della Conferenza Episcopale del Nicaragua.

Allo stesso modo, il portavoce dell'Anpdh ha denunciato che “il sacerdote Manuel Salvador García (57 anni) è stato detenuto violentemente nella sua abitazione, situata nella città di Carazo, dipartimento di Jinotepe. Si tratta del parroco della Chiesa del Calvario della città di Nandaime, dipartimento di Granada, uno dei preti più critici contro la dittatura”. Ha spiegato che prima del suo “arresto ingiustificato”, il sacerdote è stato vittima di “insulti e minacce” da parte dei sostenitori del regime, che hanno circondato il suo tempio. “Li ha affrontati verbalmente, brandendo un machete, nella Chiesa di Jesús de Nazareno, tempio sotto la sua custodia”. Oggi il sacerdote Garcia è in carcere, dopo una condanna di due anni di reclusione, per il reato di minaccia con un'arma.

D'altra parte, “nell'arco di 24 ore, due televisioni cattoliche sono state sospese dalla dittatura: TV Merced e Católico San José, rispettivamente il 26 e 27 giugno”. Il 29 giugno “il 29 giugno la dittatura ha revocato lo status giuridico dell'Associazione Missionarie della Carità, il gruppo di suore fondato da Santa Madre Teresa di Calcutta. Inoltre, ne ha ordinato l’espulsione dal territorio nicaraguense, per cui le 18 suore hanno deciso di recarsi in Costa Rica per chiedere protezione, dopo aver percorso quasi 150 chilometri tra Managua e il posto di frontiera meridionale di Peñas Blancas, sotto stretta sorveglianza della polizia”.

E come se non bastasse, il 14 luglio “gli agenti di polizia hanno occupato le strutture del Seminario minore di Nostra Signora di Asunción e della Scuola Privata Padre Adolfo Kolping, entrambi situati nella città occidentale di Masaya”. 

Infine, l'avvocato Álvaro Leiva Sánchez ha riferito di aver inviato insieme alla lettera anche l'ultimo rapporto di ANPDH, sulla crisi delle violazioni dei diritti umani in Nicaragua e le sue conseguenze, aggiornato al 20 maggio 2022. Gli attacchi alla Chiesa cattolica in Nicaragua non sono una novità; tuttavia, si parla poco di questo Paese che soccombe al terrore del leader del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN). Una dittatura dell'estrema sinistra “ha una somiglianza inconfutabile, ad esempio, con la sanguinosa dittatura militare di stampo nazista che in Argentina, per più di un decennio, ha torturato e ucciso migliaia di oppositori. Un regime che lei ha conosciuto personalmente come sacerdote”, ha spiegato a Papa Francesco.

Álvaro Leiva Sánchez ha concluso la comunicazione “implorando la grazia di un’udienza”, “per rinnovare le mie forze, riempire ancora una volta di fede questo cuore, che a volte si sente vuoto per la disperazione e la tristezza, di fronte a tanto dolore, ingiustizia e impunità che, come una croce pesante, travolgono i miei fratelli nicaraguensi”.