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POPULISMO

Nicaragua, i sandinisti prendono di mira la Chiesa

Nicaragua, domenica il vescovo di Estelì ha subito un agguato mortale da cui è miracolosamente rimasto illeso. Fino a sabato mattina i sandinisti assediavano una chiesa a Managua, per inseguire studenti dissidenti. Scene di repressione armata nel regime di Ortega, di estrema sinistra. La Chiesa è diventata un suo bersaglio privilegiato.

Esteri 18_07_2018
Managua, sepoltura degli studenti uccisi negli scontri

Nicaragua, domenica il vescovo di Estelì ha subito un agguato mortale da cui è miracolosamente rimasto illeso. Venerdì e sabato, la chiesa della Divina Misericordia è stata assediata e danneggiata. Ed è di appena una settimana fa l’aggressione di bande paramilitari all’arcivescovo di Managua, monsignor Brenes, il suo ausiliare mons. Silvio Baez e il nunzio apostolico in Nicaragua, Waldemar Stanisław Sommertag. La Conferenza Episcopale propone dialogo ed elezioni anticipate per il marzo del 2019, dopo che la situazione nel paese è precipitata. Le proteste scoppiate il 10 aprile scorso contro il governo sandinista e la conseguente repressione hanno ormai provocato morti nell’ordine delle centinaia. Come risposta alla mediazione della Chiesa, il presidente Ortega sta evidentemente dando briglia sciolta ai paramilitari, lasciando che questi attacchino i suoi esponenti. E colpiscano il dissenso fin dentro le chiese.

Il vescovo di Estelì, monsignor Abelardo Mata, 72 anni, è vivo per un soffio. Stando alle testimonianze raccolte dall’Osservatore Romano stava rientrando dalla provincia di Masaya verso Managua quando la sua auto è stata “crivellata da colpi d’arma da fuoco” a Nindirí, poco distante dalla capitale. Secondo un’intervista rilasciata da Roberto Pedray, stretto collaboratore di Mata, il vescovo è riuscito a mettersi in salvo insieme al suo autista, rifugiandosi in una casa. “Non è ferito e sono già protetti dalla polizia” ha aggiunto. Il vescovo rientrava a Managua da Tisma, vicino a Nindirí, nella provincia di Masaya, roccaforte storica dei sandinisti (è lì che iniziò la rivoluzione contro il dittatore Somoza, quarant’anni fa) e ora anch’essa nell’occhio del ciclone delle proteste. L’associazione nicaraguense per i diritti umani (Cpdh) si è dichiarata “profondamente preoccupata e costernata” dall’incidente e ha confermato che l’attacco è stato eseguito da “gruppi paramilitari che non rispettano nessuno”.

Non rispettano nemmeno le università e le chiese, stando a quanto è avvenuto lo scorso fine settimana. Venerdì scorso, i gruppi paramilitari fedeli al governo sandinista, hanno attaccato l’Università Autonoma Nazionale del Nicaragua, occupata dagli studenti in rivolta da due mesi, quasi dall’inizio della protesta contro Ortega. Secondo testimonianze locali, i paramilitari avrebbero anche usato armi da guerra. Il numero dei feriti e l’uccisione di due studenti sono la dimostrazione della violenza dell’assalto. Un centinaio di studenti si è allora rifugiato nella chiesa della Divina Misericordia. Ma i paramilitari hanno inseguito i dissidenti e hanno posto la chiesa sotto assedio, senza farsi scrupoli di sparare anche contro l’edificio religioso. Nella notte di venerdì, grazie alla mediazione del cardinal Brenes, arcivescovo di Managua, 14 studenti feriti sono stati evacuati subito. Poi, la mattina del sabato sono stati evacuati anche tutti gli altri, su autobus e ambulanze.

Solo una settimana prima, il 9 luglio, era stato lo stesso cardinal Brenes l’oggetto dell’odio sandinista. In un’aggressione documentata anche su queste colonne, nel nostro blog Cristiani Perseguitati, il cardinale, il suo ausiliare e il nunzio apostolico sono stati aggrediti dai picchiatori governativi e insultati con epiteti come “vermi controrivoluzionari”, “traditori” e “agenti di Trump”, tipici della propaganda di estrema sinistra. L’aggressione nei loro confronti è arrivata, fra l’altro, al culmine di una crisi che durava da giorni a Diriamba. Stavano infatti portando aiuto e conforto alla popolazione locale che da due giorni e due notti viveva nel terrore per gli scontri e le violenze. In tanti si erano rifugiati nella chiesa di san Bartolomeo, assediata. Brenes e i due prelati erano diretti lì, ma sono stati bloccati a San Sebastian dagli aggressori. E nella chiesa di San Sebastian dove si era rifugiato un gruppo di francescani “accusati” di aver cercato di curare dei feriti.

Sembra uno scenario da guerra civile. Il numero delle vittime parla chiaro, sia la stima più prudente che quella più grave. Secondo la stima più prudente dell’Inter-American Human Rights Commission, dal 10 aprile ad oggi in Nicaragua si contano 264 morti. Secondo l’associazione nicaraguense per i diritti umani Anpdh, invece, i morti sarebbero già 351 e 2100 i feriti. Secondo lo studio, dei 351 morti accertati 306 erano civili, 28 paramilitari, 16 agenti di polizia, uno apparteneva all’esercito. Il rapporto di Anpdh rivela inoltre che 329 persone sono state sequestrate e 68 torturate dopo essere state catturate dalla polizia e dai paramilitari in diverse aree del paese. La repressione si sta intensificando da quando il governo sandinista ha lanciato l’Operacion Limpieza, per lo smantellamento delle barricate nelle città.