Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Agnese da Montepulciano a cura di Ermes Dovico

ORA DI DOTTRINA / COMPITI ESTIVI

Newman: Distacchiamoci dal mondo, volgiamoci al Dio vero

Nel mese di agosto sospendiamo le video-lezioni di catechismo, ma proponiamo alcune letture di santi, dottori e padri della Chiesa che approfondiscono alcuni dei temi già trattati in questi mesi. Cominciamo oggi con un brano di san John Henry Newman, che spiega come siano inconciliabili la logica della fede e la logica del mondo.

Catechismo 07_08_2022
Il cardinale John Henry Newman

J. H. Newman, Sermoni su temi di attualità. Sermoni all’Università di Oxford, ESD 2004, pp. 98-102.

Sermone VII su temi di attualità– La fede e il mondo.

Di fronte ad uno svuotamento della fede cristiana di ciò che esprime il primato e l’esclusività di Dio per declinarsi sempre di più in una morale dei doveri verso questo mondo, John Henry Newman, all’epoca ancora membro della chiesa anglicana, aveva voluto mettere in guardia i suoi uditori. La logica del mondo e la logica della fede sono inconciliabili. La prima, decisamente maggioritaria, ritiene il culto di Dio come qualcosa di inutile, superfluo, non adatto all’epoca moderna; la seconda non cessa di dedicare a Dio quel culto esclusivo che gli è dovuto, nel modo che gli è dovuto. Qualunque sia il parere contrario del mondo.

[…] Basta entrare nel mondo, starci anche un solo giorno e tener nota di quanto si può osservare nel viaggiare e trascorrere un giorno o una notte fra stranieri, o in un albergo; e si capirà… cosa ne è di questo argomento, di cui la società si fa bella; che cioè la religione non è necessaria per questo mondo, e quindi non è di grande importanza.

[…] gli uomini di mondo non negano l’esistenza e la potenza di Dio. No; essi (forse non sempre a parole, ma implicitamente) sostengono non che non ci sia una guida onnipresente da cui dipendono, ma negano nel loro cuore tutto quello che può voler dire religione o culto; negano i loro doveri verso Dio; negano la sua esistenza personale e la sua soggezione a Lui. E se si trovano obbligati ad ammettere l’esistenza di un dovere religioso, escono a dire – tanto per sbarazzarsi del discorso in modo insincero, frivolo o cinico, se non beffardo – che la religione migliore è “adempiere i propri doveri in questo mondo”, perché è questo il vero culto a Dio; in altri termini, che il proprio dovere sta nella ricerca del denaro, del credito, del potere, dell’autogiustificazione. Questa miscredenza si presenta in varie forme. Ad esempio, molte persone difendono apertamente l’intento di ascendere nella scala sociale e ne parlano con approvazione come di una onorevole ambizione […] Altri ancora considerano che il loro dovere sia semplicemente quello di far soldi per la famiglia. Così il soldato pensa che la sua religione sia combattere per il suo re; per lo statista, quando è incontaminato, è invece servire la nazione. Il culto a Dio, come tale in quanto distinto dal prestar servizio al mondo, non è in alcun modo riconosciuto. Fede, speranza, amore, devozione, sono vuoti nomi; un qualche idolo visibile viene collocato al posto di Dio.

E potrà così essere defraudato l’Onnipotente di ciò che gli è dovuto? Permetterà che i seducenti sofismi del mondo, contro i quali ci ha messo sull’avviso, possano valere per noi come scusa nell’ultimo giorno? Sarà sufficiente per assolverci di fronte al suo Giudizio dall’imputazione di aver trascurato la sua Parola, l’aver creduto al mondo? […] Non è forse la nostra vera e propria vocazione cristiana, vivere per fede? Se non è così, chiamarci cristiani si riduce a uno scherzo. Il mondo promette che, se abbiamo fiducia in lui, non possiamo sbagliarci. Perché? Perché sono così in tanti, ci sono in esso talmente tanti individui, che la ragione dev’essere dalla loro. Sembra voler dire: “Dio non può punire così tanta gente”. […]

Pensano che questo mondo è un male troppo grande, perché Dio lo punisca; o piuttosto che non è un male, proprio perché è troppo grande. Non possono capacitarsi dell’idea che Dio permetta a un male così grande di esistere, come il mondo sarebbe, se è male; e quindi, poiché lo permette, non è un male. Invano la Scrittura assicura che è un male, anche se Dio lo permette. Invano l’intero Salterio, dall’inizio alla fine, proclama e protesta che il mondo è contro la verità, e che i santi devono soffrire. Invano gli Apostoli ci dicono che il mondo è intriso di malvagità; invano Gesù stesso dichiara che larga è la via che conduce alla perdizione, e che molti sono quelli che entrano per essa. Invano i Profeti ci dicono che alla fine i santi possiederanno il regno – sottintendendo che non lo possiedono ora. Invano vi è stato il grande giudizio del Diluvio; invano la morte improvvisa dei primogeniti dell’Egitto, e delle schiere di Sennacherib.
No, non vogliamo credere; le parole del Tentatore risuonano nelle nostre orecchie: “Voi certamente non morirete!” e noi ci giochiamo i nostri interessi eterni sulla vista e sulla ragione, piuttosto che sulla Parola di Dio rivelata. […]

Perché non vogliamo imparare fin d’ora quello che scopriremo con certezza, e cioè che il numero non è forza? Non c’è mai stato un errore più grande che supporre che i molti debbano essere necessariamente più forti dei pochi; al contrario, il potere per essere tale dev’essere concentrato e uno solo. Dio è uno. Le genti insorsero; i popoli si infatuarono; i re e i capi della terra si strinsero la mano e congiurarono insieme; e il Cristo era uno. Questa è la legge divina. “Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza… un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Padre di tutti”. No; il numero degli empi sarà soltanto di aggravio alla loro miseria; sovraffollerà il loro carcere.

Distacchiamoci dunque dal mondo, multiforme e vario qual è; lasciamolo seguire i suoi artifizi, e volgiamoci al Dio vero e vivente, che si è rivelato a noi in Gesù Cristo. Teniamo per certo che egli è più vero del mondo intero, anche se tutti i suoi abitanti a una sola voce parlassero contro di lui. E se dubitiamo dove stia la verità, preghiamolo di aprirci gli occhi; preghiamolo di darci umiltà, così da cercare in modo giusto; onestà, così da non perseguire secondi fini; amore, così da desiderare la verità; e fede, così da accettarla. Cosicché, quando giungerà la fine, e le moltitudini che si son date la mano nel fare il male saranno punite, possiamo essere fra quelli che […] vengono “liberati”.

Sbarazziamoci di tutte le scuse, di ogni disonestà e insincerità, di qualsiasi leggerezza di coscienza, auto-inganno, ritardo nel pentimento. Possiamo essere colmi di un solo desiderio: piacere a Dio; e se abbiamo questo, lo dico con sicurezza, non saremo più ingannati dal mondo, per quanto a voce alta parli,e per quanto plausibilmente argomenti, come se Dio fosse con lui, perché “avremo l’unzione del Santo” e “conosceremo ogni cosa”.