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ISLAM

Nel solo 2013, quasi 18mila morti per atti di terrorismo

Nel 2013 il terrorismo ha ucciso 17.958 persone: 61% in più che nel 2012. È quanto emerge dall’Indice globale del terrorismo 2014, pubblicato dall’Institute for Economics and Peace. Lo studio, condotto su scala globale, non rintraccia alcuna correlazione fra terrorismo e povertà. L'islam è il maggior ispiratore.

Esteri 19_11_2014
Terrorismo

Nel 2013 il terrorismo ha ucciso 17.958 persone: 61% in più che nel 2012. Gli attacchi terroristici, per la maggior parte dinamitardi, sono stati quasi 10.000 con un incremento del 44% rispetto all’anno precedente.

È quanto emerge dall’Indice globale del terrorismo 2014, pubblicato dall’Institute for Economics and Peace. Il rapporto, che traccia gli sviluppi del terrorismo a partire dal 2000 avvalendosi dei dati del Global Terrorism Database, per il 2013 ha misurato l’impatto del terrorismo in 162 stati e li ha classificati in ordine decrescente considerando il numero di attacchi subiti, il numero dei morti e dei feriti e i danni inflitti a beni e proprietà.

L’Iraq figura in prima posizione, seguito da Afghanistan, Pakistan, Nigeria e Siria: in questi cinque stati si è concentrato l’82% delle vittime del terrorismo. Seguono India, Somalia, Filippine, Yemen e Thailandia con una percentuale di morti che varia dall’1 al 2,3% del totale. 6.362 morti si sono avuti nel solo Iraq dove gli attentati terroristici sono stati 2.492: l’Isis si è proclamato autore del 77% di quelli rivendicati. In Afghanistan gli attacchi terroristici sono aumentati del 10% nel 2013: i talebani sono responsabili del 75% dei morti. In Pakistan i morti sono stati 2.345, in 1.933 attentati. In Nigeria la straordinaria crescita del terrorismo è interamente imputabile ai jihadisti Boko Haram: responsabili nel 2013 del 99% degli attacchi terroristici e della morte di almeno 1.587 persone. In Siria è la guerra civile ad aver scatenato il terrorismo nel 2011: risulta peraltro difficile distinguere con esattezza le perdite dovute alla guerra da quelle causate dalle azioni terroristiche.

In tutto sono 60 i paesi che hanno registrato vittime a causa del terrorismo nel 2013 e 24 quelli in cui gli attacchi hanno ucciso in tutto più di 50 persone. Tra i paesi dell’Ocse, quelli con il più elevato numero di morti sono stati la Turchia, con 57, e il Messico, con 40, rispettivamente al 17° e 32° posto nell’Indice globale nel quale l’Italia è 62a, preceduta dalla Bulgaria e seguita dall’Eritrea.

La pagina web Vision of Humanity contiene tra l’altro una mappa del pianeta che illustra l’andamento del fenomeno dal 2000 al 2013 evidenziando, a seconda dall’anno scelto, intensità e diffusione del terrorismo paese per paese. Nell’arco di tempo considerato, gli stati occidentali, pur contando soltanto il 5% dei morti complessivamente provocati dal terrorismo, hanno però subito alcuni degli attentati più gravi in termini sia di perdite umane sia di danni materiali: 2.974 morti negli Stati Uniti l’11 settembre 2001, 191 in Spagna, nell’attentato a una stazione ferroviaria di Madrid l’11 marzo 2004, 52 in Gran Bretagna, nell’attentato a un bus e ai treni della metropolitana di Londra il 7 luglio 2005 e 77 in Novergia, uccisi da esplosioni e a colpi di arma da fuoco a Oslo il 22 luglio 2011.

Gli autori del rapporto non individuano una correlazione rilevante tra terrorismo e tassi di povertà, livelli di scolarizzazione e gran parte dei fattori economici. Indicano invece tre principali fattori correlati: una forte conflittualità tra gruppi diversi per etnia, religione e lingua; l’uso della violenza da parte dello Stato, che si manifesta in omicidi extragiudiziali e violazioni dei diritti umani; e la presenza di un tasso elevato di violenza e criminalità. Più del 90% degli attacchi terroristici nel 2013 si è verificato in stati in cui si denunciano le più gravi e diffuse violazioni dei diritti umani.

Ma il maggiore ispiratore del terrorismo è diventato il fondamentalismo islamico. Nel 2013 ben il 66% delle vittime del terrorismo è stato infatti provocato da quattro gruppi soltanto: i Talebani, Boko Haram, l’Isis e al Qaida. Tutti e quattro i gruppi si fondano su interpretazioni estremiste dell’Islam wahabita, il movimento riformatore nato nel XVIII secolo e divenuto quasi un secolo fa dottrina ufficiale dell’Arabia Saudita.

Per questo, si sostiene nel rapporto, è importante che siano paesi e personalità autorevoli del mondo sunnita a contrastare la diffusione dell’estremismo. Che qualche paese sunnita abbia incominciato a condannare l’estremismo religioso e il terrorismo è forse l’unico elemento positivo che emerge nel rapporto, insieme al fatto che circa il 50% degli attentati per fortuna non causa vittime. È illusorio sperare in soluzioni nel breve periodo – ha detto il fondatore dell’Institute for Economics and Peace, Steve Killelea, nel presentare l’Indice globale del terrorismo 2014 – “pur senza anticipare i dati relativi al 2014, un andamento migliore è impensabile”.

Quel che sembra sicuro è che sulla forza militare non si debba fare molto affidamento. Dagli anni 60 a oggi, solo il 7% delle organizzazioni terroristiche che si sono sciolte lo ha fatto in seguito a un intervento militare.