Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
ITINERARI DI FEDE

Nel Santuario della Quercia gli angeli dipinsero Maria

Non si conosce il nome dell’architetto del santuario di Santa Maria della Quercia a Viterbo. Ma la leggenda vuole che la pittura a tempera di Maria, attribuita a un certo Monetto, sia opera degli angeli. Il maestro si addormentò mentre stava dipingendo, sognando che angeli avrebbero terminato il dipinto. E così avvenne.

Cultura 03_01_2015
Il dipinto di santa Maria della Quercia a Viterbo

In origine doveva essere una semplice “chiesola con umile campanile”. Queste erano state le parole di Paolo II all’indomani del riconoscimento del culto dell’immagine della Vergine dipinta su una tegola romana ed appesa al ramo di una quercia. Era il 1467. Neanche una manciata di anni più tardi, considerata la crescente devozione e la significativa somma di denaro raccolta attraverso spontanee donazioni, il Santo Padre emanò una seconda bolla con la quale sancì che si erigesse “una chiesa consona alla grande divinità del luogo”.

Non si conosce il nome dell’architetto del santuario di Santa Maria della Quercia a Viterbo. Tra le ipotesi avanzate che hanno chiamato in causa, di volta in volta, un anonimo frate domenicano piuttosto che il celebre Donato Bramante, quella più accreditata attribuisce l’idea originaria a Giuliano da Sangallo. Presso la Galleria degli Uffizi di Firenze si conservano copie di suoi due disegni eseguiti dal nipote, Antonio da Sangallo il Giovane, che illustrano il progetto architettonico. Quest’ultimo fu generalmente rispettato dalle maestranze che diedero avvio alla costruzione. La facciata è preceduta da una scalinata e fiancheggiata da una robusta torre campanaria. I conci lisci del bugnato di peperino grigio sono ingentiliti dalle lunette, bianche azzurre, della terracotta invetriata di Andrea della Robbia che sovrastano i portali di accesso. Esse celebrano la Madonna affiancata dai principali Santi Domenicani. Nel rilievo del timpano i rami di una quercia proteggono due leoni, simbolo della città di Viterbo. 

Lo spazio interno è diviso in tre navate da colonne monolitiche sormontate da bellissimi capitelli. Il grandioso soffitto a cassettoni fu commissionato ad Antonio da Sangallo il Giovane e ricoperto interamente dell’oro zecchino donato da Carlo, imperatore di Spagna, a Paolo III, il cui stemma compare tra i cassettoni in posizione simmetrica a quello che ospita l’effigie della Madonna. All’incrocio dei bracci della croce si innalza la cupola sotto la quale il tempietto in marmo di Carrara , realizzato dallo scultore Andrea Bregno sul finire del XV secolo, custodisce la sacra immagine. Quest’ultima è attribuita ad un certo maestro Monetto che la realizzò, all’inizio del Quattrocento, su incarico di un privato cittadino per la sua personale devozione.

La pittura a tempera mostra Maria, dal dolcissimo sguardo, con in braccio il Figlio Gesù che tiene nella mano destra una rondinella. La leggenda vuole che mastro Monetto si addormentò mentre stava dipingendo il volto di Maria, sognando che angeli avrebbero terminato il dipinto. Al suo risveglio trovò, infatti, il quadro completato.  La tegola dipinta, dapprima appesa a una quercia per proteggere il terreno da furti e calamità, divenne protagonista di una serie di episodi miracolosi. Il santuario che le venne costruito intorno fu consacrato solennemente nel 1577, anno in cui la Madonna della Quercia fu proclamata ufficialmente co-patrona di Viterbo. La sacra immagine venne incoronata da San Giovanni Paolo II il 27 maggio 1984.