Nel sacrificio del Battista immortalati anche noi
In un luogo e un tempo precisi assistiamo al sacrificio del Battista. Noi, come pure gli astanti immortalati da Caravaggio. Ciò che sta accadendo su quella tela e di fronte ai nostri occhi è qualcosa che accade a prescindere da noi, che sappiamo essere già stato scritto…
Michelangelo Merisi, Decollazione di San Giovanni Battista, La Valletta (Malta) – Concattedrale di San Giovanni
Giovanni rispose: «Lui deve crescere, io invece diminuire». Gv 3,27.30
Il “precursore” è, senza dubbio, il santo più raffigurato della storia dell’arte. Compare fin dal momento della sua nascita o ancora, piccolo, nell’ambito della Sacra Famiglia, teneramente chiamato San Giovannino. Da solo o in un consesso di Santi, ormai adulto, è sempre rappresentato vestito di una pelle d’animale con in mano un bastone terminante a forma di croce. In diversi dipinti lo osserviamo mentre battezza Gesù nel fiume Giordano piuttosto che nei suoi ultimi istanti terreni, quelli del martirio. Alla decollazione del Battista è dedicata una festa liturgica che cade il 29 agosto.
Malta, primissimi albori del XVII secolo. Michelangelo Merisi, in fuga da Roma, approda sull’isola mediterranea, desideroso di ricevere il titolo di Cavaliere di Grazia dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme. Non essendo nobile riuscì, comunque, a raggiungere l’obiettivo grazie ai suoi meriti artistici. Il Gran Maestro dell’Ordine gli aveva, infatti, commissionato quella che sarebbe poi diventata una delle opere sue più famose - sicuramente la più impegnativa per dimensioni – destinata all’oratorio della concattedrale dove venivano celebrate le investiture. La Decapitazione del Battista era il soggetto richiesto.
La scena, così come Caravaggio decise di fissarla sulla tela, è ambientata nel cortile di un tetro carcere. Sulla destra se ne intravvedono le inferriate, dietro alle quali due prigionieri assistono, curiosi, alla violenta esecuzione. Il dramma si svolge sul lato sinistro, dove si concentrano i personaggi. In ordine di apparizione potremmo così elencarli: una giovane serva tiene in mano un cestello che servirà a ricoverare la testa del Battista da portare a Erode, a Erodiade e alla bella Salomè. Al suo fianco un’anziana domestica si prende il viso tra le mani, reagendo così all’orrore che si sta compiendo sotto i suoi occhi. Un uomo, presumibilmente il carceriere, indica, con gesto deciso, il fatidico cesto. E il boia, infine, afferrando il coltello con la mano destra nascosta dietro la schiena, sta per fendere il colpo mortale sul collo del santo che giace a terra.
Caravaggio fa una scelta precisa e decide di raffigurare il momento immediatamente precedente la decollazione. Tutto concorre a evidenziare la drammaticità della scena. Anche la tavolozza cromatica: tra i bruni predominanti nell’economia della superficie pittorica, è il rosso acceso della stoffa che in parte copre il corpo di Giovanni a catturare il nostro sguardo. Ed è giusto così, perché il rosso è il segno del martirio. E rosso è il sangue che fluisce dal collo del santo, con il quale il pittore, con fare straordinario rispetto alle sue consuetudini, si firma. E sempre in rosso leggiamo, infatti, ”fra Michelangelo”.
In un luogo e un tempo precisi assistiamo al sacrificio del Battista. Noi, come pure gli astanti immortalati da Caravaggio. Ciò che sta accadendo su quella tela e di fronte ai nostri occhi è qualcosa che accade a prescindere da noi, che sappiamo essere già stato scritto…