Navalny, la Alt Right russa e il mondo alla rovescia
Nazionalista e anti-immigrati, Navalny, l'oppositore di Putin arrestato domenica, è una sorta di Steve Bannon russo, ma in Europa viene ora elogiato dalla sinistra e snobbato dalla destra. Mentre i governi dell'Ue si ricordano dell'importanza della libertà del Web e del diritto a manifestare. Che in molti altri casi dimenticano, in patria.
Alexei Navalny, a capo della Fondazione Anti-Corruzione e leader dell’opposizione a Putin ha informalmente dato il via alla campagna per le presidenziali russe del 2018. Con la sua inchiesta sulla corruzione di Medvedev e la manifestazione di Mosca conclusasi con il suo arresto (e con il fermo di altri 700 attivisti), si presenta come maggior candidato contro Putin per le prossime elezioni. Sempre che non venga fermato prima. In Occidente, come sempre nelle questioni sulla Russia, la vicenda viene letta con le lenti distorcenti delle opposte tifoserie.
Navalny è una figura molto nota nel mondo di Internet russo più ancora che in quello della politica. Con le sue inchieste, basate da documenti pubblici tratti dal catasto e dalle procure, smaschera la corruzione del potere ed espone i casi, di volta in volta, con video realizzati con grande professionalità. In questo fine marzo, ha fatto il colpo gobbo: ha smascherato un vero e proprio impero segreto dell’attuale premier in carica Dmitri Medvedev. Un impero fatto di organizzazioni non-profit collegate a lui personalmente tramite i loro presidenti, tutti suoi ex compagni di scuola e uomini di fiducia. Arricchendosi con elargizioni di oligarchi a lui vicini e prestiti di banche private e pubbliche, pur non comparendo ufficialmente come il proprietario, Medvedev (che è stato presidente della Russia fino al 2012) si sarebbe accaparrato ville mozzafiato, immensi terreni in Russia, yacht, piste da sci private e anche una grande tenuta in Toscana, (che in passato apparteneva a Malagodi, lo storico leader del Pli). “Tutte bufale”, smentisce il Cremlino, ma i russi intanto sono indignati. E Navalnij ha capitalizzato l’indignazione organizzando manifestazioni in 92 città.
Le autorità russe hanno autorizzato queste marce solo in una ventina di località. In ogni caso, la manifestazione, domenica, è stata effettuata anche in città della Siberia non note per il loro impegno contro il Cremlino e località minori. Navalny ha scelto di manifestare dove non era autorizzato, in centro a Mosca ed è stato arrestato. Con lui sono stati fermati altri 700 manifestanti. In questo modo ha mostrato al mondo come il sistema russo si protegga con la forza, impedendo al dissenso di esprimersi. E, in patria, ha raccolto il consenso del popolo della rete, oltre che la vivace protesta di piazza contro gli arresti “fascisti”. Dalle cancellerie occidentali sono partite le condanne di rito. Anche dal Dipartimento di Stato Usa è stata condannata la repressione, smentendo i luoghi comuni sul “putinismo” dell’amministrazione Trump.
Ma al di là dell’impegno anti-corruzione, Navalny non è mai stato noto come campione della democrazia liberale. Espulso dal partito socialdemocratico Yabloko nel 2007 per le sue posizioni troppo nazionaliste, la sua ex collega Engelina Tarajeva non aveva esitato a definirlo “l’uomo più pericoloso della Russia”. Benché formalmente liberale, non ha mai disdegnato la compagnia dei più estremi gruppi nazionalisti. Li ha in parte assolti, asserendo che le loro manifestazioni peggiori fossero solo il frutto di provocazioni e infiltrazioni orchestrate dal Cremlino. E’ per il “muro” (cioè per il ripristino delle dogane chiuse) contro l’immigrazione delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale e non ha risparmiato gli insulti per le classi dirigenti e i popoli del Caucaso, a cui vorrebbe togliere i fondi. Non è un caso che se la prenda ora con Medvedev e non direttamente con Putin. Dell’inquilino del Cremlino ha approvato anche la guerra in Georgia nel 2008 e aveva proposto, sempre con un linguaggio molto colorito, l’espulsione di tutti i georgiani dalla Russia. Quanto alla guerra in Ucraina, stupendo molti in Occidente, ma pochi in Russia, ha accettato l’annessione della Crimea: “Benché la Crimea sia stata occupata con un’oltraggiosa violazione di tutte le norme internazionali – aveva poi detto in un’intervista – la realtà è che ora la Crimea è parte della Federazione Russa”.
Per i toni e i temi, anti-immigrati e nazionalisti, che solleticano la pancia della maggioranza etnica russa della Federazione, la sua implacabile lotta all’establishment oltre che per il suo attivismo sul Web, Navalny può essere accostato alle figure della nuova Alt-Right americana, una sorta di Steve Bannon russo. Eppure gli emuli della Alt-Right, in Italia e in Europa in generale, non fanno il tifo per lui, ma per Putin e Medvedev, dunque per l’establishment russo. E' il caso di Matteo Salvini, che esprime solidarietà alla polizia russa. Al contrario, le forze progressiste dell’Unione Europea, le stesse che considerano la Alt-Right americana come il nuovo simbolo del male politico, fanno il tifo per lui, considerandolo un campione della democrazia. Se solo abitasse da questa parte della nuova cortina di ferro, forse, ne parlerebbero come del solito "populista".
Le stesse classi dirigenti europee scoprono in queste occasioni l’importanza della libertà di espressione sul Web, che in molti altri casi vorrebbero censurare o disciplinare politicamente e l’assoluta libertà di manifestazione, che, come dimostra il caso della Manif pour Tous in Francia, non sempre viene rispettata. Almeno la Russia serva a sensibilizzare su questi temi e induca i nostri partiti di governo ad essere più coerenti anche in patria.