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AMERICA PARTY

Musk annuncia il suo partito e si scontra con la realtà politica

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Elon Musk annuncia la nascita di un partito che non c’è. Per lo meno non c’è ancora. Si chiama America Party e mira a ridurre il debito e "restituire la libertà" agli americani. Ma è un progetto velleitario.

Editoriali 07_07_2025
Elon Musk (La Presse)

Elon Musk annuncia la nascita di un partito che non c’è. Per lo meno non c’è ancora, né sono state messe in pista le normali procedure (a partire dalla registrazione presso la Commissione Elettorale Federale) per fondarne uno. Ha però già un nome: America Party. E si tratta dello stesso nome che il miliardario Musk aveva dato al Political Action Committee (America Pac) per raccogliere fondi a favore di Donald Trump nelle elezioni del 2024.

L’annuncio del nuovo partito è stato fatto, come sempre, su X (ex Twitter), di proprietà dello stesso Elon Musk, a seguito dell’ennesimo sondaggio. «Con un rapporto di 2 a 1, voi volete un nuovo partito politico e lo avrete», scriveva trionfante il miliardario, alla fine della festa del 4 luglio. «Oggi è nato l’America Party per restituirvi la libertà». Dunque, fra Musk e Trump, la lotta continua. Sembrava che si fossero riconciliati, dopo un lavoro di ricucitura gestito (fra gli altri) anche dal vicepresidente JD Vance, ma il rancore covava sotto le ceneri. Il motivo immediato per la nuova fiammata polemica è il Big Beautiful Bill, la legge di bilancio di Trump che, si prevede, aumenterà enormemente il debito pubblico americano.

Elon Musk aveva accettato di collaborare con il presidente repubblicano, dietro la promessa di una drastica svolta nella politica economica. Incoraggiato dall’esperimento di Javier Milei in Argentina (paese ancora povero, ma in ripresa, grazie alle politiche liberali del presidente), anche Musk intendeva metter mano alla sua “motosega” e tagliare fino a mille miliardi di spesa pubblica, per far ripartire l’economia e azzerare il debito in tempi ragionevoli. Ma la “finanziaria” di Trump, benché includa tagli drastici e anche socialmente molto dolorosi, anche sui programmi sanitari, non risolve il problema del debito e in alcuni settori, come sicurezza interna e difesa, aumenta la spesa.

Da un punto di vista strettamente economico, Musk non ha torto. Un presidente, prima o poi, dovrà seriamente cercare di risolvere il problema del debito pubblico degli Usa, uno dei più grandi del mondo: 37mila miliardi di dollari, pari al 123% del Pil statunitense. Ed è in costante aumento: dal 2001 ad oggi si è passati da 10mila miliardi di dollari di debito (pari al 55% del Pil) ai 37mila attuali (123%). In modo bipartisan, Democratici e Repubblicani, nell’ultimo quarto di secolo non hanno fatto altro che aumentare la spesa a debito, per comprare consensi. È quel che, nella sua polemica, Musk chiama “il partito unico” del debito che rende superflua o inutile la scelta democratica. Il Big Beautiful Bill, a seconda delle stime, dovrebbe aggiungere da 3 a 5mila miliardi di dollari al debito pubblico.

In Senato il Big Beautiful Bill è passato solo grazie all’intervento diretto del vicepresidente Vance, altrimenti la camera alta del Congresso era spaccata esattamente a metà, 50 pro, 50 contro. Tornata alla Camera, la legge di Trump è stata approvata e il presidente l’ha firmata il 4 luglio, come aveva promesso. Ma a dire il vero, la maggior parte degli oppositori (fra cui due dei tre Repubblicani che hanno votato contro) protestavano per i tagli alle spese sanitarie e non per l’aumento del debito.

«Ogni membro del Congresso che ha fatto campagna elettorale promettendo meno spesa pubblica e poi ha votato per il più grande aumento del debito nella storia, dovrebbe vergognarsi! E perderà le primarie il prossimo anno, anche se questa dovesse essere l’ultima cosa che faccio su questa terra», così si sfogava Elon Musk, su X, all’indomani del voto. E poi l’annuncio del nuovo partito, di cui non conosciamo ancora né simbolo, né programma, ma che, promette il miliardario, “si baserà sul senso comune degli americani” per “restituire la libertà” all’America.

I numeri e l’esperienza giocano contro Musk. I voti al Congresso dimostrano che c’è più resistenza politica per i tagli alla spesa che non per quella al debito. L’esperienza politica degli Usa in tutto l’ultimo secolo e mezzo di storia, inoltre, dimostra che non c’è spazio per un terzo partito. Mai, in nessun caso, nemmeno se a capo del terzo partito c’è un personaggio carismatico come Teddy Roosevelt, o in tempi più recenti Ross Perot, il bipolarismo è stato scalfito.

Quel che invece è sempre stato possibile, negli Usa, è il cambiamento di un partito, anche molto radicale. Il Partito Repubblicano di Trump ha un programma politico completamente differente, in certi casi l’opposto, di quello di Bush jr. E per quanto riguarda il Partito Democratico, basti pensare che, fino a tempi recenti era il partito conservatore. E fino alla metà del secolo scorso, era il partito che voleva conservare la segregazione razziale al Sud. Musk, dunque, ha poche o nessuna possibilità di affermarsi con un terzo partito. Ma avrebbe molte più chance di cambiare il Partito Repubblicano, lavorando al suo interno in opposizione a Trump e alla sua corrente dominante. Il tempo dirà che strada intende prendere.