Multe a Meta e Apple, la regolamentazione Ue resta ambigua
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La Commissione Europea ha multato Apple e Meta accusandole di aver violato il Digital Markets Act. Ma rimane un enigma quali misure avrebbero dovuto adottare i due colossi per non incorrere nelle sanzioni di Bruxelles.

L'ultima tornata di sanzioni imposte dalla Commissione Europea ad Apple (500 milioni di euro) e Meta (200 milioni) nell'aprile 2025 evidenzia un problema crescente nel rapporto tra regolatori europei e giganti tecnologici americani: la mancanza di chiarezza nelle indicazioni normative che precede l'applicazione delle sanzioni.
Nel comunicato stampa ufficiale della Commissione, si afferma che Apple ha violato i suoi obblighi "anti-steering" previsti dal Digital Markets Act (DMA), impedendo agli sviluppatori di app di informare completamente i clienti sulle alternative di acquisto disponibili al di fuori dell'App Store. La Commissione ha ritenuto che «gli sviluppatori di app non possono beneficiare pienamente dei vantaggi dei canali di distribuzione alternativi al di fuori dell'App Store» a causa delle restrizioni imposte da Apple.
Ma il problema fondamentale rimane irrisolto: la Commissione non specifica chiaramente quali misure Apple avrebbe dovuto adottare per essere conforme al DMA. La società di Cupertino ha modificato le sue regole interne per consentire agli sviluppatori di indirizzare gli utenti verso metodi di pagamento alternativi, mantenendo però una "commissione di piattaforma" per gli acquisti effettuati al di fuori dell'ecosistema Apple. Questa soluzione intermedia è stata giudicata insufficiente, ma senza fornire parametri precisi su cosa costituirebbe una conformità accettabile.
Ancora più ambigua è la situazione di Meta. La Commissione ha sanzionato l'azienda per il suo modello "Consent or Pay" introdotto nel novembre 2023, che offriva agli utenti europei di Facebook e Instagram la scelta tra acconsentire alla combinazione dei loro dati personali per la pubblicità personalizzata o pagare un abbonamento mensile per un servizio privo di pubblicità.
Secondo la Commissione, questo modello non è conforme al DMA perché «non dà agli utenti la scelta specifica richiesta di optare per un servizio che utilizza meno i loro dati personali ma è altrimenti equivalente al servizio “annunci personalizzati”». Ma cosa significhi concretamente un servizio "meno personalizzato ma equivalente" rimane un enigma. Il dilemma è evidente: se la pubblicità personalizzata è il modello di business centrale di Meta, come può l'azienda offrire un'alternativa che sia contemporaneamente meno invasiva per la privacy ma economicamente sostenibile? L'UE sembra suggerire che il modello a pagamento non costituisca un'alternativa accettabile, ma non chiarisce quale sarebbe la soluzione conforme.
Questa ambiguità normativa solleva interrogativi legittimi: Meta dovrebbe offrire gratuitamente i suoi servizi senza pubblicità nell'UE? E se ciò fosse richiesto, perché lo stesso standard non verrebbe applicato ad altre piattaforme digitali europee, come i numerosi giornali online che offrono abbonamenti per eliminare la pubblicità?
Il quadro che emerge appare sempre più come un sistema in cui le grandi aziende tecnologiche americane devono "tirare a indovinare" quali misure adottare per conformarsi a regolamenti vaghi, rischiando sanzioni miliardarie in caso di interpretazione errata. Dal 2004 ad oggi, l'UE ha imposto multe alle Big Tech americane per oltre 13 miliardi di euro, con sanzioni che sono andate aumentando significativamente negli ultimi anni.
Questa situazione alimenta il sospetto che le sanzioni servano più come strumento per finanziare l'ambizione europea di costruire un proprio ecosistema digitale competitivo che come mezzo per proteggere effettivamente i consumatori. Il nuovo scenario digitale europeo, caratterizzato da iniziative per riportare il controllo dei dati e delle infrastrutture server nel continente, sembra essere parzialmente finanziato attraverso queste sanzioni. Mentre la protezione dei consumatori e la promozione della concorrenza rimangono obiettivi dichiarati e lodevoli, la mancanza di indicazioni chiare su come raggiungerli rischia di trasformare il processo regolatorio in un gioco a indovinare costoso e controproducente, che potrebbe alla fine danneggiare l'innovazione e la disponibilità di servizi per gli stessi consumatori europei che si propone di proteggere.