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FAMIGLIA

Muller avverte: il Sinodo non è sui divorziati

Il dibattito intorno al tema dei divorziati risposati continua ad essere acceso nel dibattito in preparazione del prossimo Sinodo sulla famiglia. Nonostante si tratti di un tema periferico rispetto all'obiettivo principale dell'assemblea sinodale. Come ha ribadito per l'ennesima volta il cardinale Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, in un'intervista concessa al quotidiano francese La Vie

Ecclesia 04_05_2015
Il cardinale Ludwig Müller

Mentre le varie Conferenze episcopali continuano a recapitare alla Segreteria del Sinodo i risultati del lavoro di risposta al questionario intersinodale, il dibattito intorno al tema dei divorziati risposati continua ad essere acceso. Nonostante si tratti di un tema periferico rispetto all'obiettivo principale dell'assemblea sinodale. Così ha ribadito per l'ennesima volta il cardinale Ludwig Müller in un'intervista concessa al quotidiano francese La Vie e pubblicato lo scorso 29 aprile. «L'obiettivo principale del Sinodo non è quello di discutere del problema dei divorziati risposati, ma di riaffermare il matrimonio come fondamento della società civile e della comunità della Chiesa, di rivitalizzare la sua dimensione fondamentale».

Eppure le corse in avanti sul tema del possibile accesso all'eucaristia per queste coppie “irregolari” vanno oltre la semplice discussione del tema. Secondo il teologo italiano Basilio Petrà, presidente dell'associazione teologica italiana per lo studio della morale, con la proposta espressa dal cardinale Kasper nel Concistoro del febbraio 2014, «il magistero ha collocato nell'area del dubbio» la questione. In un articolo apparso sull'ultimo numero del settimanale Il Regno, edito dai dehoniani, Petrà dice che ora «un confessore può serenamente ritenere dubbia la norma esclusiva e quindi può assolvere e ammettere alla comunione i divorziati risposati alle ordinarie condizioni». Non a caso il titolo scelto dal Regno è “Verso il Sinodo 2015 – Proposte: buone notizie per i confessori?” E meno male che il settimanale ha avuto il buon cuore di mettere un bel punto di domanda. A proposito dell'elezione di Petrà alla presidenza dei teologi moralisti italiani, avvenuta nel luglio 2014, possiamo dire che, in un certo senso, è significativa. Infatti, le sue posizioni sulla questione dei divorziati risposati, ma anche ad esempio sulla possibilità di un clero non celibe nella Chiesa Cattolica, sono note da tempo e non collimano certamente con le posizioni teologiche ufficiali.

A proposito dell'accesso all'eucaristia da parte dei divorziati risposati il cardinale Müller che, ricordiamo, è prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ribadito che la difesa dell'indissolubilità del matrimonio non è un voler evitare la discussione, né una mancanza di misericordia nei confronti delle coppie ferite. «Noi siamo tutti unanimi nel voler aiutare i nostri fratelli e sorelle che si trovano in questa situazione», ha detto il prefetto a La Vie, «Ma come? La dottrina della Chiesa non è una teoria, ella si fonda sulla fedeltà alla parola di Dio. Il matrimonio tra due battezzati è un sacramento effettivo. Una realtà oggettiva. (…) La Chiesa non può cambiare la sacramentalità del matrimonio: si promette di essere fedeli fino alla morte». Nonostante il prefetto della Dottrina della Fede sia intervenuto più volte sul tema, ribadendo che la proposta di una pastorale contraria alla dottrina non è possibile, si moltiplicano posizioni come quella del teologo Petrà che, di fatto, non alimentano la discussione, ma suggeriscono prassi percorribili in una presunta area di dubbio che, ad oggi, non risulta.

Quanto sta emergendo dalle risposte fornite al questionario intersinodale, almeno per molte Chiese europee, è la profonda scristianizzazione degli stessi cristiani, nel senso che le richieste di apertura sono tutte nell'ordine di una pastorale che, di fatto, superi la dottrina. Mostrando così una certa difficoltà nell'interpretare il rapporto che deve intercorrere tra dottrina e pastorale. Non solo per il tema dell'eucaristia per i divorziati risposati, ma anche per altri problemi sollevati dal Sinodo, come quello delle coppie conviventi, o della pastorale per le persone omosessuali. Il caso limite è quello che emerge dal dossier della chiesa tedesca che arriva a proporre la benedizione delle seconde nozze in chiesa. Il cardinale Muller parla apertamente di un «cristianesimo superficiale». «In molti Paesi europei, i cristiani sono dei battezzati non credenti e non praticanti. Non accettano la sostanza del cristianesimo, il cui effetto è quello di produrre un cambiamento di pensiero e di comportamento: una conversione. Io non giudico le persone dicendo questo, ma nel nostro Paese, basta guardare la percentuale di cristiani battezzati non confermati, o la moltiplicazione degli aborti, per vedere che l'esistenza di un cristianesimo superficiale è una realtà». 

Questa situazione di un “cristianesimo superficiale” provoca una certa richiesta di evoluzione della Chiesa che dovrebbe così adattarsi ai tempi. «Se il Sinodo deve provocare un cambiamento, è quello di rafforzare il ruolo profetico della Chiesa», ha detto il cardinale Müller, «Un compromesso sarebbe più facile per noi, ma il rimedio giusto è quello che permette di guardare la situazione con la verità e superare così la situazione che ha reso possibile l'incidente. Non è possibile adattare la dottrina della Chiesa ai nostri Paesi secolarizzati, a meno che non si accetti un cristianesimo superficiale».