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RECENSIONE

Mr. Jones, il film verità sull'Ucraina (e non solo)

Il film, diretto da Agniezska Holland, è molto ben fatto e, dunque, angosciante. E’ la storia, vera, di un giornalista gallese freelance, Gareth Jones, che nel 1933 riuscì a intervistare, primo straniero, Hitler e da quel momento.... Il film paga lo scotto di essere anticomunista, dunque difficilmente lo vedremo in Italia. Noi ve lo raccontiamo.

Cultura 23_03_2020
Mr. Jones

C’è un film che presumibilmente non vedremo mai in Italia. Perché? Perché è anticomunista. Io stesso ho dovuto avventurosamente cercarlo su internet in lingua originale, per fortuna sottotitolato. Nel caso non riusciate a trovarlo ve lo racconto. E’ una produzione britannico- polacco-ucraina e si intitola Mr. Jones. E’ la storia, vera, di un giornalista gallese freelance, Gareth Jones, che nel 1933 riuscì a intervistare, primo straniero, Hitler. La cosa gli valse una temporanea collaborazione con lo staff del premier inglese Lloyd George, subito revocata quando il Nostro palesò l’intenzione di fare il bis intervistando Stalin. No, in quel momento l’Urss era un partner commerciale e, imperante la crisi finanziaria di Wall Street, il Regno Unito ne aveva gran bisogno. Ma il gallese è cocciuto. Si chiede, infatti, come possa l’Urss procedere nell’industrializzazione a marce forzate visto che il resto del mondo è in bolletta; dove prende i soldi Stalin?

Così, truccando un po’ le carte, va a Mosca. Qui scopre che un suo famoso collega americano, Klebb, è stato appena ucciso in una rapina. Quattro colpi nella schiena: «rapina»? Jones riesce a capire che quello voleva vederci chiaro sull’Ucraina, che tutti quelli che intervista definiscono «l’oro di Stalin». Cioè, il grano, di cui l’Ucraina è una vera miniera e che Stalin vende all’estero. Fingendosi ancora «segretario» di Lloyd George, parte per l’Ucraina. Ma è accompagnato: gli faranno vedere un «villaggio Potemkin», cioè quel che vogliono. Sul treno riesce a defilarsi e va nel vagone bestiame. Qui c’è una massa di derelitti che lo guarda famelica mangiare un’arancia e poi si avventa sulle bucce. Jones scende a metà corsa e vaga nella neve. Vede i cadaveri morti per fame, assiste a episodi di cannibalismo e, infine, il grano ammassato su camion diretti a Mosca.

Ecco cos’è l’«oro di Stalin»: un dumping, requisire tutto il raccolto per venderlo all’estero e cavarne valuta pregiata. Per gli ucraini è l’Holodomor, la prima carestia artificiale della storia, decine di milioni di morti. Il corrispondente del New York Times a Mosca, Walter Duranty, già premio Pulitzer, sa tutto, ma agli americani fa sapere il contrario. Jones viene catturato: lo rilasceranno a patto che faccia lo stesso, altrimenti sei ingegneri inglesi che lavorano a una centrale elettrica in cooperazione saranno fucilati. Lui va da Lloyd George e quello allarga le braccia: il Paese è in crisi economica, non si può fare i difficili. Jones scrive la verità su un giornale di provincia, ma viene beffeggiato e cacciato. Ma il grande editore americano Hearst, in vacanza in Galles, gli dà retta perché il defunto Klebb era un suo giornalista.

Finalmente, tutti i giornali del gruppo Hearst pubblicano la verità sull’Ucraina, deludendo tutti quei radical chic statunitensi che plaudivano all’«esperimento» sovietico. E anche quegli industriali che con Stalin facevano affari. Duranty resta al suo posto, da dove continua a illudere i suoi lettori sui «miracoli» dei piani quinquennali. Uno di questi illusi è Eric Arthur Blair, che Jones incontra e informa. Il giornalista, colpito, col nom de plume di George Orwell scrive La fattoria degli animali. Jones, diventato famoso come inviato, cessa la sua carriera nella Mongolia, dove si trova per un reportage. Stalin ha la memoria lunga e Jones fa la fine di Klebb. Non ha ancora trent’anni. Il film, diretto da Agniezska Holland, è molto ben fatto e, dunque, angosciante. L’attore che fa Duranty è Peter Skargaard, che noi lettori della Bussola conosciamo come il viscido seduttore di An Education. Ah, fu proprio il Duranty vero a convincere il presidente americano Roosevelt a riconoscere l’Unione Sovietica.