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MPS-Mediobanca, il risiko bancario non fa il bene del Paese

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Il governo è il principale azionista della banca senese che tenta un'operazione complessa, se non controproducente, e promette più tensioni che benefici. Rischiando di indebolire il sistema invece di rafforzarlo.

Editoriali 28_01_2025
PAOLO LO DEBOLE - IMAGOECONOMICA

È l’ennesima operazione di palazzo che passa sopra gli interessi dei cittadini ma viene spacciata come un’operazione utile al benessere del sistema Paese. L'ultima mossa nel panorama bancario italiano ha scosso gli equilibri del sistema finanziario, con l'offerta lanciata da Monte dei Paschi di Siena (MPS) su Mediobanca. Dietro a questa manovra ci sono due protagonisti chiave: Delfin e Caltagirone, soci di MPS, i quali hanno lanciato un'offensiva per conquistare Mediobanca con l'obiettivo finale di acquisire il controllo di Generali. Questa decisione ha sollevato preoccupazioni sul piano economico, ma anche politico, dal momento che il governo italiano, socio di MPS, è coinvolto in una manovra che solleva dubbi in termini di conflitto di interessi.

MPS, che dal suo salvataggio con fondi pubblici a seguito della crisi di Antonveneta non è mai riuscita a recuperare pienamente la sua solidità, si trova ora a tentare un'operazione che, al contrario, sembra essere ben al di sopra delle sue reali capacità. Mediobanca, infatti, ha una capitalizzazione di mercato molto superiore, ed è in possesso di asset di grande valore. La mossa di MPS si inserisce in un contesto dove Delfin e Caltagirone, con il loro pacchetto azionario, stanno cercando di posizionarsi strategicamente per acquisire Generali, uno degli obiettivi più ambiti del settore finanziario italiano. Quello che però non può sfuggire all'attenzione è il ruolo del governo italiano. Non solo il governo è il principale azionista di MPS, ma sta assumendo una posizione che sembra contrastare con la libertà del mercato, dopo che nel recente passato aveva criticato le operazioni bancarie di taglio dirigista portate avanti dai governi tedesco e francese.

Di fatto, dunque, il governo italiano, pur sostenendo di essere favorevole alla libera concorrenza, si ritrova ad essere una parte attivamente interessata in un’operazione che apparentemente dovrebbe rimanere una semplice dinamica di mercato, ma che in realtà può produrre implicazioni in grado di mettere in dubbio l’imparzialità delle decisioni politiche.
A complicare ulteriormente il quadro, c'è il fatto che MPS, una banca con una lunga storia di difficoltà, travagli e condizionamenti politici, sta cercando di acquisire una realtà consolidata come Mediobanca, che ha un valore ben maggiore rispetto a quello dell’istituto senese. La reazione dei mercati è stata a dir poco tiepida. Gli investitori, infatti, non sembrano credere che l'operazione possa portare a benefici concreti. Lo scetticismo è palpabile, e molti osservatori ritengono che una simile operazione di fusione o acquisizione non abbia una logica industriale chiara e non produrrà i benefici attesi. Non è la prima volta che il mercato si mostra scettico di fronte alle manovre di MPS: l'esperienza passata della banca, che ha vissuto il risanamento grazie ai soldi pubblici, non permette di vedere con ottimismo il futuro dell'istituto.

A questo si aggiunge il confronto con altre operazioni bancarie, come quella tra Unicredit e i francesi di Crédit Agricole su Banca Popolare di Milano (BPM). In questo caso, l'approccio dei gruppi bancari coinvolti sembra essere molto più razionale e meno legato a dinamiche politiche e territoriali. Se, da un lato, l'operazione su BPM è percepita come una mossa da parte di due attori bancari che perseguono un obiettivo di consolidamento efficiente, la situazione con MPS appare più come una mossa di potere, con un forte carattere politico e territoriale. In effetti, questa operazione potrebbe essere vista come un attacco della finanza romana nei confronti della finanza del nord, un ulteriore capitolo di una lunga rivalità che, oltre a creare incertezze sul piano economico, potrebbe acuire tensioni territoriali, con rischi per la stabilità sociale ed economica del Paese.

Inoltre, una delle sfide più grandi di questa operazione riguarda la possibilità di integrazione tra MPS e Mediobanca, due realtà bancarie con storie, culture e dimensioni ben diverse. L'unificazione di queste due banche potrebbe infatti risultare molto complessa, se non addirittura controproducente. A livello operativo, infatti, le difficoltà di integrazione potrebbero minare la competitività dell'intero gruppo, senza generare i benefici promessi. In un sistema bancario che sta già vivendo forti tensioni dovute alle difficoltà economiche globali e alle sfide interne, un'operazione del genere rischia di indebolire ulteriormente il sistema, invece di rafforzarlo.

Infine, l'influenza delle banche sul panorama editoriale è un altro aspetto che non può essere trascurato. L'interesse di MPS e delle altre grandi banche italiane nel controllo dei media è sempre stato un tema caldo. In questo caso, la battaglia per il controllo di Mediobanca e di Generali ha avuto una eco anche nel mondo dell'editoria, dove i principali gruppi editoriali sembrano essere schierati, riflettendo il potere e l'influenza che le grandi istituzioni bancarie hanno sulle linee editoriali dei giornali. In un contesto come questo, in cui le scelte politiche e bancarie sono indissolubilmente legate, non è facile distinguere dove finiscano gli interessi economici e dove comincino le influenze politiche o mediatiche.

L'offerta di MPS su Mediobanca rappresenta, quindi, una mossa che va ben oltre la semplice logica finanziaria e che sembra entrare in un ambito di interessi territoriali e sfide politiche. Vedremo se alla fine questa operazione avrà una logica solida e se riuscirà a superare le difficoltà intrinseche che presenta. Ma una cosa è certa: il futuro del sistema bancario italiano non dipende solo dalle mosse di MPS e Mediobanca. Siamo solo al primo atto di un rimescolamento di carte. Il risiko bancario è appena agli inizi e al momento in questo braccio di ferro che mira soprattutto al controllo di Generali non s’intravede un grande beneficio per i cittadini e per l’intero Paese.