Monsignor Sorondo, profeta di sventura
In un articolo comparso su Foreign Affairs, il cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze sociali, si lascia andare a un elenco di calamità prossime venture causate dai cambiamenti climatici. E si affida alla geo-ingegneria.
Mons. Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha da poco pubblicato un compendio di profezie climatiche di sventura, corredato da istruzioni per la sopravvivenza. Il tutto sotto forma di lungo articolo comparso su Foreign Affairs, firmato insieme con quattro colleghi: il membro della Pontificia Accademia delle Scienze Veerabhadran Ramanathan, il presidente della medesima Accademia Joachim von Braun, il membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali Partha Dasgupta e il docente di strategia globale David G. Victor.
Per intendere la fonte d'ispirazione dell'articolo, una premessa. Mons. Sorondo s'è caparbiamente persuaso che il mondo si stia scaldando paurosamente, perché è convinto che la temperatura globale cresca con il crescere della concentrazione atmosferica di CO2, crescita da attribuirsi in larghissima misura alle emissioni da parte dell'uomo. Tale concentrazione negli ultimi decenni è costantemente aumentata e non accenna a stabilizzarsi (vedi qui e qui). Insomma, Sorondo aderisce alla teoria dell'AGW (Anthropogenic Global Warming, riscaldamento globale antropogenico).
Se il cancelliere avesse osservato con fiducia qualche affidabile serie di dati termici globali, forse la granitica certezza sulla validità della teoria si sarebbe incrinata. Ad esempio, i dati satellitari UAH (curati dall'Università dell'Alabama a Huntsville), disponibili dal 1979, dicono che dal 2001-2002 al 2013 la temperatura globale è rimasta stazionaria. Ossia: la media della temperatura globale degli anni che vanno dal 2001 al 2013 inclusi è sostanzialmente identica a quella del 2001-2002 (precisamente: le è inferiore di 0,034 °C) e del 2013 (precisamente: le è inferiore di 0,014 °C; qui i dati per fare i calcoli); eppure dal 2001 al 2013 la concentrazione atmosferica di CO2 è aumentata costantemente, passando da 370 a 397 ppm.
E l'aumento della temperatura dopo il 2013? Se si confronta il grafico relativo alla serie di dati satellitari UAH con quello sugli episodi di El Niño dal 1950 (vedi anche qui), si osserva che nel 2015-16 la temperatura globale è salita in corrispondenza di un El Niño fortissimo, con annesso fortissimo riscaldamento, questa volta seguito da un raffreddamento (prodotto dal fenomeno denominato La Niña) non altrettanto accentuato, anzi decisamente più debole sia di quello successivo a El Niño del 1997-98 sia a quello subentrato a El Niño del 2009-10. Sicché, al netto di El Niño (fenomeno che non è causato certo dalla concentrazione in atmosfera di CO2), il XXI secolo non fa registrare alcuna rimarchevole crescita della temperatura globale, malgrado anno dopo anno la concentrazione atmosferica di CO2 abbia siglato sempre nuovi primati.
Per quanto riguarda il XX secolo, in particolare fino agli anni Settanta (quando le misurazioni satellitari non erano ancora disponibili), perché sorga qualche ragionevole dubbio sulla teoria AGW basti considerare il dataset HadCRUT e il grafico relativo: malgrado una crescita costante della CO2 atmosferica, la temperatura globale è calata tra la fine del XIX secolo e il principio del XX, poi dal 1911 alla metà degli anni Quaranta è salita, per ridiscendere fino circa alla metà degli anni Settanta e poi riprendere a salire; variazioni peraltro caratterizzate da tassi notevolmente differenti tra di loro (per cogliere le discordanze tra l'andamento della CO2 in atmosfera e quello della temperatura globale è utile osservare questo grafico, preso da qui, e quest'altro).
Ma tant'è. Sorondo persevera nel difendere con intransigenza la teoria AGW, e si avventura in vaticini sulle conseguenze disastrose che causeranno le temperature in impavida ascesa. Vaticini che meriterebbero un po' di saggia cautela prima di venire emessi, considerando quanto numerose siano le profezie di sventura formulate negli ultimi decenni dai teorici inflessibili dell'AGW e che sono state platealmente smentite dai fatti (vedi ad esempio qui, qui e qui).
Riassumiamo di seguito i contenuti principali delle profezie sulle calamità planetarie prossime venture secondo Sorondo e colleghi. Se le emissioni di CO2 progrediscono con questo ritmo, siamo incamminati verso un aumento “di almeno quattro gradi” complessivi lungo il corso del secolo, ma c'è “circa il cinque per cento” di probabilità che i gradi siano sei. All'insegna del motto “un pianeta più caldo sarà un pianeta più estremo”, si annuncia quindi che “dopo il 2050, circa il 44% delle terre del pianeta sarà esposto all'inaridimento. Ciò condurrà a severe condizioni di siccità in Europa meridionale, Nord America (soprattutto gli Stati Uniti orientali e sudoccidentali e il Messico) e molta parte dell'Asia sudorientale”. Ne saranno colpite “1,4 miliardi di persone”. Non solo: l'accresciuta probabilità di precipitazioni estreme esporrà al pericolo d'inondazioni “ulteriori 2 miliardi di persone”.
Per quanto riguarda i danni alla salute da global warming, “il peggio deve ancora venire. Dopo il 2050, c'è il 50% di probabilità che circa metà della popolazione mondiale sarà esposta a temperature medie estive più calde delle più calde finora registrate”. E le frequentissime ondate di calore porteranno con sé ondate di morti, poiché “la combinazione di caldo e umidità è particolarmente letale, e con il riscaldamento venturo entrambi sono destinati ad aumentare”. Dalla siccità saranno assalite le regioni maggiori produttrici di cibo al mondo. “Entro il 2030” il prezzo degli alimenti è destinato “a salire del 23%”, il mercato alimentare impazzirà. E non solo quello: “Entro la fine del secolo” c'è una probabilità “dal 10 al 30%” che “ondate di calore superiori ai 130 gradi Fahrenheit [cioè superiori a circa 54 °C]” colpiscano “le regioni del mondo più popolate”, e ciò provocherebbe “conseguenze negative sulla sanità mentale. Quando il caldo è superiore ai 130 gradi Fahrenheit, società intere possono andare fuori di testa [come unglued]. I Paesi più ricchi non sono immuni da questi effetti”. E comunque, anche se non saranno proprio 130 gradi, ci sarà poco da scherzare, giacché “più della metà della popolazione potrebbe essere esposta a ondate di calore estreme”.
Che fare? C'è qualche via di scampo per noi e i nostri figli? Bisogna da subito provvedere ad “abbandonare le aree costiere” o quantomeno a fortificarle contro le insidie del mare montante, nonché a sviluppare delle “coltivazioni che siano resistenti alla siccità” ed approntare nuove soluzioni per “conservare e riutilizzare l'acqua”; è necessario inoltre riordinare le priorità dei sistemi sanitari, considerando quanto gravi e diffusi saranno i danni alla salute procurati dalle condizioni climatiche estreme. Soprattutto, è imperativo abbattere drasticamente le emissioni di CO2. Ma attenzione: “nuove ricerche suggeriscono che non sarà sufficiente azzerare le emissioni”, giacché “evitare le emissioni aiuterebbe a ridurre il riscaldamento”, sì, ma solo nel lungo termine. Per ottenere un “effetto più immediato” è necessario rimuovere “quei circa mille miliardi di tonnellate di CO2 che sono già nell'atmosfera”.
Ecco dunque la soluzione radicale proposta da Sorondo e colleghi. Il clima aggredisce le nostre vite? Bisogna prenderlo di petto; metter le mani addosso al prepotente per non restarne sopraffatti. L'invadenza dell'uomo sul clima, secondo i teorici dell'AGW, genera disastri? E allora i teorici dell'AGW, per trarci in salvo, propongono una ancor più spregiudicata invadenza dell'uomo sul clima. Già, perché la salvezza verrà dalla cosiddetta “geoingegneria” (che chiameremo, per evitare confusioni, “ingegneria del clima”) e dai suoi specialisti. Saranno gli ingegneri del clima a dover escogitare il modo di strappare all'atmosfera almeno qualche centinaio di miliardi di tonnellate di CO2 di troppo.
Ma è inutile girarci intorno: la fonte di calore regina è il Sole. Quindi, per il nostro bene, gli ingegneri del clima dovranno alzare l'asticella, giungere a sfidare la nostra stella, “modificare direttamente il bilancio energetico” Sole-Terra, “manipolare la quantità di luce solare che raggiunge e riscalda il pianeta”. Insomma, gli ingegneri climatici trovino la maniera di schermare il Sole. Non sappiamo che potranno inventarsi, se si penserà a un maquillage delle nubi su scala planetaria che le renda capaci di rimandare al mittente i raggi in esubero. Quello che sappiamo è che Sorondo e colleghi sono attraversati dal sospetto che un conto sia sulla carta schermare il Sole e sequestrare millanta tonnellate di CO2, tutto un altro tradurre le idee in pratica: “una cosa è inserire una cifra immaginaria in modelli climatici i quali mostrano che il problema può essere risolto; un altro testare e costruire queste tecnologie su scala industriale”.
Gli Autori paiono però meno consci del fatto che, ammesso si giunga a trasporli dalle formule teoriche e dalle simulazioni di laboratorio alla realtà, interventi così pesantemente incidenti sulle dinamiche climatiche con ogni probabilità sortirebbero effetti collaterali indesiderati, imprevisti e incontrollabili, tali da surclassare in nocività i mali che dovrebbero sanare.
Tuttavia, nessuna di queste obiezioni, secondo Sorondo e colleghi, è “ragione sufficiente per trattare la geoingegneria come un tabù”: la catastrofe alle viste è tanto rovinosa che è d'obbligo osare rimedi all'altezza, rimedi estremi, perché se non saranno estremi non saranno neppure efficaci.
Pertanto i leader politici cessino di litigare, si accorgano tutti una buona volta che l'immane emergenza climatica deve diventare l'indiscussa priorità in agenda e si accordino per governare in armonia sotto le direttive degli scienziati del clima, ossia della corporazione illuminata di specialisti e tecnici che conoscono la portata della sfida planetaria e sanno come affrontarla. In sostanza, quello che si auspica è una sorta di nuovo ordine planetario nel quale i governanti di tutti Paesi dovranno operare sotto dettatura di un'autorità centrale istruita dai salvifici esperti del clima.
Infine: quale il ruolo della religione in tutto ciò, secondo Sorondo e colleghi? I leader religiosi, “anche quando non condividono la stessa nozione di Dio”, agiscano concordemente, in stretta alleanza con quelli politici, per contribuire a orientare i fedeli e le rispettive comunità ad adottare nuovi comportamenti e stili di vita responsabilmente ecosostenibili e ad aderire al prospettato nuovo ordine: ne va della sopravvivenza dell'uomo sul pianeta, cioè del bene comune.
Come tutto ciò sia congruente con la dottrina sociale della Chiesa, è quesito che sorge spontaneo ma che non è questo lo spazio per approfondire. (Alessandro Martinetti)