Monreale, Il Duomo chiesto dalla Vergine al "re buono"
Siamo nella chiesa di Guglielmo II D’Altavilla, il re buono che la stessa Vergine, nel 1174, in un momento di riposo durante una battuta di caccia, spronò affinché costruisse in quel punto un tempio a Lei dedicato. Così è nato il Duomo di Monreale, il cui mosaici d'oro sono noti in tutto il mondo.
Santuario o hiereion o sancta sanctorum o presbiterio o area absidale centrale. Comunque la si chiami è senz’altro questa la parte più sacra del Duomo di Monreale, il cui rivestimento musivo è noto in tutto il mondo. È dalla fine del XII secolo che il Cristo benedicente, creatore di tutte le cose, regale e divino nel suo manto rosso, oro e azzurro, spalanca le sue braccia e accoglie i fedeli che accorrono per pregare nella cattedrale intitolata a Santa Maria Nuova e per ammirare lo splendore di tessere colorate citato in tutti i manuali di storia dell’arte e non solo.
Siamo nella chiesa di Guglielmo II D’Altavilla, il re buono che la stessa Vergine, in un momento di riposo durante una battuta di caccia, spronò affinché costruisse in quel punto un tempio a Lei dedicato. Correva l’anno 1174. La costruzione si protrasse sino al 1267 dando vita, dapprima, ad una chiesa annessa alla vicina abbazia benedettina divenuta, più tardi, sede della cattedra episcopale di Monreale. Per accedervi occorre varcare una porta bronzea i cui battenti vennero fusi sulla terraferma, in quel di Pisa, per mano di Bonanno Pisano cui si deve anche la porta di san Ranieri della cattedrale toscana. I suoi quarantasei riquadri raccontano, nel registro inferiore, storie dell’Antico Testamento che, a partire da Adamo ed Eva, preludono alla gloria di Cristo e della Vergine del registro superiore. Il portale è protetto da un portico settecentesco a sua volta incastonato, come spesso accade nelle chiese normanne, tra due antiche torri campanarie, di cui quella sinistra incompiuta. La facciata culmina in un timpano triangolare su cui si apre una monofora centrale inquadrata da una decorazione di archetti ciechi tra loro intrecciati, lo stesso motivo arabeggiante che caratterizza la decorazione esterna delle tre absidi, impreziosita dall’alternarsi cromatico di tarsie calcaree e di pietra lavica.
L’interno è basilicale con transetto e tre navate scandite da colonne romane sui cui capitelli compaiono divinità clipeate. Le pareti, per quasi 7.000 metri quadrati di superficie, sono rivestite di mosaici su fondo oro secondo un preciso programma didascalico teologico: gli episodi vetero-testamentari introducono all’annuncio dell’Avvenimento di Cristo, i cui primi testimoni, Pietro e Paolo, sono ricordati nelle absidi laterali. Il Pantocratore del catino absidale sormonta la Madonna che l’iscrizione greca, panacrontas, ci rivela essere tutta Immacolata. Circondata da angeli e apostoli Maria è accompagnata da una teoria di Santi tra cui san Thomas Becket, contemporaneo alla costruzione della cattedrale. L’intero ciclo, composto da oltre cento riquadri e una miriade di figure isolate, è opera congiunta di maestranze bizantine e siciliane che lo portarono probabilmente a termine nell’arco di soli due anni.
Del complesso benedettino parla ancora oggi il chiostro medievale, esemplare architettura romanica di 47 metri per lato, lungo cui si susseguono variegate colonne binate, istoriate, lisce o intarsiate, che sorreggono archi ogivali. L’acqua, elemento imprescindibile in un chiostro monastico, sgorga dalle bocche umane e leonine della fontana di marmo bianco posta al centro del chiostrino inserito sul lato meridionale.