«Misericordia, chiedere perdono e vivere in pace»
Nella messa in Coena Domini Papa Francesco ha parlato del recente attentato di Bruxelles: «Tre giorni fa un gesto di guerra, di distruzione, in una città dell’Europa, da gente che non vuole vivere in pace, ma dietro quel gesto, come dietro Giuda c’erano altri, dietro Giuda c’erano quelli che hanno dato il denaro perché Gesù fosse consegnato, dietro quel gesto ci sono i fabbricatori, i trafficanti delle armi che vogliono il sangue non la pace».
-La Sindone, testimone della Resurrezione di Vincenzo Serra
Papa Francesco ha celebrato le due Messe nel Giovedì Santo, del Crisma e in coena Domini, mettendo al centro delle sue omelie il tema della misericordia, evocando anche gli attentati di Parigi come un oscuro è diabolico «rovescio» della misericordia che evoca il tradimento di Giuda.
La Messa crismale
Il Papa ha ricordato quante volte Gesù non fu compreso e il suo insegnamento fu rifiutato. Questo non avveniva solo a causa degli uomini, ma «del demonio, nemico dell'umanità». «Però il Signore "passa in mezzo" a coloro che cercano di fermarlo “e prosegue il suo cammino” (cfr Lc 4,30)». «Se rompe recinti e mette in discussione sicurezze è per aprire una breccia al torrente della Misericordia che, con il Padre e lo Spirito, desidera riversare sulla terra.
Una Misericordia che procede di bene in meglio: annuncia e porta qualcosa di nuovo: risana, libera e proclama l’anno di grazia del Signore». La Misericordia di Dio «è infinita e ineffabile», ma ispira anche una misericordia umana fatta di piccoli gesti, come quello del buon samaritano di cui ci parlano i Vangeli. Questa è la dinamica della Misericordia, che lega un piccolo gesto con un altro, e senza offendere nessuna fragilità, si estende un po’ di più nell’aiuto e nell’amore». Ciascuno di noi, incontrando la misericordia di Dio, è incitato a praticare a sua volta la misericordia. «Ci fa bene uscire dai nostri recinti, perché è proprio del Cuore di Dio traboccare di misericordia, straripare, spargendo la sua tenerezza, in modo tale che sempre ne avanzi, poiché il Signore preferisce che si perda qualcosa piuttosto che manchi una goccia, preferisce che tanti semi se li mangino gli uccelli piuttosto che alla semina manchi un solo seme, dal momento che tutti hanno la capacità di portare frutto abbondante, il 30, il 60, e fino al cento per uno».
Ai sacerdoti, il Papa ha ricordato due dinamiche in cui Dio «eccede in misericordia»: l'incontro e il perdono. Nell'incontro, Dio «si dà totalmente e in modo tale che, in ogni incontro, passa direttamente a celebrare una festa. Nella parabola del Padre Misericordioso rimaniamo sbalorditi di fronte a quell’uomo che corre, commosso, a gettarsi al collo di suo figlio; vedendo come lo abbraccia e lo bacia e si preoccupa di mettergli l’anello che lo fa sentire uguale, e i sandali propri di chi è figlio e non dipendente; e poi come mette tutti in movimento e ordina di organizzare una festa». E anche noi «non dobbiamo avere paura di esagerare nel nostro ringraziamento. Il giusto atteggiamento possiamo prenderlo da quel povero lebbroso che, vedendosi risanato, lascia i suoi nove compagni che vanno a compiere ciò che ha ordinato Gesù e torna ad inginocchiarsi ai piedi del Signore, glorificando e rendendo grazie e Dio a gran voce».
La misericordia infatti «restaura tutto e restituisce le persone alla loro dignità originaria. Per questo il ringraziamento effusivo è la risposta giusta: bisogna entrare subito alla festa, indossare l’abito, togliersi i rancori del figlio maggiore, rallegrarsi e festeggiare… ». In realtà solo chi festeggia la misericordia poi «può chiedere perdono e vedere più chiaramente come poter riparare il male commesso. Può farci bene domandarci: dopo essermi confessato, festeggio? O passo rapidamente ad un’altra cosa, come quando dopo essere andati dal medico, vediamo che le analisi non sono andate tanto male e le rimettiamo nella busta e passiamo a un’altra cosa. E quando faccio l’elemosina, dò tempo a chi la riceve di esprimere il suo ringraziamento, festeggio il suo sorriso e quelle benedizioni che ci danno i poveri, o proseguo in fretta con le mie cose dopo “aver lasciato cadere la moneta”?».
Sì, ha insistito il Papa, Dio perdona e ci fa passare «direttamente dalla vergogna più vergognosa alla dignità più alta senza passaggi intermedi. Il Signore lascia che la peccatrice perdonata gli lavi familiarmente i piedi con le sue lacrime. Appena Simon Pietro gli confessa il suo peccato e gli chiede di allontanarsi, Lui lo eleva alla dignità di pescatore di uomini. Noi, invece, tendiamo a separare i due atteggiamenti: quando ci vergogniamo del peccato, ci nascondiamo e andiamo con la testa bassa, come Adamo ed Eva, e quando siamo elevati a qualche dignità cerchiamo di coprire i peccati e ci piace farci vedere, quasi pavoneggiarci».
La nostra risposta al perdono del Signore «dovrebbe consistere nel mantenerci sempre in quella sana tensione tra una dignitosa vergogna e una dignità che sa vergognarsi: atteggiamento di chi per sé stesso cerca di umiliarsi e abbassarsi, ma è capace di accettare che il Signore lo innalzi per il bene della missione, senza compiacersene». Queste sono anche le regole per una buona confessione.
Il Papa ricorda ai sacerdoti che tante volte non riescono a comunicare la misericordia ai peccatori: «tante volte siamo ciechi, privi della bella luce della fede, non perché non abbiamo a portata di mano il Vangelo, ma per un eccesso di teologie complicate. Sentiamo che la nostra anima se ne va assetata di spiritualità, ma non per mancanza di Acqua Viva – che beviamo solo a sorsi –, ma per un eccesso di spiritualità “frizzanti”, di spiritualità “light”. Ci sentiamo anche prigionieri, non circondati, come tanti popoli, da invalicabili mura di pietra o da recinzioni di acciaio, ma da una mondanità virtuale che si apre e si chiude con un semplice click. Siamo oppressi, ma non da minacce e spintoni, come tanta povera gente, ma dal fascino di mille proposte di consumo che non possiamo scrollarci di dosso per camminare, liberi, sui sentieri che ci conducono all’amore dei nostri fratelli, al gregge del Signore, alle pecorelle che attendono la voce dei loro pastori».
Ma i sacerdoti non devono disperare. Infatti «Gesù viene a riscattarci, a farci uscire, per trasformarci da poveri e ciechi, da prigionieri e oppressi in ministri di misericordia e consolazione».
La Messa in coena Domini
La messa nella cena del Signore è stata celebrata nel Centro Accoglienza Richiedenti Asilo di Castelnuovo di Porto, alla periferia di Roma, dove il Papa ha lavato i piedi a quattro nigeriani cattolici, tre donne eritree copte, tre musulmani di diverse nazionalità, un indiano indù, un’operatrice italiana. «I gesti - ha detto - Francesco - parlano più delle immagini e delle parole, i gesti, in questa parola di Dio che abbiamo letto ci sono dei gesti: Gesù che serve, che lava i piedi, lui che era il capo lava i piedi agli altri, ai suoi. Secondo gesto, Giuda che va dai nemici di Gesù, quelli che non vogliono la pace con Gesù a prendere il denaro con il quale lo ha tradito, le 30 monete».
E anche in quello che ha fatto il Papa tra i rifugiati, ha spiegato Francesco, «ci sono due gesti: questo, tutti noi, insieme, musulmani, indi, cattolici, copti, evangelici, fratelli, figli dello stesso Dio, che vogliamo vivere in pace, integrati, un gesto. Tre giorni fa un gesto di guerra, di distruzione, in una città dell’Europa, da gente che non vuole vivere in pace, ma dietro quel gesto come dietro Giuda c’erano altri, dietro Giuda c’erano quelli che hanno dato il denaro perché Gesù fosse consegnato, dietro quel gesto ci sono i fabbricatori, i trafficanti delle armi che vogliono il sangue non la pace, la guerra non la fratellanza, due gesti, lo stesso Gesù lava i piedi e Giuda vende Gesù per denaro, noi tutti insieme diverse religioni, di diverse culture ma figli dello stesso padre, fratelli, e quelli che comprano le armi per distruggere».
Lavare i piedi a persone di culture e religioni diverse dice al mondo, ha affermato il Pontefice, che «siamo diversi, siamo differenti, abbiamo differenti culture e religioni, ma siamo fratelli e vogliamo vivere in pace, e questo è il gesto che io faccio con voi, ognuno di noi ha una storia, addosso, ognuno di voi ne ha una storia addosso, tante croci, tanti dolori ma anche ha un cuore aperto che vuole la fratellanza, ognuno nella sua lingua religiosa prega il Signore perché questa fratellanza si contagi nel mondo perché non ci siano le trenta monete per uccidere il fratello, perché sempre ci sia la fratellanza e la bontà. Così sia».