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SUD AMERICA

Milei, il presidente libertario che ha già cambiato l'Argentina

Javier Milei, il primo presidente libertario dell'Argentina, ha cambiato profondamente il paese in appena un anno di governo. In meglio o in peggio? Nonostante in coro di critiche, ci sono primi segnali di miglioramento.

Economia 12_12_2024
Javier Milei (La Presse)

Il primo anno di presidenza di Javier Milei, il primo presidente libertario, ha già cambiato profondamente l’Argentina. In meglio o in peggio? «La cartina al tornasole della comunicazione politica è Javier Milei. Tutti quelli che dicevano avrebbe fatto bene dicono stia facendo benissimo, tutti quelli che dicevano avrebbe fatto i disastri dicono stia facendo i disastri», scrive sul suo profilo X il comico Luca Bizzarri. Ed ha ragione. Mai come in questo caso, le analisi divergono addirittura nei dati, non solo nelle conclusioni. Dipende da quel che si vuole guardare.

Evitando, dunque, di addentrarci troppo nei tecnicismi, quali sono i risultati di Milei? L’Argentina è ancora un paese molto povero, con il 44,6% della popolazione in povertà relativa e l’11,6% in povertà assoluta. Ma sono dati in miglioramento costante, da quando Milei è presidente. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, nel primo trimestre dell’anno, quando era già presidente ma scontava ancora gli effetti delle politiche dei suoi predecessori, la povertà relativa è calata del 10,3% e quella assoluta del 9%. Si tratta di un miglioramento sensibile e continuo che è impossibile da sottovalutare.

Altri piccoli segnali di miglioramento nella vita quotidiana: è di nuovo possibile trovare appartamenti da affittare. Una delle prime riforme è stata la liberalizzazione degli affitti (che erano sottoposti a una rigida regolamentazione) e l’offerta, nella capitale, è aumentata del 170%. Da città di appartamenti vuoti, sta tornando a riempirsi, grazie a offerte più varie dai prezzi appetibili. È solo una delle tantissime liberalizzazioni e deregolamentazioni, l'ultima in ordine di tempo è quella dei trasporti. E tutte con lo scopo di spingere la concorrenza e abbassare i prezzi per i consumatori.

Chi concentra l’attenzione sui nuovi disoccupati, su tutti quelli che hanno perso il lavoro nel settore statale per i tagli alla spesa pubblica (50mila licenziati nel primo semestre, altri 70mila in uscita), vedono il bicchiere mezzo vuoto. Così come quelli che sono scesi a protestare in piazza, mese dopo mese, con cortei sempre più aggressivi, a cui la polizia ha risposto con durezza estrema. Milei ha chiesto poteri speciali, per il primo anno, per poter passare le riforme più drastiche senza passare dal dibattito parlamentare. Per questo, oltre che per l’azione della polizia nelle piazze, viene visto come un presidente più autoritario che libertario. Patricia Bullrich, ministro della Sicurezza si è fatta già la fame di dura e inflessibile tutrice dell’ordine, oltre che una orgogliosa combattente nella guerra alla droga. La strategia della tolleranza zero ha però funzionato. Anche nelle città più violente del narcotraffico, come Rosario, i crimini sono crollati del 62%. Meglio o peggio? Per i comuni cittadini: sicuramente meglio.

La principale battaglia che Milei sta combattendo è quella contro l’inflazione, che in campagna elettorale aveva definito un “crimine”. Economista ed esponente della Scuola Austriaca di economia (come maestri ha economisti del Novecento come Karl Menger, Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek e soprattutto Murray Rothbard, l’anarco-capitalista), Milei è convinto che l’inflazione sia un problema causato unicamente dallo Stato e dal suo vizio di stampare moneta per finanziare la spesa pubblica. La risposta? Emettere meno moneta. L’idea iniziale, quella di abolire la Banca Centrale e adottare il dollaro, è stata accantonata. Ma in ogni caso la politica monetaria, nel 2024, è molto più restrittiva rispetto al passato. I risultati non tardano a vedersi, anche se gli osservatori più critici già parlano di fallimento, constatando che il tasso di inflazione sia ancora molto alto, l’inflazione mensile continua a calare. Oggi è al 2,7% (dato di ottobre), un calo drastico rispetto al 25% del dicembre scorso. È l’inflazione che rende poveri gli argentini, azzerando il loro potere di acquisto. L’altro obiettivo che il presidente libertario vuole raggiungere è il pareggio di bilancio. La prova è stata vinta quest’anno, a gennaio l’Argentina registrava già un surplus di bilancio, il primo in 16 anni.

Quel che Milei offre, comunque, non è solo una ricetta economica per cercare di estrarre l’Argentina dal tunnel delle sue crisi ricorrenti. Gli interessa maggiormente promuovere una rivoluzione culturale: passare dal collettivo all’individuo, dal pubblico all’iniziativa privata, dalla “casta” alla responsabilità personale. Ed è questo principio che viene declinato in tutte le sue politiche. Contrariamente a molti altri libertari, è coerentemente contrario all’aborto, proprio perché difende i diritti naturali individuali di vita, libertà e proprietà, per tutti, anche per il nascituro. È un fiero nemico dell’ideologia gender e delle assunzioni per quota di donne, minoranze, gay e trans: vale solo il merito. Ha abolito tutti i programmi gender nelle scuole, abolito il Ministero della Donna del Gender e della Diversità (ne ha aboliti altri otto, di ministeri, con la sua “motosega”), vietato il linguaggio “gender neutral” nelle scuole e negli uffici pubblici.

Sul piano internazionale, soprattutto, Milei ha dimostrato di non indietreggiare di un passo rispetto a quanto dichiarava in campagna elettorale. Non disdegna la partecipazione ai massimi forum internazionali, come il World Economic Forum, la Conferenza Internazionale sul Clima o l’Assemblea Generale dell’Onu. Ma lo fa per condannarli apertamente, non appena prende la parola. Ha ritirato l’Argentina dalla Cop29 di Baku, ritenendo che la lotta al cambiamento climatico sia solo un cavallo di Troia per nuove politiche socialiste e la pianificazione industriale. E si è rifiutato di sottoscrivere l’Agenda 2030, ritenendola una politica fallimentare, capace di produrre più povertà e non di ridurla, perché basata sulla logica della redistribuzione e non su quella della produzione di ricchezza.

Lungi dall’essere isolato come un paria, Milei ha sempre più seguito anche all’estero. Ora negli Usa ha vinto le elezioni Trump, che lo ha apprezzato apertamente in più occasioni. Vivek Ramaswamy ed Elon Musk hanno creato il dipartimento per l’efficienza del governo, il Doge, pensando proprio alla “motosega” di Milei. Chissà che le due americhe, del Nord e del Sud, non tornino ad avvicinarsi di nuovo e con il Sud in posizione di traino politico per la prima volta in due secoli.