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EDITORIALE

Migranti, quando il bene fa male

Non c’è dubbio che all’odissea dei migranti irregolari occorra dare delle soluzioni umane. Sarebbe però ora di rendersi conto che all’ombra della solidarietà astratta e ideologica, si sta coagulando un blocco di interessi che tende, sulla pelle dei migranti, non a risolvere il problema bensì a renderlo permanente. 

- IRREGOLARI IN ITALIA, FACCIAMO I CONTI, di Matteo Borghi

Editoriali 07_10_2016
Immigrati

Non c’è dubbio che all’odissea dei migranti irregolari occorra dare delle soluzioni umane. E in proposito anche noi tra gli altri abbiamo cercato di dare un nostro contributo (clicca qui). Sarebbe però ora di cominciare a rendersi conto che all’ombra della solidarietà astratta e ideologica, che per lo più caratterizza l’attuale gestione del problema, si sta coagulando un blocco di interessi che tende, sulla pelle dei migranti, non a risolvere il problema bensì a renderlo permanente. All’ombra degli stereotipi ispirati all’internazionalismo proletario di antica memoria sessantottina, cui largamente si ispirano i grandi media e i loro cronisti e telecronisti di prima linea, ci si libera così dal dovere di guardare alla realtà delle cose, anche quando è di un’evidenza lampante. “Il re è nudo”: proviamo allora a dirlo.

Con riguardo al caso del passaggio via mare attraverso il Mediterraneo la prima cosa da dire è che non di soccorso di naufraghi si tratta bensì di trasbordi in mare aperto concordati. I migranti si imbarcano, oggi di solito su dei gommoni, che lasciano le coste nordafricane puntando verso il largo. A questo punto gli stessi passatori o loro complici inviano messaggi  alle navi della guardia costiera italiana e di altre forze mobilitate allo scopo informandole - in vista del successivo trasbordo - della loro posizione, della loro rotta e quindi del possibile punto d’incontro.

Di regola al momento della chiamata cosiddetta di soccorso non sta naufragando nessuno. Caso mai il naufragio comincia proprio a seguito del soccorso. Senza infatti nulla togliere ai meriti degli equipaggi tanto militari quanto civili che gestiscono queste operazioni, resta il fatto che un trasbordo in mare aperto è una manovra di emergenza anche per gente di mare ben addestrata; tanto più lo è dunque per persone non addestrate, sfinite e impaurite. Perciò non è rarissimo che durante il trasbordo qualche migrante perda la vita. 

Il presunto soccorso è pertanto un’obiettiva complicità con le organizzazioni criminali di passatori che governano questo traffico di esseri umani. E’ chiaro poi che attorno a queste attività di pattugliamento si addensano gli interessi di chi rifornisce e vettovaglia le navi. C’è inoltre da  considerare il caso, su cui mai ci si sofferma, della fornitura dei gommoni, dei grossi motori fuori bordo di cui vanno dotati  e dei compressori d’aria che occorrono per gonfiarli. Tutte queste attrezzature non vengono di certo prodotte in Libia e dintorni. E se lo sono chi le produce in loco lavora su licenza di aziende occidentali. E’ dunque evidente che qualcuno in Europa sta facendo affari su queste forniture. Uno sguardo alle immagini fotografiche o televisive di questi natanti basta poi per rendersi conto che si tratta di materiale prodotto su misura per tale traffico. Hanno dimensioni maggiori e diverse di quelle normali per imbarcazioni del genere. A causa di ciò sono molto meno stabili e quindi durante il trasbordo tendono a rovesciarsi. 

Nel caso poi dell’afflusso di migranti irregolari via terra (che pure per ora riguarda l’Italia solo in piccola misura) c’è da considerare  che queste persone si muovono a piedi, e senza bagagli o quasi, soltanto quando si avvicinano alla linea di confine sotto gli obiettivi delle telecamere. Tutto il resto del loro spostamento è avvenuto con autobus o treni e avvalendosi di posti-tappa, seppur precari. Nei Paesi di prima accoglienza una quantità di interessi, beninteso in sé legittimi ma comunque corposi, si coagulano attorno alle gestione del loro alloggio e del loro mantenimento.

Un’altra quantità di interessi, questi in larga misura illegittimi, è riconducibile al fenomeno dei cosiddetti “minori non accompagnati” che nel caso specifico non sono quasi mai orfani in abbandono o ragazzi fuggiti da casa. Si tratta invece in genere di minori che le stesse famiglie hanno messo sulla via della migrazione irregolare sapendo che, se qui da noi giungono formalmente “in stato di abbandono”, per legge devono venire alloggiati, assistiti e avviati agli studi a carico dei comuni ove si presentano. Un sistema di norme sviluppato in ben altre epoche e per  ben altre urgenze viene insomma utilizzato in modo truffaldino.

Accogliere incondizionatamente questi minori non accompagnati sembra giusto e doveroso. E nell’immediato lo è nei confronti del diretto interessato, tenuto conto dell’odissea che ha alle spalle. Nondimeno non impegnarsi a fondo a contrastare tale fenomeno equivale a farsi complici di una truffa. Ebbene, nel nostro Paese di tale truffa è complice un buon numero di organizzazioni bene intenzionate.  

In conclusione la vicenda dei migranti irregolari dimostra ancora una volta quanto sia importante che l’emergenza resti tale: abbia cioè un carattere eccezionale e quindi  un tempo limitato. Altrimenti attorno alla sua gestione si coagulano interessi che più trascorre il tempo e più tendono non a risolverla bensì a farla perdurare.  Anche di questo sarebbe importante si rendessero conto le anime belle che sventolano senza tregua la bandiera dell’accoglienza indiscriminata permanente senza rendersi conto di tutto il male che viene provocato dalle loro buone ma miopi intenzioni.