Migliaia di persone in fuga dai combattimenti tra due tribù in Congo
Combattimenti tra due tribù hanno provocato nella Repubblica democratica del Congo quasi 900 morti e la distruzione di oltre 450 abitazioni. 16.000 i rifugiati nella vicina Repubblica del Congo
È stato l’intensificarsi degli scontri tra due tribù, da sempre in conflitto, i Batende e i Banunu, a mettere in fuga nella Repubblica democratica del Congo circa 16.000 abitanti di Yumbi, una città sulle rive del fiume Congo, nella provincia occidentale di Mai-Ndombe. All’origine dei combattimenti, iniziati nella seconda metà di dicembre e proseguiti per settimane, sembra essere stata la decisione dei Banunu di seppellire un loro capo tradizionale in città. I Batende, che a Yumbi e nei dintorni sono l’etnia più numerosa, hanno interpretato il gesto come una provocazione perché considerano Yumbi loro territorio. Nei giorni successivi dei giovani Banunu hanno provocato per strada dei Batende e poi la situazione è degenerata. Le Nazioni Unite riferiscono che durante gli scontri verificatisi in città e in molti villaggi vicini sono state uccise almeno 890 persone, a colpi di arma da fuoco, accoltellate e in alcuni casi bruciate vive. Più di 450 abitazioni sono state incendiate e distrutte. Gentiny Ngobila, governatore della provincia di Mai-Ndombe, in una intervista ha spiegato che l’ostilità tra le tue tribù nasce da una controversia su un terreno sorta negli anni 40 del secolo scorso, quando il Congo era ancora una colonia. “Nel 1963 – ha ricordato – centinaia di persone sono morte negli scontri tra Banunu e Batende. In quest’area basta una scintilla per scatenare la violenza”. Quasi tutti gli sfollati hanno raggiunto i distretti di Makotipoo e Bouemba nella vicina Repubblica del Congo. È il più grosso arrivo di profughi dalla RdC degli ultimi dieci anni. Sono soprattutto donne e bambini di etnia Banunu, almeno 150 dei quali feriti durante i combattimenti. L’Unhcr e il Wfp, il programma alimentare mondiale, hanno subito attivato i soccorsi provvedendo alla distribuzione di cibo, teli e altri generi di prima necessità, ma la situazione è critica perché i rifugiati sono ospitati in aree remote abitate da comunità già afflitte da scarsità di acqua, cibo e assistenza sanitaria. Alcune località per di più sono raggiungibili solo navigando sul fiume. Inoltre la stagione delle piogge e le inondazioni espongono i nuovi arrivati al rischio di contrarre la malaria e altre malattie causate da acqua contaminata.