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LIBERTA' RELIGIOSA/30

Messico, scontri e conflitti interrompono la Messa

Gli attacchi alla comunità cattolica interessano diversi ambiti: dalle irruzioni durante le celebrazioni alla violenza omicida.

Attualità 29_10_2011
Messico

Di anno in anno aumenta in Messico il numero delle vittime della guerra in corso del narcotraffico: nel 2007 erano 2.826, nell’intero 2010 se ne sono contate 15.273.

La lotta contro il narcotraffico, costata la vita a numerosi agenti di polizia, ha registrato nel tentativo di catturare i trafficanti, alcuni episodi molto gravi, come l’irruzione, avvenuta nel 2010, senza mandato e senza avviso preliminare, di circa 200 poliziotti in piena Messa, in una chiesa di Apatzingán (Michoacán): dopo aver chiuso le porte hanno liberato le donne e i bambini, per poi fermare e schedare gli uomini, nella speranza di catturare il capo supremo del Cartello “La Famiglia”.

La stessa Chiesa cattolica ha subito la violenza dei “cartelli” – riferisce il rapporto sulla libertà religiosa nel mondo dell’Istituto di Diritto Pontificio Aiuto alla Chiesa che soffre - che hanno assassinato il sacerdote Habacuc Hernández Benítez e, ad Arcelia, i seminaristi Eduardo Oregón Benítez e Silvestre González Cambrón, il cui veicolo è stato investito da almeno venti colpi di fucili automatici. Nel febbraio 2010, il sacerdote della chiesa dell’Assunzione del Sacrario Metropolitano,
José Luis Parra Puerto, è stato assassinato dopo essere stato rapinato di un furgone con cui percorreva uno dei quartieri occidentali del Distretto Federale. Anche la delinquenza comune svolge un ruolo di primo piano: secondo dati dell’Interpol, i templi e le opere d’arte sacra sono i più saccheggiati dell’America Latina. Uno studio del Centro cattolico multimediale, che dipende dall’episcopato messicano, ha rivelato che il Messico sarebbe il secondo posto più pericoloso per esercitare il sacerdozio in America Latina, dopo la Colombia.

Nel paese si sono verificati altri episodi di limitazione della libertà della Chiesa cattolica: ad esempio, quello avvenuto a San Sebastián Tutla, nel 2009,dove un gruppo di una cinquantina di persone, munite di coperte e striscioni, ha fatto irruzione nella cattedrale mentre si celebrava la Messa della domenica, interrompendo la cerimonia. Il gruppo era guidato dalle autorità municipali che volevano “amministrare” la chiesa. Avvenimento che ha spinto il vescovo a denunciare l’accaduto sostenendo che, in quella maniera, non si sarebbe rispettata la separazione tra la Chiesa e lo Stato e che spetta alla prima la gestione della chiesa parrocchiale.

La violenza nei confronti dei ministri del culto non si limita solo ai cattolici. Nel luglio 2009 sono stati assassinati alcuni membri della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, capeggiati da un boss narcotrafficante del “Cartello di Juárez”.

Nel maggio scorso, Radio Vaticana ha diffuso l’appello del settimanale cattolico Desde la Fe, sull’urgenza di formulare una legge che tuteli la libertà religiosa dei messicani. Negli ultimi mesi, infatti, il Paese è stato teatro di numerosi attacchi.

Nell’editoriale diffuso dal settimanale messicano si legge che gli “incidenti sacrileghi e riprovevoli” non devono rimanere impuniti nè essere usati come pretesto per sostenere che “le differenze religiose creano tensioni o che gli attacchi ai luoghi di culto siano protetti dalla libertà di parola”. Inoltre, sempre secondo il settimanale i motivi degli oltre 20 attacchi contro la Cattedrale sono dovuti alla mancanza di un ordinamento giuridico che assicuri il rispetto della libertà religiosa e la mancanza di volontà politica di garantire tale diritto per tutto il popolo. “La libertà religiosa - scrive il Desde la Fe - non consiste nel ripristinare vecchi e indesiderabili privilegi, quanto piuttosto le libertà essenziali che favoriscono la cooperazione nella costruzione di una società più unita, con obiettivi comuni”.

L’editoriale attribuisce anche all’assenza di un quadro giuridico e alla presenza di gruppi di “partigiani che non nascondono il loro odio per Cristo e la Chiesa cattolica”, la responsabilità dei numerosi scontri tra le diverse comunità pseudo-cattoliche rurali. Per i vescovi, infatti, la mancanza di chiarezza riguardo diritti e doveri delle diverse associazioni religiose, fornirebbe al Governo la scusa perfetta per attribuire alle differenze religiose conflitti di natura politica o sociale, evitando così di risolverli.

“La libertà religiosa nel nostro paese - conclude l’editoriale - non rappresenta il tentativo di riconquistare vecchi e indesiderabili privilegi; la stessa Chiesa è cosciente del fatto che uno Stato laico sia la scelta migliore per tutti. Si tratta altresì di libertà indispensabili alla costruzione di una società più solidale e giusta con obiettivi comuni”.

Degli attacchi che colpiscono la comunità cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre ha parlato, nel maggio scorso, con il portavoce dell’arcidiocesi di Città del Messico, padre Hugo Valdemar, il quale ha dichiarato: “Sono attacchi provenienti da un Partito politico, il Partito della Rivoluzione Democratica (Partido de la Revolución Democrática-PRD), che rimprovera alla Chiesa di aver sostenuto alle ultime elezioni l’attuale Presidente della Repubblica, anziché il loro candidato”.
Il fatto più clamoroso di quest’anno, è stato l’attacco - il 24 aprile, giorno di Pasqua - alla Cattedrale della capitale, Città del Messico. Durante la Messa, alcune persone sono entrate nella grande chiesa di Piazza della Costituzione, ingiuriando il cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo metropolita della città. Poco dopo lo stesso gruppetto ha distrutto un’immagine in ceramica della Vergine di Guadalupe.

Non è la prima volta che si verifica un fatto tanto grave: dal 2006 ne sono accaduti 29. “La cosa peggiore è che questi attacchi restano impuniti - ha dichiarato a Aiuto alla Chiesa che soffre monsignor Abelardo Alvarado Alcántara, arcivescovo ausiliario emerito del Messico - con la scusa che si tratta di libere azioni di chi non condivide la fede cattolica, per tanto protette dalla libertà di espressione”.

Ha spiegato padre Valdemar, che l’indifferenza delle autorità del Distretto Federale sarebbe la reazione alla condanna - da parte della Chiesa Cattolica - di alcune leggi approvate dall’attuale legislatura in materia di aborto, matrimoni omosessuali e adozioni da parte di genitori dello stesso sesso. Proprio per queste dichiarazioni, il portavoce dell’arcidiocesi è stato citato in giudizio dal Governatore di Città del Messico, Marcelo Ebrard, per violazione della legge su Associazioni Religiose e Culto pubblico.

L’azione giuridica contro padre Valdemar - ha raccontato ad ACS monsignor Alcántara - ha dato luogo a un ulteriore appello della Chiesa messicana, affinché si faccia una riforma di garanzia della piena libertà religiosa e sia soppressa ogni restrizione prevista dalla legge, permettendo finalmente ai sacerdoti di esprimere opinioni riguardo la politica del governo, com’è nel loro pieno diritto. Sono molti anni che i vescovi messicani, guidati dal cardinale Norberto Rivera Carrera, esercitano pressioni sul Congresso per una modifica dell’art. 1 della Costituzione, inerente ai diritti umani. La riforma è passata al Senato l’8 maggio scorso, ma per entrare in vigore deve essere ratificata da 16 Stati della Confederazione messicana (12 l’hanno già approvata).

“In Messico - ha spiegato a Aiuto alla Chiesa che Soffre padre Valdemar - c’è libertà di culto, ma non una reale libertà religiosa. Tanto che la professione della fede è riservata esclusivamente all’ambito privato”. Alla Chiesa non è consentito avere mezzi di comunicazione, esprimere opinioni politiche, criticare le leggi, “anche qualora queste siano ingiuste” ed essere attivamente presente nell’ambito sociale.