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COSA DICE LA SCIENZA

Messe a rischio Covid-19? Non per l'epidemiologia

La sospensione delle Messe non ha fondamenti epidemiologici. Almeno stando alle raccomandazioni dell'ISS sulla prevenzione. E la comunione sulle mani è quanto di più antigienico possa esistere. Consigli ai vescovi che da anni non producono documenti scientifici.

Ecclesia 03_03_2020

La decisione presa dai vescovi lombardi, veneti e emilani ha stupito molti fedeli. Allo stupore per una decisione che andava ben oltre le stesse richieste del Ministero e delle Regioni, è seguito in molti fedeli dolore e dispiacere. Sentimenti che sono arrivati anche alle orecchie dei responsabili delle diocesi stesse. La replica è stata abbastanza sorprendente. A chi chiedeva il ripristino della Santa Messa per ragioni di Fede, si è risposto con motivazioni che facevano riferimento in primo luogo al rispetto dell’ordine costituito.

Ad esempio, è stato detto che essere cittadini onesti significa rispettare le leggi dello Stato, evocando il classico “dare a Dio quello che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”. Ci permettiamo di eccepire. In particolare in materia sanitaria, non sempre lo Stato ha legiferato secondo criteri di verità e giustizia: la legge sull’aborto ad esempio non pare corrispondere a tali criteri, tant’è che la Chiesa vi si è sempre opposta e ha sempre invitato all’obiezione di coscienza. Un altro esempio di legislazione in materia sanitaria assai discutibile è quello del fine-via, o eutanasia. Anche qui sembrerebbe doveroso vagliare criticamente una tale legge dello Stato, e opporvisi.

I difensori ecclesiastici delle attuali disposizioni governative in merito all’emergenza Coronavirus hanno anche sostenuto la necessità di rispettare rigidamente le norme per il bene della collettività, fidandosi del parere degli esperti.

Tuttavia, non è dato di sapere a quali fonti informative scientifiche i Pastori si siano affidati per arrivare a sospendere il culto per motivi di salute pubblica. Da questo punto di vista, è impressionante constatare la totale assenza negli specifici organismi di governo della Chiesa che dovrebbero sostenere la pastorale di un giudizio sull’epidemia nata in Cina nelle ultime settimane e poi diffusa a livello mondiale.

Proviamo ad andare a vedere il sito del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute): non c’è nulla. Anzi, si può notare che l’ultimo documento pubblicato risale al 2016. Il Pontificio Consiglio non sembra distinguersi per attivismo pastorale. Ma andiamo avanti: veniamo all’Italia: la nostra Conferenza Episcopale è dotata di un Ufficio Nazionale Per la Pastorale della salute. Anche in questo caso non troviamo alcun documento recente. Il riferimento è un documento del 1989: La pastorale della salute nella Chiesa italiana.

Linee di pastorale sanitaria. Per il resto solo informazioni su corsi e convegni. Eppure dal 1989 ad oggi non sono mancate le questioni sanitarie su cui prendere posizione.

Passiamo alla grande Arcidiocesi di Milano, la più grande del Paese. Qui esiste presso la Curia ambrosiana un Servizio per la pastorale della salute dell’Arcidiocesi di Milano. La pagina del sito del Servizio si apre con i consigli librari, fermi peraltro al lontano 2013. Anche in questo caso non ci sono molti aggiornamenti su questioni relative alla pastorale sanitaria, benchè tra le finalità del Servizio ci sia – si legge- “lo studio dei progetti di legge e dei piani programmatici in materia sanitaria, soprattutto a livello regionale, e contatti con i pubblici amministratori operanti nel settore.”

Vediamo allora come questi Servizi, Uffici, potrebbero affrontare l’attuale epidemia, servendo al meglio le comunità.

Il confronto dovrebbe partire con quelle che sono le linee guida elaborate dagli organismi preposti, in particolare l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute.

Lo Stato che tanto disciplinatamente deve essere obbedito cosa dice a proposito della Prevenzione della diffusione del Coronavirus? L’ISS e il Ministero della Salute in collaborazione con Regioni, Ordini professionali e Società scientifiche hanno dettato in un documento le linee guida per affrontare l’epidemia. Alla voce “Prevenzione” viene spiegato che per proteggere la popolazione occorre adottare le seguenti misure: lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni a base di alcol per eliminare il virus dalle tue mani. Mantenere una certa distanza – almeno due metri – dalle altre persone, in particolare quando tossiscono o starnutiscono o se hanno la febbre, perché il virus è contenuto nelle goccioline di saliva e può essere trasmesso col respiro a distanza ravvicinata. Evitare di toccarsi occhi, naso e bocca con le mani se presenti febbre, tosse o difficoltà respiratorie.

Dunque, l’osservanza di queste norme presuppone la chiusura delle chiese, o meglio la sospensione delle Messe? Si direbbe proprio di no. Basterebbe informare i fedeli (che peraltro sono già sicuramente informati grazie ad altre fonti) di queste misure di tipo igienico. La sospensione delle Messe tout court non ha quindi un fondamento epidemiologico.

E a proposito di igiene: sarebbe bene chiarire da subito alcuni aspetti di tipo sanitario fondamentali, prima che vengano introdotte misure liturgiche che rappresenterebbero gravi errori di tipo sanitario. Ci riferiamo in particolare all’obbligo di ricevere la Comunione sulle mani. Le evidenze scientifiche ci dicono che le mani sono un ricettacolo di germi, virus e batteri che circolano e con cui veniamo in contatto toccando le più diverse superfici. L’igiene delle mani è un elemento fondamentale per prevenire le infezioni. Secondo il Center for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta rappresenta il "most important means of preventing the spread of infection", la misura più importante per prevenire la diffusione delle infezioni. Ricevere la Comunione sulle mani è quindi assolutamente anti-igienico, e va di gran lunga preferita la Comunione direttamente in bocca. E per quanto riguarda la rimozione o il prosciugamento delle acquasantiere, anche qui non c’è nessuna evidenza che il Coronavirus possa sopravvivere in acqua e da lì diffondersi a chi semplicemente con quell’acqua si asperge la fronte.

Ben venga dunque l’attenzione della Chiesa per la Medicina o la Biologia, ma a ragion veduta e su basi scientifiche.