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PAPA

Messaggio per la pace, alcune note positive

Nel messaggio per la Giornata mondiale per la pace, papa Francesco accanto ad alcuni temi sociali più volte ripetuti si distacca un po' da precedenti documenti ponendo una maggiore accentuazione del primato di Dio e con un esplicito riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa.

Editoriali 19_12_2020 English Español
papa francesco

I documenti ecclesiali durante questo pontificato si segnalano per la loro prevalente orizzontalità. Diminuiscono i riferimenti religiosi, aumentano le considerazioni sociali  e politiche. La Chiesa parla sempre di più dell’uomo e sempre meno di Dio? L’impressione generale è proprio questa: la Chiesa mostra di avere molto a cuore la “questione antropologica”, ma senza inserirla nella priorità della “questione teologica” diventa difficile affrontarla in modo adeguato.

Come si colloca, dentro questa problematica, il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace del prossimo 1 gennaio 2021? Esso ha per titolo “La cultura della cura per un percorso di pace” ed è rivolto ai “Capi di Stato e di Governo, ai responsabili delle Organizzazioni internazionali, ai leader spirituali e ai fedeli delle varie religioni, agli uomini e alle donne di buona volontà” (come si vede, qui rimane l’espressione che è stata tolta dal nuovo Messale).
Nel suo Messaggio papa Francesco da un lato tende a ripetere alcune sue insistenti (e quindi note) posizioni - come per esempio la fratellanza universale, la collaborazione tra le religioni nel segno di Abu Dhabi, il patto educativo globale - dall’altro se ne distacca un po’ soprattutto con una maggiore accentuazione del primato di Dio e con un esplicito riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa.

Il Messaggio fonda tutto il discorso della “cura” che gli uomini devono avere l’uno per l’altro su Dio Creatore e Cristo Redentore. È Dio a prendersi per primo cura dell’uomo e da ciò deriva la suprema dignità di quest’ultimo nell’ordine del creato. Il papa può quindi parlare di un “piano di Dio” sulla creazione, espressione che fa ricordare le ormai non più adoperate espressioni “legge morale naturale” e “ordine finalistico della natura”.
La cura, poi e soprattutto, viene incarnata da Gesù Cristo ed ha come vertice la sua Morte e Resurrezione: “Gesù suggella la sua cura per noi offrendosi sulla croce e liberandoci così dalla schiavitù del peccato e della morte”. In questo modo il Documento, pur dedicandosi anche a tanti problemi sociali contingenti, mantiene una prospettiva veramente cristiana, richiamando alcune verità della tradizione dogmatica e non solo pastorali. Si tratta di aspetti positivi degni di nota.

Anche l’uso dell’espressione “Dottrina sociale della Chiesa”, oggi pressoché desueto, suscita l’interesse del lettore del Messaggio: “La diakonia delle origini, arricchita dalla riflessione dei Padri e animata, attraverso i secoli, dalla carità operosa di tanti testimoni luminosi della fede, è diventata il cuore pulsante della dottrina sociale della Chiesa, offrendosi a tutte le persone di buona volontà come un prezioso patrimonio di principi, criteri e indicazioni, da cui attingere la ‘grammatica’ della cura”.
Questo concetto della “grammatica” – come anche quello della “bussola” adoperato più avanti nel testo del Messaggio - è significativo, perché richiama ad un ordine, ad una sintassi delle relazioni umane e con Dio che orientano l’agire umano. Anche l’espressione “cuore pulsante” è bella, perché dice che la Dottrina sociale è per la vita.

A questi due accenti, che danno al documento il tono di una riflessione propriamente religiosa, altri aspetti si mantengono all’interno di una visione più sociale e politica, con espressioni non sempre convincenti. Così della dignità della persona si mettono in luce prima di tutto i diritti, mentre questi sono solo conseguenti ai doveri, aderendo in questo modo ad un pensiero oggi prevalente ma impreciso. Il riferimento biblico a Dio Creatore, a cui ho accennato più sopra, è svolto dopo questa frase: “In molte tradizioni religiose, vi sono narrazioni che si riferiscono all’origine dell’uomo, al suo rapporto con il Creatore, con la natura e con i suoi simili”. Così facendo, il Messaggio unifica indifferentemente su questo punto fondamentale della creazione tutte, o molte, religioni, non valorizzando la specificità cattolica.

Come è ben noto, l’islam o il protestantesimo non hanno una visione uguale della creazione – pur ambedue ammettendola – né uguale tra di loro né tantomeno uguale a quella cattolica. Per fare un solo esempio utilizzando gli stessi termini adoperati in questo Messaggio: né per l’islam né per il protestantesimo si dà una “grammatica” a seguito della creazione, una sintassi collocata dentro l’universo della cose create. Questa differenza tra le religioni non è estranea a come esse intendono poi la “cura”, che è appunto il tema del Messaggio. Per questo, espressioni come la seguente confondono più che chiarire: “Le religioni in generale, e i leader religiosi in particolare, possono svolgere un ruolo insostituibile nel trasmettere ai fedeli e alla società i valori della solidarietà”.

Rimangono poi incerti – ossia interpretabili ideologicamente – i temi dello “scarto” (nel Messaggio non si fa riferimento alla principale forma di scarto prodotto oggi dalla malvagità umana, ossia l’aborto), della cura dell’ambiente (non ci si smarca dalla nuova religione ambientalista e climatista), del patto educativo globale (non ci si distingue da analoghe posizioni dell’ONU).