Medjugorje: giurisdizione sottratta al vescovo
«Il Vescovo è l'interprete degli eventi soprannaturali in seno alla sua giurisdizione, ma purché si eserciti il discernimento correttamente. La Curia di Mostar produceva invece documenti inesatti senza vagliare i fatti. Non a caso Bertone, pur poco convinto delle apparizioni, scrisse che allo stato a cui si era pervenuti le dichiarazioni del vescovo di Mostar erano da considerarsi sue opinioni».
Un altro aspetto che considero superato è il reiterato appellarsi dei detrattori di Medjugorje alle ben note e datate valutazioni del Vescovo di Mostar. La Congregazione per la Dottrina della Fede, in un documento apposito del 1978, stabilisce che l’Ordinario diocesano è il primo interprete degli eventi soprannaturali che si verifichino in seno alla sua giurisdizione. Ma questa norma è valida purché lo stesso eserciti il suo discernimento in modo corretto. Ora la narrazione degli eventi di Medjugorje rivela come mons. Ratko Perić abbia da sempre dimostrato pregiudizio nei confronti degli strumenti che la Vergine si è scelta in questa sua mariofania. Per esempio, non ha costituito un'apposita Commissione né ha mai voluto incontrare, interrogare, ascoltare i veggenti, venendo forse meno alla sua paternità di Vescovo, certamente a una completezza di giudizio.
Di alcuni fatti che lo coinvolgono sono stato testimone. Per esempio, anni fa, ho fatto da tramite tra un’Associazione di fedeli e un arcivescovo, futuro cardinale, considerato tra i canonisti più importanti della Santa Sede. Dovevo chiedergli un consiglio in merito alla situazione di profonda sofferenza in cui versava padre Iozo Zovko, parroco a Medjugorje all’inizio delle apparizioni, inviso al Vescovo di Mostar. Il mio interlocutore indirizzò l’Associazione da un importante avvocato canonista vaticano, il quale dopo aver analizzato i documenti che gli furono presentati e ascoltato a lungo gli intervenuti, consigliò di aprire un fascicolo contro l’Ordinario diocesano per un evidente caso di fumus persecutionis, che contava di dimostrare facilmente.
Non se ne fece nulla, perché padre Jozo preferì sopportare le ingiurie che fare causa al Vescovo, per amore dell’obbedienza alla gerarchia che la Chiesa insegna. E tale scelta non fu indolore, perché da quel momento il frate dovette quasi rinunciare alla sua testimonianza, che aveva reso forte e pubblica sulle apparizioni e il messaggio, fedele a un preciso invito della Madonna che a Medjugorje chiede di gridare la Verità anche dai tetti. Un secondo episodio risale a qualche anno prima, il 2001. Stavo scrivendo, con Vincenzo Sansonetti, il mio primo libro su Medjugorje e mi informarono che la Curia di Mostar produceva documenti sugli strumenti umani che la Madonna si è scelta pieni di inesattezze, che rasentavano la calunnia e la diffamazione. In particolare Jelena Vasilij, una giovane con il dono delle locuzioni interiori, mi confidò molto addolorata di come in tali documenti si dicevano falsità su di lei e la sua famiglia, che mi furono confermate sia dalla mia conoscenza personale sia dalla gente del posto. In queste stesse fonti si asseriva anche che la veggente Marija Pavlović, sposata con un italiano, viveva a Monza, in un palazzo di proprietà, quando invece la famiglia – sei persone – posso assicurare che si trova ancora oggi a suo agio, pur stringendosi un po’, in un normalissimo appartamento, reso speciale dalla cura della padrona di casa.
Il citato documento della Sacra Congregazione prevede che, nei casi in cui il Vescovo sia in qualche modo inadempiente nel suo discernimento e/o in cui un dato evento abbia un’eco internazionale la Santa Sede possa e debba intervenire, come ha fatto nel 2010 Papa Benedetto istituendo la Commissione Ruini che, di fatto, ha esautorato l’Ordinario locale da ogni ulteriore indagine. Non a caso, l’allora segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, seppure personalmente poco aperto nei confronti delle apparizioni correnti, scrisse che allo stato a cui si era pervenuti le dichiarazioni del Vescovo di Mostar sulle apparizioni andavano considerate alla stregua di opinioni personali. E la validità di queste affermazioni si fa, a mio parere, evidente con le decisioni prese ora: con l’affidamento di Medjugorje a un «Visitatore apostolico permanente» mons. Perić si vede sfilare definitivamente dai propri pensieri il villaggio della Vergine.
Certamente il Papa, sottolineando che l’incarico dato a Hoser è squisitamente di natura pastorale, fa intendere che si riserva un eventuale pronunciamento sulla veridicità dell’evento, tuttavia – vale la pena approfondirlo – questa scelta è molto indicativa della strada intrapresa, che a livello giuridico passerà dalla creazione di una nuova Diocesi o, più probabilmente, di una Prelatura alle dirette dipendenze della Santa Sede (come già avviene a Loreto e a Pompei), resa necessaria dalla presenza di un Santuario mariano, meta di pellegrini da tutto il mondo, laddove la Madonna è certamente apparsa, almeno nel 1981… Insomma, nell’ultimo giorno del mese a Lei dedicato, di quest’anno del Signore 2018, per la Regina della Pace si dischiude, a Medjugorje, un futuro davvero più quieto, finalmente di pace.
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Già pubblicato: Un punto di non ritorno