Mediterraneo, un mare di buoni sentimenti (e tanti migranti)
Deludente avvio a Bari del grande convegno ecclesiale dei vescovi del Mediterraneo, fortemente voluto dal cardinale Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Al centro del discorso inaugurale la solita questione migranti. Il riferimento ideale è ai Colloqui mediterranei organizzati a Firenze alla fine degli anni '50 dal "sindaco santo" Giorgio La Pira. Ma della visione e della strategia di La Pira per il Mediterraneo non c'è neanche l'ombra.
- "PORTE APERTE PER TUTTI", IL GOVERNO CI LAVORA, di Gianandrea Gaiani
Ma era necessario mettere in piedi un evento così ricco e complesso (ci sono presenti 58 tra vescovi e cardinali di 20 paesi interessati dal Mediterraneo) per poi esordire con l’ennesima tirata sui migranti? L’inaugurazione avvenuta ieri dell’incontro dei vescovi dei paesi del Mediterraneo, fortemente voluto dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, è stato piuttosto deludente.
“Mediterraneo frontiera di pace” è il titolo dell’incontro che si svolge a Bari e si concluderà domenica con la messa che sarà presieduta da papa Francesco, il quale al cardinale Bassetti ha inviato un messaggio molto chiaro: non voglio mi presentiate problemi, ma proposte concrete.
Ma proposte su cosa? Aprendo i lavori ieri il cardinale Bassetti ne ha dato un esempio: partendo dalla constatazione che il Mediterraneo è «ridotto a tomba di migliaia di fratelli», ha parlato di «un nuovo concetto di cittadinanza (…), presupposto e conseguenza di una vera fratellanza», con esplicito riferimento al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato un anno fa ad Abu Dhabi da papa Francesco e dal Grande Imam di al-Azhar. Andando al sodo, si ripropone la cittadinanza nei paesi democratici per tutti gli immigrati, segno di «accoglienza e integrazione», non senza una stoccata per coloro che pur «distanti da un riferimento religioso interiore e interiorizzato» mettono in atto una «manipolazione identitaria della matrice religiosa» (indovinate con chi ce l’aveva). Insomma è la solita solfa che viene propinata a ogni appuntamento istituzionale della Chiesa.
È vero, il cardinale Bassetti ha toccato anche altri punti: la pericolosa conflittualità che coinvolge alcuni paesi della sponda sud del Mediterraneo, il «muro economico e di interessi» che divide i paesi, il forte squilibrio tra paesi poveri e paesi ricchi, le Chiese minacciate e perseguitate (ma curiosamente viste come occasione di dialogo interreligioso). Però ciclicamente il discorso riportava alle migrazioni e al dovere dell’accoglienza.
Deludente, dicevamo, perché in fondo le anticipazioni dello stesso cardinale Bassetti, i tanti interventi in preparazione di questo evento, lasciavano presagire qualcosa di nuovo. Più volte il presidente dei vescovi italiani ha ricordato che l’ispirazione per questo incontro gli è venuta ripensando a Giorgio La Pira, il “sindaco santo” che guidò Firenze tra il 1951 e il 1965, facendo del capoluogo toscano il centro di una grande attività diplomatica internazionale. Bassetti ha ricordato più volte di essere stato affascinato da La Pira quando, da seminarista a Firenze a metà degli anni ‘50, ha avuto modo di ascoltarlo più volte parlare del disegno di Dio sulla storia dei popoli.
E proprio in quegli anni lì La Pira maturava la consapevolezza che il Mediterraneo – il «grande lago di Tiberiade» in cui si incrociano le tre religioni monoteiste che hanno in Abramo il loro padre - è il punto decisivo per la pace mondiale. Al punto che diede vita a Firenze ai “Colloqui mediterranei”, quattro appuntamenti tra il 1958 e il 1964.
Nel discorso di ieri, il cardinale Bassetti è partito ancora una volta da una citazione di La Pira, e in diversi passaggi del suo intervento si sentiva riecheggiare un certo linguaggio lapiriano, ma – ci perdoni Sua Eminenza – i riferimenti suonavano più che altro come un ricordo sentimentale, piuttosto vuoto nei contenuti. Non c’è dubbio che Bassetti abbia voluto davvero riprendere l’intuizione di La Pira sulla “vocazione” del Mediterraneo; non c’è dubbio che l’intenzione fosse ottima; ma altrettanto onestamente si deve dire che a parte il richiamo alla centralità del Mediterraneo per la pace mondiale – peraltro senza darne le vere ragioni -, si avvertiva la distanza siderale dal pensiero e dall’azione del “sindaco santo”.
La visione di La Pira riguardo al Mediterraneo nasceva da una chiara ed esplicita visione religiosa, che proponeva a tutti i suoi interlocutori, cristiani, ebrei, musulmani, atei che fossero. Ma poi questa visione si traduceva in una strategia politica molto concreta. La Pira è stato capace di portare a Firenze (nel 1958) e far parlare insieme i leader del mondo arabo e dello stato di Israele in un periodo travagliatissimo per il Medio Oriente: subito dopo la crisi di Suez, che aveva coinvolto le grandi potenze coloniali e mondiali, nonché Israele; mentre sembrava trionfare il pan-arabismo sotto la guida del presidente egiziano Nasser; mentre era in corso il processo di decolonizzazione del Nord Africa dal dominio francese (nel 1956 la Tunisia si era proclamata indipendente mentre nel frattempo infuriava la guerra d’Algeria che si concluderà soltanto nel 1962).
Tutto questo fu possibile grazie al grande attivismo diplomatico di La Pira che negli anni precedenti aveva girato a più riprese i paesi del Medio Oriente, stringendo rapporti di amicizia personali con i principali leader e favorendo anche una azione mediatrice del governo italiano – allora guidato dal suo amico Amintore Fanfani –, resa credibile anche dal coinvolgimento economico grazie all’ENI di Enrico Mattei, anche lui grande amico di La Pira e Fanfani, con cui agiva di concerto.
Insomma i Colloqui mediterranei di Firenze erano frutto di anni di grande lavorio diplomatico e costituirono davvero l’occasione di creare dei ponti tra realtà che non avevano altri canali di comunicazione; una occasione spinta dalla visione religiosa che guidava La Pira, che peraltro attribuiva a Firenze una “vocazione” particolare proprio in questa prospettiva.
Nulla di tutto questo si intravvede nell’evento di Bari (peraltro confinato ai soli vescovi cattolici), malgrado i riferimenti ideali e le citazioni. Se poi tutto si riduce alla solita tiritera sull’accoglienza e su «Cristo migrante» (citazione dal discorso del cardinale Bassetti), allora veramente se ne poteva fare tranquillamente a meno. L’unica cosa che ci si può realisticamente aspettare da questo incontro è la possibilità che cresca l’amicizia e la cooperazione tra i vescovi europei e mediorientali; che soprattutto i vescovi europei sappiano ascoltare e capire quanto le Chiese che rischiano di scomparire, e che offrono grandi testimonianze di fede, hanno da dirci. Ma troveranno interlocutori attenti? E, soprattutto, Interessa?