Matrimoni in crescita, ma sono più instabili
Nel 2015 si sono celebrati 194.377 matrimoni, con un aumento di 4.600 unità rispetto all’anno precedente. Dato in aumento anche in percentuale rispetto alla popolazione. Non è tutto rose e fiori: sono in aumento (+57%) anche i divorzi. Soprattutto a causa della nuova legge sul divorzio breve.
In un momento in cui anche i gay vogliono sposarsi, gli eterosessuali hanno forse avuto uno scatto di orgoglio e l’Istat ci comunica che per la prima volta dopo tanti anni il numero di matrimoni è in crescita.
Nel 2015 si sono celebrati 194.377 matrimoni, con un aumento di 4.600 unità rispetto all’anno precedente. Se invece andiamo a paragonare l’anno 2014 con il 2013 scopriamo che c’era stata una flessione: 4.300 matrimoni in meno. Un trend negativo che contava 10mila matrimoni in difetto all’anno come media dal 2008 al 2014. Quindi nel 2015 non solo si è appianata la perdita del 2014, ma addirittura c’è stata una crescita di pari valore alla diminuzione di due anni fa. Una crescita comunque di poco spessore, dato che il numero di matrimoni rispetto al 2008 è sceso del 20%. Un quinto in soli otto anni.
L’aumento del numero assoluto di matrimoni non sta a significare di necessità che è aumentata la propensione a sposarsi. Infatti, per mera ipotesi di scuola, l’incremento della popolazione in età da marito potrebbe comportare un corrispettivo aumento del numero totale di matrimoni. Caso comunque da escludersi dato che la popolazione giovanile in Italia è in diminuzione. Il dato invece che occorre andare a verificare è quello percentuale. Anche in questo caso si registra un innalzamento della quota di persone che hanno deciso di sposarsi: 429 per 1.000 uomini e 474 per 1.000 donne nel 2015, quando nel 2014 si registrava rispettivamente 421/1000 e 463/1000.
Sembrerebbe quindi che ci sia in atto forse una certa inversione di tendenza, ma occorre più tempo per confermare questa ipotesi. Se così fosse sarebbe necessario interrogarsi sulle motivazioni di questo trend positivo. Ritorno ai valori tradizionali? Saturazione sociale nei confronti di un edonismo troppo spinto e vacuo? Desiderio di stabilità quando tutto il mondo promette solo precarietà? Voglia di non di vivere alla giornata ma di progettare il futuro? La parola ai sociologi. Certo è che il trend positivo da una parte è da accreditarsi, seppur in modo non rilevante (17% sul totale), all’aumento delle seconde nozze civili e dall’altra però non si può attribuire ai flussi migratori – gli abitanti del Sud del mondo hanno la propensione a sposarsi di più e a divorziare di meno – perché i matrimoni con stranieri sono in calo.
Dopo le luci ecco le ombre e parliamo di separazioni e divorzi. Il dato fornito dall’Istat quest’anno non è tecnicamente probante perché, come sottolinea lo stesso istituto di statistica, risente dell’introduzione del divorzio breve. Se infatti la percentuale di divorzi dal 2013 al 2014 segnava una leggera flessione, i divorzi nel 2015 sono addirittura schizzati ad un + 57% rispetto all’anno precedente, proprio perché la legge ora permette di accorciare i tempi di divorzio e dunque coloro i quali avevano in animo di sciogliere il proprio vincolo hanno deciso, potremmo dire tutti assieme e contemporaneamente, di avvalersi di questa possibilità. Da qui l’innalzamento esponenziale del numero di divorzi, segno comunque eloquente che per l’italiano medio il matrimonio non è un vincolo indissolubile, soprattutto quando è stato contratto davanti al sindaco. Le separazioni, rispetto al 2014 aumentano poi di un 2,7%. Nel biennio precedente invece l’Istat rilevava un sostanziale assestamento del fenomeno separazioni-divorzi. Accanto a questi dati l’Istat ne indica un altro assai interessante: i matrimoni più recenti durano di più, ma solo quelli celebrati con rito religioso. Il report dell’Istat ci informa che “a distanza di 10 anni dalle nozze, i matrimoni sopravviventi sono, rispettivamente, 911 e 914 su 1.000 per le coorti di matrimonio del 1995 e del 2005”. Tale andamento è invece opposto per i matrimoni civili: quelli più recenti durano di meno.
Altri trend negativi. L’età in cui ci si sposa cresce: 35 anni per gli uomini e 32 per le donne. Un anno in più per entrambi i sessi rispetto al 2014. E dato che comunque gli italiani se decidono di mettere al mondo un figlio, lo decidono soprattutto quando sono sposati, spostare avanti l’età del matrimonio significa anche diminuire le possibilità di avere figli.
Ulteriore dato negativo: crescono dell’8% rispetto al 2014 i matrimoni con rito civile che ormai sono il 45% del totale a detrimento di quelli religiosi. Ma l’aumento è da addebitarsi soprattutto al numero crescente di seconde nozze. Resta comunque il dato che il rito civile è sempre più scelto anche per le prime nozze: 20% nel 2008, 30% nel 2015.
Quindi in sintesi crescono il numero di matrimoni – e nella crescita aumentano percentualmente quelli civili - nonchè la propensione a sposarsi, di contro cresce l’instabilità coniugale, anche al netto dell’introduzione del divorzio breve, soprattutto per i matrimoni civili, e il vincolo coniugale, rispetto al passato, pare che resista di più, ma solo quello contratto in chiesa.