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FAMIGLIA

Matrimoni gay: tre notizie buone (e una cattiva)

Non ci sono soltanto le notizie cattive. È che le buone hanno scarsissima eco: non sia mai che qualcuno  provi a sostenere le ragioni della famiglia. Epppure successi piccoli in apparenza insegnano che il dissolvimento della famiglia non è un destino ineluttabile. Lo confermano tre episodi.

Editoriali 05_10_2014
No alla registrazione dei matrimoni gay

Non ci sono soltanto le notizie cattive. È che le buone hanno scarsissima eco: non sia mai che qualcuno prenda coraggio e provi a sostenere con maggiore convinzione le ragioni della famiglia! Eppure successi piccoli in apparenza insegnano che il dissolvimento della famiglia non è un destino ineluttabile, e che nessun impegno nella direzione giusta è vano. Lo confermano tre episodi accaduti negli ultimi giorni.

1). Trento, martedì 30 settembre. Il Consiglio provinciale decide di rinviare il d.d.l. sull’omofobia. Il motivo esposto dal presidente della provincia autonoma Rossi è che esistono provvedimenti più urgenti da approvare. I motivi sostanziali coincidono con la forte opposizione, manifestata dentro e fuori il Consiglio, verso un provvedimento che avrebbe oltrepassato la competenza di quell’ente territoriale, e che sarebbe stato fonte di discriminazioni; dentro, con la presentazione di circa 1.500 emendamenti da parte dei contrari, fuori, con una mobilitazione non solo di matrice confessionale.

2). Montecitorio, mercoledì 1° ottobre. Rispondendo a una interrogazione presentata dall’onorevole Gigli e da altri deputati del Gruppo per l’Italia, il ministro dell’Interno Alfano affronta la questione dei registri comunali di trascrizione dei matrimoni fra persone dello stesso sesso contratti all’estero: una vicenda culminata nelle settimane precedenti con il conflitto fra il sindaco di Bologna Merola, che lo aveva istituito, e il prefetto della stessa città, che lo aveva esortato a sopprimerlo. Ecco le parole del titolare del Viminale: «Nessuna azione, nessuna attività, nessuna decisione, nessuna direttiva dei sindaci, in materia di stato civile, può prescindere dal quadro normativo vigente nel nostro Paese. Pertanto, il prefetto di Bologna ha eseguito correttamente la sua funzione e cioè il compito di garantire che l'operato del sindaco fosse in linea con le norme attuali. (…) Il sindaco, in questa materia - che rientra nella competenza esclusiva dello Stato -, non agisce in via autonoma, ma opera nella veste di ufficiale di governo e, proprio per questo, deve attenersi alle direttive del Ministero dell'Interno. Spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua discrezionalità politica, individuare le giuste forme di garanzia e di riconoscimento per tali unioni». Va da sé che quel che vale per Merola a Bologna vale a maggior ragione per Marino a Roma; resta incerto se nella Capitale vi sarà una riedizione della dialettica prefetto/sindaco, o se sarà prevenuta da una circolare a sindaci e a prefetti da parte dello stesso Viminale. Anche in tal caso il risultato non è venuto in automatico: ci sono voluti la reazione a Bologna dell’opposizione in Consiglio comunale (in particolare della consigliera Castaldini), numerose proteste in giro per l’Italia, e il rigore del prefetto del capoluogo emiliano.

3). Firenze, 24 settembre. È la data di deposito del decreto – che in realtà risulta deciso il 19 precedente – col quale la Corte di Appello annulla il provvedimento del Tribunale di Grosseto che aveva riconosciuto il 'diritto' di due persone dello stesso sesso alla trascrizione in Italia del loro matrimonio contratto all'estero. L'annullamento avviene per un vizio formale, ma vi è un’importante affermazione di principio, che si pone in linea con la risposta del ministro Alfano: è della quale un sindaco non ha la disponibilità (si può leggere l’intero decreto al sito www.siallafamiglia.it ) . É la conferma che all’interno della magistratura non vi è spazio solo per interpretazioni “evolutive”, praeter se non contra legem: esistono ancora giudici convinti che il diritto vada applicato e non distorto in ossequio all’ideologia.

Insieme a queste novità positive, una nota negativa: il decreto-legge “taglia-liti”, del quale non è noto quante liti stia “tagliando” o sia in grado di “tagliare”, ha tuttavia cominciato a produrre divorzi pronunciati dall’avvocato invece che dal presidente del Tribunale, in ossequio alla privatizzazione del legame matrimoniale introdotta dal governo Renzi. Anche questo non meraviglia: sarebbe stata sufficiente qualche reazione decisa nel Consiglio dei ministri, al momento della discussione del decreto, per evitare questi esiti; basterebbe oggi un po’ di consapevolezza diffusa della gravità della posta in gioco perché dentro il Palazzo si rendano conto che a molti non va bene. Ce la facciamo a mandare questo messaggio?